Uno dei campi di applicazione dell’IA è la comunicazione. In Fincantieri abbiamo investito molto anche perché la capacità di apprendere e di mobilitare enormi quantità di dati e risorse informative ci mette in grado non solo di comunicare tempestivamente con strumenti e modalità fino a ieri nemmeno immaginabili e inaccessibili a “noi umani”, ma ci permette anche di aggiornare in tempo reale la nostra capacità di distinzione tra informazione e disinformazione, e di agire di conseguenza. L’intervento di Lorenza Pigozzi, EVP, direttore comunicazione strategica Gruppo Fincantieri
Nel panorama di competizione, non solo aziendale, il focus oggi è sulle asimmetrie, e in particolare vorrei sottolinearne due: di risorse informative e di conoscenza.
Nell’era dell’informazione, tali asimmetrie possono però diventare opportunità, se si considerano necessità strategiche, e non opzioni, la comunicazione e l’uso integrato dell’intelligenza artificiale, la AI.
In entrambi i casi i presupposti sono: la competitività non è più determinata dalle dimensioni ma dalle risorse investite in conoscenza; le asimmetrie si superano con investimenti strategici finalizzati non tanto (o non solo) a ridurre i costi ma ad aumentare velocità di esecuzione.
Prontezza di risposta e intelligenza delle strutture, aziendali o militari che siano, come è emerso in modo chiaro nel corso del convegno organizzato nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati sul tema “Nuovi conflitti: il ruolo dell’intelligenza artificiale e la guerra cognitiva”, in cui è stato presentato il libro di Claudio Bertolotti “Gaza Underground. La guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas”.
In quella occasione, ho sottolineato come le regole del gioco competitivo oggi siano definite soprattutto dalla velocità dell’innovazione. I nostri concorrenti sono e saranno sempre di più AI assisted e noi non solo non possiamo permetterci di restare indietro: dobbiamo, ogni giorno, essere almeno un passo avanti.
Uno dei campi di applicazione dell’intelligenza artificiale è la comunicazione. In Fincantieri abbiamo investito molto anche perché la capacità di apprendere e di mobilitare enormi quantità di dati e risorse informative ci mette in grado non solo di comunicare tempestivamente con strumenti e modalità fino a ieri (o meglio: fino a poche ore fa) nemmeno immaginabili e inaccessibili a “noi umani”, ma ci permette anche di aggiornare in tempo reale la nostra capacità di distinzione tra informazione e disinformazione, e di agire di conseguenza.
La disinformazione è oggi, come sappiamo, uno dei terreni più pervasivi e insidiosi rispetto al quale nessuno può farsi trovare impreparato o arretrato tecnologicamente. Un recente report di Intelligence ha rivelato che le aziende strategiche nazionali sono bersaglio di campagne di disinformazione. La nostra AI analizza milioni di data point al giorno per identificare e contrastare queste minacce.
Con la nostra struttura di cybersecurity sviluppiamo poi campagne di awareness per formare i manager a riconoscere attacchi di phishing e minacce di hacker che ad esempio imitano la voce di figure aziendali chiave. La battaglia per la verità, che qui significa lealtà competitiva sotto tutti gli aspetti, economico ma anche morale, si combatte nel cyberspazio. E la AI è in questo senso, un alleato indispensabile.
Non sfuggono, dalla lettura del libro di Bertolotti, la condivisione di “imperativi tecnologici” con il mondo globale militare. La sua lettura della guerra urbana (e underground) di Gaza, inserita in un’evoluzione storica che la rende significativa anche perché per molti aspetti inedita, presenta alcuni focus che mi sentirei di evidenziare.
Il primo è sulla comunicazione: sebbene non sia certo una novità negli scenari di guerra (anzi, si può dire abbia sempre costituito un elemento essenziale di mobilitazione, convincimento, informazione e propaganda), nel contesto di Gaza è diventata un’arma strategica forse ancora più potente delle armi “fisiche”. Stiamo parlando di “cognitive warfare”, e cioè dell’uso di simboli e narrazioni per orientare le opinioni fino a produrre identificazioni emotive con le cause di chi combatte, dell’aggredito e dell’aggressore (definizioni che peraltro risentono della narrazione stessa). Nel libro Bertolotti indica come esempio di strategia di guerra cognitiva adottata da Hamas, la campagna di propaganda mediatica costruita sui numeri non veritieri dei morti palestinesi a Gaza pubblicati dal ministero della Salute, che è controllato dalla stessa Hamas. Si tratta di una campagna di manipolazione informativa rivolta a diffondere un’interpretazione favorevole alla causa palestinese tra opinione pubblica, Stati e istituzioni internazionali.
Il secondo focus è sulla AI, che sta rivoluzionando il campo delle operazioni militari. In “Gaza underground” viene descritto l’utilizzo da parte delle forze israeliane del software Lavender che, grazie a un approccio basato ampiamente sull’intelligenza artificiale, contribuisce a determinare un targeting preciso degli obiettivi militari, aspetto cruciale soprattutto in un contesto urbano. Così come cruciale, da questo punto di vista, è stata la decisione israeliana di avvertire preventivamente i civili di Gaza residenti nelle aree interessate dalle operazioni militari attraverso campagne di comunicazione basate su social media, sms, telefonate, per consentire e sollecitare spostamenti ed evacuazioni.
In conclusione, la AI, e la sua applicazione anche nelle strategie di comunicazione, è una risorsa destinata a cambiare i paradigmi del nostro mondo. È un investimento in intelligenza che potenzia in modo sempre più significativo la “nostra” intelligenza. Ma che cambia anche ogni giorno il “campo di battaglia”, mettendo alla prova la nostra capacità di riconoscere ciò che è fake da ciò che è vero, creando in ogni istante asimmetrie che possono essere grandi minacce ma che possono rivelarsi anche grandi opportunità. A condizione di rispondere con prontezza e con l’obiettivo di posizionarci sempre un passo avanti rispetto ai nostri competitors.