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Come il nuovo Piano nazionale cronicità può fare da modello per il trattamento dell’obesità

Al G7 Salute si parla della vertiginosa crescita. L’Italia è apripista con la legge che riconosce la malattia e l’aggiornamento del Piano delle cronicità

Non è solo per il numero dei pazienti, salito in pochi anni a vette impensabili fino a pochi anni fa, è anche per le ricadute economiche e sociali che l’obesità determina una sfida per la società a livello globale. Se fino al 2005, la stima delle persone affette, secondo il Global obesity observatory, era di 300 milioni, nel 2020 la cifra era già salita a un miliardo e, in base alle previsioni, toccherà quasi i due nel 2035. Al fenomeno, per il quale l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha coniato il termine “globesità”, è stata dedicata una sessione del G7 Salute, in corso fino a domani ad Ancona. A Roma ieri, al Centro studi americani, si è tenuto un incontro, moderato dal vicedirettore dell’Adnkronos, Giorgio Rutelli, da cui è scaturito l’appello alla comunità scientifica internazionale e alle istituzioni del G7 per sviluppare una strategia di politica sanitaria di contrasto nei prossimi cinque anni.

ITALIA APRIPISTA PER IL MONDO

Il primo passo imprescindibile ribadito dai relatori è il riconoscimento dell’obesità quale malattia. In questo, l’Italia potrebbe offrire un modello, dal momento che arriverà a fine mese alla Camera per il voto una legge ad hoc, considerata la prima al mondo. Ma non solo, la prossima settimana potrebbe giungere in Conferenza Stato Regioni il nuovo Piano nazionale delle cronicità che contempla pure l’obesità fra le patologie da trattare.

UNA SFIDA IMPORTANTE A LIVELLO GLOBALE

Non è la prima volta che al Centro studi americani si svolge un incontro sulla salute, così come ricorda il direttore, Roberto Sgalla: “Ogni anno – afferma – dedichiamo al tema trenta eventi. L’obesità è così importante che merita una traccia di lavoro per la costruzione di una consapevolezza diffusa”. Chi parla di una delle sfide più importanti a cui si approccia il mondo è il presidente e amministratore delegato di Italy Hub di Lilly, Elias Khalil, fra i promotori dell’incontro, che non tralascia lo sforzo della sua azienda nella ricerca per il trattamento della malattia. “Il G7 della Salute – commenta – è una piattaforma per affrontare il problema”.

UN FENOMENO IN CRESCITA

Crescita sorprendente a livello globale “Nel 2035 si prevede che saranno 1,9 miliardi le persone colpite, quasi una su quattro”, dichiara in videocollegamento la chief executive officer della World obesity federation, Johanna Ralston. I numeri spaventano in considerazione del fatto che anche nei Paesi in via di sviluppo sta crescendo la percentuale di persone obese. “L’obiettivo – riprende Ralston – è una sfida globale perché i Paesi più poveri hanno meno risorse per rispondere alla problematica”. Altro problema da considerare è la carenza di formazione degli stessi medici. “Oggi – conclude – sappiamo molto di più rispetto a quello che in passato e questo può forgiare delle opportunità”.

OBESITÀ INSERITA NEL NUOVO PIANO PER LE CRONICITÀ

Definire l’obesità una malattia è già una rivoluzione, secondo il presidente del Comitato nazionale di biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della presidenza del Consiglio dei ministri (Cnbbsv), Andrea Lenzi. “Fino a poco tempo fa – spiega – era considerata un vizio mentre è una malattia recidivante e ingravescente”. Il primo Piano nazionale delle cronicità del 2016 era da tempo cristallizzato: “Abbiamo voluto aggiornarlo con altre patologie, fra cui la obesità. La cabina di regia ha coinvolto tutte le società scientifiche interessate e le associazioni dei pazienti. Nelle ultime due ore – dichiara Lenzi –, abbiamo definito le obiezioni delle Regioni, il ministero della Salute in questo momento sta ridefinendo le parti e ritengo che il Piano la prossima settimana verrà inviato alla Conferenza Stato Regioni per la sua approvazione”.

LEGGE BIPARTISAN

Si attende ancora il passaggio in commissione Bilancio, ma l’arrivo all’aula di Montecitorio dovrebbe essere confermato il 28 ottobre per la legge che riconosce l’obesità come malattia. “La proposta mette al centro il paziente su un tema importante come l’obesità”, afferma il deputato e presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità e diabete, Roberto Pella. “È una proposta bipartisan – continua – su un tema sentito. Mi auguro che la legge possa trovare l’unanimità di tutte le forze politiche. Come Paese abbiamo dato un bel segnale e una prospettiva per tutti”. Gli fa eco il membro della X commissione permanente Affari sociali del Senato, Ignazio Zullo: “il tema di fondo è che dobbiamo arrivare a un invecchiamento attivo autosufficiente. Dobbiamo perciò affrontare precocemente la patologia, controllando tutti i fattori di rischio”. Per la vicecapogruppo del Pd, Beatrice Lorenzin, “non siamo all’anno zero ma abbiamo bisogno di implementare le politiche di trattamento della patologia che è multifattoriale. Un paziente va accompagnato in un percorso che è anche un costo evitato. L’Italia può fare la sua parte cambiando la strategia di prevenzione in pool multifattoriali nella condivisione di un percorso che dura parecchio tempo che porta però risultati incredibili”.

MOMENTO EPOCALE PER CLINICI E PAZIENTI

Di risultati all’orizzonte parla il presidente della Società italiana dell’obesità (Sio), Rocco Barazzoni, sia in considerazione dell’attenzione dimostrata dalle istituzioni italiane sia dalle aziende farmaceutiche nella ricerca. “Abbiamo a disposizione – osserva – dei nuovi trattamenti farmacologici. È un momento che per i clinici di svolta epocale. Come Sio siamo stati chiamati a coordinare una linea guida per il trattamento dell’obesità da parte dell’Istituto superiore di sanità (Iss) che ci porrà a confronto con colleghi di società internazionali con cui già collaboriamo”. Soddisfazione anche per la presidente di Amici obesi, Iris Zani: “vedere l’attenzione alla malattia ancora mi meraviglia. Il riconoscimento porterà a una svolta nella presa in carico a 360 gradi e nella cura del paziente per tutti i gradi della patologia. Cambierà anche la prospettiva della visione del paziente, dando maggiore dignità a coloro che vengono considerati i responsabili delle proprie azioni”.

SISTEMA FRAGILE A LIVELLO MONDIALE

Un mondo impigliato nel paradosso è quello descritto dal direttore del dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Umberto Agrimi: “il food system è molto fragile poiché da una parte è insostenibile dal punto di vista ambientale, dall’altra, non è capace di dare cibo sufficiente e sicuro a tutta la popolazione globale. È una sfida enorme”. Come Istituto, “partecipiamo a diversi progetti europei – aggiunge – volti a comprendere e trovare le misure. Le soluzioni a livello globale per ora sono la riformulazione degli alimenti e i limiti all’industria per ridurre i grassi saturi e gli zuccheri ma, presi singolarmente, questi passi hanno un’efficacia pari a zero. Anche in Italia abbiamo progetti frammentari”.

L’ATTENZIONE IN EUROPA

La legislatura europea è appena iniziata e per l’europarlamentare, Alessandra Moretti, l’auspicio è che i temi della salute siano di nuovo al centro dell’azione di Bruxelles. “Spero – dice in video collegamento – che la Commissione riservi alla salute l’importanza che merita. Senza una popolazione in salute, la società non può funzionare e non ci può essere sviluppo. La mia proposta è quella di non parlare di strategia contro il cancro o l’obesità o il diabete perché sono condizioni complementari. Tutte queste patologie non sono isolate ma sono interconnesse, spesso l’una può portare allo sviluppo di un’altra. Sarebbe il momento giusto per l’Unione europea per lanciare una strategia contro le malattie non trasmissibili. Spero che attorno si possa costruire un ampio supporto trasversale”. Fiducioso nell’attenzione da parte dell’Europa alla salute è anche l’europarlamentare, Francesco Torselli. “Con questa legislatura – interviene in video collegamento – dobbiamo tenere come riferimento l’accesso equo alle cure. Un bambino su tre in Europa è interessato dal fenomeno dell’obesità. Questi dati erano insospettabili per l’Europa fino a qualche anno fa. Abbiamo perciò bisogno di un Piano europeo per tutte le cronicità. Il nostro compito è portare l’esempio italiano in Europa”.

CONTRO LO STIGMA SOCIALE

Di liberazione dello stigma che a volte ancora colpisce le persone obese, accusate di essere i fautori della propria malattia, parla la executive director della European coalition for people living with obesity, Vicki Mooney. “L’obesità – afferma – è stata lasciata indietro ed è stato trascurato un miliardo di persone al mondo. Serve il riconoscimento e l’azione che riguarda i nostri sistemi sanitari per liberarci dello stigma. L’obesità deve essere affrontata con un trattamento personalizzato come il cancro. I leader del G7 devono chiedere una azione solida”. Per il rappresentante della Obesity action coalition, Joe Nadglowski, è importante affidare il tema al campo della scienza. “Quando umanizziamo la condizione – aggiunge – togliamo la parte dello stigma”. Sulla necessità di redigere un Piano nazionale in ciascun Paese dell’Unione interviene infine l’executive director della European association for the study of obesity (Easo), Euan Woodward: “Vorremmo promuovere l’educazione sulla obesità e la formazione nelle facoltà di medicina. Dobbiamo lavorare insieme per affrontare l’obesità che è un problema importante”.



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