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Ecco come la montagna dimenticata dall’Europa rinasce dal centro Italia. Scrive Castelli

Di Guido Castelli

La montagna italiana è al centro di un nuovo disegno di legge che mira a valorizzarla e proteggerla. L’intervento di Guido Castelli, commissario straordinario Sisma 2016

La montagna non è presente nella disciplina normativa della Comunità Europea. Le grandi pianure del Nord Europa (dalla Francia alla Germania, fino alla Polonia) hanno fatto dimenticare spesso l’orografia dell’Europa intera, che è fatta di una geografia diversa. In Italia il 66% del territorio è in collina o in montagna. Non ce ne possiamo dimenticare (noi come la Spagna, la Grecia, o i Paesi dei nuovi confini balcanici a Est. Per fortuna il Governo italiano, lo scorso 26 settembre, ha consegnato al Parlamento un disegno di legge per il riconoscimento e la valorizzazione delle zone montane. Lo ha annunciato con giusta soddisfazione il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, promotore del Ddl.

Si tratta di un provvedimento fondamentale per avviare, finalmente, una vera e propria strategia per la montagna. La Struttura Commissariale Sisma 2016 è già fortemente impegnata sul territorio a garantire la maggiore tutela dei servizi per i cittadini, a partire da infrastrutture, istruzione e sanità, e a sostenere le imprese con incentivi allo sviluppo e misure a sostegno del tessuto socio-economico, così da contrastare lo spopolamento e ridurre i divari territoriali. La montagna non può essere lasciata sola.

Ora sarà fondamentale che gli enti locali e le comunità della montagna non perdano questa straordinaria opportunità. In questo senso l’esperienza del Laboratorio Appennino centrale – che stiamo sviluppando nell’area del cratere sisma 2016-2017 – potrà essere di riferimento per superare la frammentazione amministrativa e assicurare l’efficacia delle misure per obiettivi su scala interregionale. La governance multilivello della Struttura Commissariale ha assicurato per tutto il cratere il rispetto delle specifiche esigenze e si è misurata con ambizioni e orizzonti di livello globale, a partire dal presidio contro gli effetti del cambiamento climatico.

La montagna italiana possiede un patrimonio straordinario che solo in parte è messo a sistema del Paese. Inoltre, le nostre aree montane sono in prima fila per il contrasto alla crisi climatica e a quella demografica. Si tratta di sfide che non possono essere affrontate solo con gli strumenti e le competenze delle amministrazioni locali. L’esperienza del Laboratorio Appennino centrale sarà utile affinché il Ddl Montagna di Calderoli possa trovare una più efficace attuazione a beneficio delle comunità e delle imprese del territorio.

Montagna e mare sono un elemento caratteristico di gran parte dell’Europa del Sud che si protende nel Mediterraneo, il mare che si sta riscaldando di più nel pianeta. Nel Mediterraneo la temperatura media rispetto all’era pre-industriale è infatti aumentata di 1,5°C e il riscaldamento procede del 20% più rapidamente rispetto alla media globale. Un dato, questo, che se non contrastato da interventi di mitigazione potrebbe portare alcune regioni a registrare aumenti fino a 2,2°C nel 2040, e 3,8° C nel 2100, con conseguenze catastrofiche. Le montagne del Mediterraneo sono le più esposte a questi cambiamenti climatici e l’Appennino è una delle catene montuose più significative in questo senso, sia perché storicamente era un luogo dove l’economia era strettamente legata al capitale naturale con produzioni di cereali, legna, vegetali e allevamenti, ma anche perché in questi territori esiste una tradizione storica di utilizzo sostenibile della risorsa idrica di livello assoluto. Infatti, in quest’area del Centro Italia ricca di corsi d’acqua, già alla fine dell’Ottocento sono state create piccole centrali idroelettriche che hanno portato l’illuminazione elettrica pubblica nei Paesi ben prima di altri importanti centri urbani europei e già negli anni Trenta del secolo scorso l’utilizzo dell’energia idroelettrica ha raggiunto livelli di valenza europea con numerose centrali e la creazione di diversi bacini tra cui il lago di Campotosto che tutt’oggi è il secondo bacino artificiale d’Europa.

Si tratta di attività economiche intrinsecamente sostenibili in quanto basate sul capitale naturale, che nei secoli hanno permesso il mantenimento di un patrimonio naturale di estremo pregio, tanto è vero che una significativa porzione dell’area del cratere sisma 2016 è interessata dalla presenza di aree di valore naturalistico-ambientale formalmente riconosciuto, ovvero aree protette (per circa 1.800 kmq, pari a circa il 22%) e siti della Rete Natura 2000 (per circa 4.180 kmq oltre il 50%). Più specificatamente, l’area si caratterizza per la presenza di due Parchi Nazionali, sei Riserve Naturali e quattro parchi fluviali. Pertanto, i programmi e gli investimenti in atto nell’area del cratere 2016 rappresentano un laboratorio reale per testare l’efficacia delle misure di mitigazione e adattamento.

La cura della montagna, il contrasto allo spopolamento è condizione per preservare il territorio a valle, per sottrarlo alla devastazione idrogeologica, che è figlia di una ridotta antropizzazione, dove il bosco non gestito diventa come una tovaglia strappata – durante le precipitazioni improvvise e copiose – che si porta dietro, nella sua caduta, tutto quanto sta sul tavolo.

Deve maturare dunque la consapevolezza della “centralità geografica” della montagna e conseguentemente della sua “centralità politica”, dando così vita ad un grande e ambizioso programma centrato sull’economia circolare in grado di realizzare quelle azioni di adattamento/mitigazione necessarie a contrastare la crisi climatica, puntando in particolare sulle produzioni legate alle filiere della bioeconomia fondamentali nell’assicurare e fornire servizi ecosistemici e ambientali. Il bosco interessa ben il 70% del cratere e devono dunque essere pianificate attorno e per esso strategie che possano renderlo da un lato più protettivo, e dall’altro anche più produttivo dando così vita ad una filiera italiana del bosco, delle foreste, del legno arredo e delle costruzioni e a cascata delle biomasse per fini energetici. Il nostro Paese ha un notevole margine di crescita visto che importa dall’estero ben l’80% del legno (primo importatore al mondo di legna da ardere) pur essendo terzo in Europa, dopo Germania e Svezia, per soluzioni abitative in legno, terzo al mondo nell’export dell’arredo, dopo Cina e Germania, e secondo per saldo commerciale dopo la Cina.

Far rinascere la montagna (aumentando le ragioni per restare, e contrastando quelle per lasciarla) e i suoi insediamenti urbani – le città diffuse dell’Appennino centrale – è condizione per preservare il Paese dai rischi estremi prodotti dal cambiamento climatico.



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