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Fentanyl e cyber. Cosa si è detto alla ministeriale Interno del G7

La presidenza italiana ha sottolineato la necessità di agire con un piano congiunto per contrastare l’uso di precursori chimici. Pochi giorni fa la premier Meloni aveva rivolto un messaggio chiaro seppur implicito alla Cina, principale produttore di queste sostanze. Sulla cyber serve “un’alleanza circolare”, ha detto il ministro Piantedosi

È importante coordinare le posizioni nazionali in seno ai fori di cooperazione internazionale e multilaterali che affrontano il tema delle nuove droghe sintetiche. Si tratta di uno dei punti su cui hanno concordato i ministri dell’Interno del G7 durante la seconda delle tre giornate di lavori, da mercoledì a oggi, a Mirabella Eclano (Avellino). Matteo Piantedosi, padrone di casa della ministeriale in quanto l’Italia è presidente di turno del G7 quest’anno, ha sottolineato l’importanza di agire “per evitare che l’abuso di queste sostanze continui a mietere vittime”. In questo contesto è stata considerata molto positiva l’istituzione della Coalizione globale per affrontare le minacce delle droghe sintetiche, lanciata un anno fa dagli Stati Uniti, “quale consesso internazionale per dare un indirizzo univoco al contrasto alle droghe sintetiche”.

Le dichiarazioni del ministro Piantedosi richiamano quelle recenti di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, intervento due settimane fa al vertice della Coalizione globale a margine dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aveva sottolineato l’urgenza che tutte le nazioni “interessate dalla minaccia delle droghe” adottino “adeguate misure contro i fornitori dei precursori chimici che servono per produrre le droghe sintetiche”. La presidente del Consiglio aveva anche ricordato la dichiarazione congiunta in materia firmata dal G7 a fine aprile, in cui venivano citate “azioni giudiziarie e legali contro i fornitori illeciti di precursori, le organizzazioni criminali transnazionali e i loro facilitatori”.

Sia le parole di Meloni sia quelle di Piantedosi sembrano avere un destinatario in particolare: la Cina, oggi il principale produttore mondiale di fentanyl e dei suoi precursori chimici. Roma non ha scelto evidentemente le parole di Washington (in un rapporto di aprile, la commissione per la Cina della Camera dei rappresentanti ha accusato direttamente Pechino di alimentare la crisi e dunque l’instabilità sociale americana tramite programmi per premiare le aziende che esportano fentanyl e altre droghe illegali negli Stati Uniti – accuse respinte dal governo cinese). Ma il messaggio è chiaro.

Se la presidente del Consiglio ha sottolineato l’importanza della collaborazione delle autorità di Pechino, il ministro si è soffermato sulla necessità di unità da parte del G7, e più in generale dell’Occidente, quando si affronta il dossier nelle sedi internazionali. Alla luce di ciò, Meloni aveva evidenziato la disponibilità dell’Italia a condividere le proprie competenze nel campo della lotta alle droghe sintetiche “per elaborare insieme un Piano d’azione congiunto sui meccanismi di allerta precoce sul traffico e il consumo delle droghe sintetiche, fentanyl incluso”.

Nella stessa giornata di ieri si è tenuta la sessione dedicata alla cybersicurezza, sia dal punto di vista dei fenomeni criminali presenti online sia dalla prospettiva di protezioni degli utenti del web, specialmente quelli più vulnerabili. Per il ministro Piantedosi la minaccia cyber è “una delle più importanti nella prospettiva futura”. Il “paradigma” condiviso alla ministeriale è il bisogno di andare oltre l’azione delle istituzioni puntando a “un’alleanza circolare e più ampia anche con il settore privato, con gli istituti di ricerca”. “C’è bisogno che lo Stato sia aiutato dal mondo scientifico”, ha dichiarato.



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