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Phisikk du role – L’Europa non si perda in un tappo di bottiglia

Non è che la lotta alla dispersione della plastica sia una fisima della giovane ambientalista Greta Thunberg: negli ultimi tempi il ritmo della produzione di bottiglie di plastica prodotte dall’industria dell’imbottigliamento nel mondo ha superato i 600 miliardi di unità all’anno, con un riciclo minimo, solo il 15%. Il pensare però che il tappo attaccato col cordone di plastica all’orlo della bottiglia possa produrre un beneficio reale alla salute del pianeta, sembra che sia anche per gli ambientalisti una cosa risibile. La rubrica di Pino Pisicchio

Credo che se non si riuscirà a fare dell’Europa un soggetto politico vero, coeso, con una sola voce, un solo esercito, una sola politica estera, un solo Over The Top digitale e molto altro ancora, non ci sarà più spazio per nessuno dei 27 Paesi membri. Insomma: niente trippa per gatti, dalla Germania a Malta passando per l’Italia. Dunque viva l’Europa, nella sua declinazione “unionale” (che abisso di bruttezza questo aggettivo che dovrebbe indicare l’Ue!).

Ciò precisato si vorrà comprendere che lo scrivente non è che aderisca alla vision salviniana sovranista e filoputiniana, nossignore. Eppure il medesimo scrivente dovrà fare una confessione pubblica: almeno su un argomento c’è condivisione con il salvinipensiero. C’è, infatti, una totale convergenza sull’insofferenza – grondante quasi di rancore – per il tappo pendulo che s’intromette tra il bevente (o il bicchiere) e il liquido trasparente che ne sgorga, creando inevitabili esondazioni che riproducono in formato bonsai, e fortunatamente senza danni letali, gli effetti tracimanti delle piogge autunnali.

Non so se si tratta di una mia personale insofferenza condivisa dal pirotecnico ministro delle Infrastrutture, e in tal caso chiedo scusa ai lettori (ho l’impressione, però, andando a naso, che non sia proprio così), ma questa intromissione nefasta nel nostro approvvigionamento di acqua quotidiano – dicono i medici almeno due litri – è quanto di più insulso la mente umana possa aver concepito. È un’intrusione che costringe a funambolismi complessi o a interventi di bricolage – ritaglio con forbici robuste tipo cesoie – per staccare il tappo figlio dalla bottiglia mamma, al fine di donargli la necessaria autonomia che solo il taglio del cordone ombelicale potrà consentire. Operazione che comporta tempo di lavoro, dispersione di pezzettini di plastica difficili da recuperare, con grande iattura per le ragioni dell’ambiente. Quelle stesse a monte della direttiva Ue 904 del 2019 che ha reso obbligatorio per i produttori questo impegnativo ambaradam, con data di partenza 2024.

Beninteso: non è che la lotta alla dispersione della plastica sia una fisima della giovane ambientalista Greta Thunberg: negli ultimi tempi il ritmo della produzione di bottiglie di plastica prodotte dall’industria dell’imbottigliamento nel mondo ha superato i 600 miliardi di unità all’anno, con un riciclo minimo, solo il 15%. Il pensare però che il tappo attaccato col cordone di plastica all’orlo della bottiglia possa produrre un beneficio reale alla salute del pianeta, sembra che sia anche per gli ambientalisti una cosa risibile.

Cosa diversa sarebbe una drastica riduzione del materiale inquinante attraverso una spinta verso la conversione al vetro o l’imposizione di una onerosità fiscale che scoraggi la produzione di plastica per l’imbottigliamento. Ma questa storiella triste della direttiva emanata per evitare che la mamma bottiglia sia in ambasce e il figliolo tappo rimanga orfanello francamente non aiuta ad amare l’Europa come invece sarebbe necessario, ma da’ una mano vigorosa, questo sì, ai detrattori che raccontano delle cose stravaganti che talvolta entrano nel nostro ordinamento giuridico attraverso le direttive.


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