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Sulle Tlc per il governo è tempo di concretezza. Parla Basso (Wind Tre)

Di Alessandro Caruso

In questo momento l’esecutivo, tra la legge di Bilancio e quella per la concorrenza ha l’opportunità di fare qualcosa di concreto, che non pesi sulle finanze pubbliche ma serva a un disegno più razionale del mercato e a farlo funzionare più fluidamente. Intervista a Roberto Basso, direttore external affairs and sustainability di Wind Tre

La norma anti-pirateria che introduce la reclusione per gli operatori ha generato una levata di scudi da parte delle Telco. In realtà questa distanza di vedute tra istituzioni e player del settore non è l’unica, perché si aggiunge al dibattito sul ddl Sicurezza pubblica, alla questione dei limiti delle emissioni elettromagnetiche (i cosiddetti limiti Cem) del 5G o al ddl zone montane. Una serie di provvedimenti che denota un approccio legislativo severo nei confronti di un comparto che ha un’importanza strategica per il tessuto industriale, innanzitutto per la sua funzionalità ai fini della transizione digitale.

Eppure, in questo momento il governo tra la legge di bilancio e quella per la concorrenza “ha l’opportunità di fare qualcosa di concreto, che non pesi sulle finanze pubbliche ma serva a un disegno più razionale del mercato e a farlo funzionare più fluidamente”, spiega Roberto Basso, direttore external affairs and sustainability di Wind Tre.

Norma anti pirateria. Spostare le responsabilità in capo agli operatori è una misura che ha ricevuto molte critiche. Lei cosa ne pensa?

La legge di iniziativa parlamentare del 2023 è stata una buona legge. Poi sono intervenute modifiche approssimative, frutto di compromessi, ma i compromessi non funzionano nel campo della tecnologia. E non contribuiscono alla certezza del diritto: si è compreso che il blocco di specifici indirizzi Internet poteva avvenire soltanto dietro l’ordine di un’autorità ma pensiamo alle cause che potrebbero scaturire dal blocco di servizi legittimi, come sembra sia accaduto di recente. A questo rischio giuridico si è aggiunta la sanzione penale per la mancata segnalazione di illeciti di cui siamo venuti a conoscenza. In caso di contestazione come si fa a dimostrare che non sapevamo di un determinato fatto? Si corre il rischio dell’inversione dell’onere della prova.

In Parlamento è arrivata la Legge sulla Concorrenza e nei prossimi giorni inizierà l’iter di approvazione della Legge di Bilancio. Quali sono le istanze in cui chiedete di essere ascoltati? Quali le soluzioni che proponete?

Sappiamo che i margini di manovra a disposizione del Governo sono risicati e non ci aspettiamo che dalla legge di bilancio escano risorse per il settore. Anche per questo la legge annuale sulla concorrenza è una buona occasione per qualche intervento ordinamentale, a costo zero per l’erario. Ci sono tante asimmetrie tra gli operatori di telecomunicazioni e soggetti economici contigui che rendono quasi impossibile remunerare il capitale necessario a sviluppare, potenziare e diffondere le reti. Un esempio tra tanti: le grandi piattaforme abusano del principio sacrosanto di neutralità della rete così da non pagare per i servizi necessari a raggiungere i loro utenti. In presenza del free riding le istituzioni devono intervenire per far funzionare correttamente il mercato.

Ddl Sicurezza pubblica: in questa normativa sono state introdotte forti restrizioni che potrebbero complicare le pratiche per la sottoscrizione di contratti telefonici per gli stranieri. Questo non rischia di creare notevoli disagi ai turisti, alla vigilia tra l’altro di un evento come il Giubileo?

Il titolo di soggiorno non esclude i turisti, e tuttavia sanziona il commerciante che non adempie correttamente agli obblighi di controllo con la chiusura del negozio fino a un mese. Ora, come può l’addetto al punto vendita sapere se un visto costituisce un titolo valido, oppure se lo è la carta di identità rilasciata da uno Stato con il quale ci sono convenzioni che non richiedono il passaporto? Ma anche in questo caso ci si deve chiedere innanzitutto se la norma funziona, se la norma è in grado di produrre l’effetto atteso: a che serve il divieto se l’interessato può comprare una eSim su Internet con un clic, senza alcuna identificazione?

Proposta di legge sui call center, quali sono i punti di vostro maggiore interesse?

La domanda dei servizi tradizionali di contatto è in flessione e infatti le aziende del settore stanno affrontando un processo di trasformazione, per attrezzarsi a offrire servizi nuovi, con l’uso sempre più intensivo delle tecnologie disponibili. La proposta di legge può essere un’occasione per affrontare il problema del tele-selling, che è diventato un fenomeno odioso per tutti gli utenti.

Questione legata ai limiti CEM. Lo scorso anno sono stati innalzati. Ci sono però i noti problemi a livello locale per l’applicazione di questa norma. Lei cosa si aspetta?

Un anno fa il ministro Urso ha avuto il coraggio di fare un intervento indispensabile per la competitività del Paese, atteso da vent’anni. Utile anche a dimostrare che i timori per una reazione ingiustificata da parte di sindaci e comitati territoriali era infondata. Però manca ancora il decreto previsto dalla legge, e nella attuale situazione di incertezza ci sono amministrazioni regionali e comunali che danno interpretazioni differenti. Questo impedisce di procedere con la velocità necessaria. C’è un problema di attuazione.

Ddl zone montane, portare le infrastrutture digitali in queste aree. A chi spetta questo costo secondo lei?

La connettività è un servizio di interesse pubblico realizzato dai privati. Laddove non c’è mercato e i privati non vedono remunerato l’investimento, il servizio deve essere realizzato a spese della collettività, come è stato fatto con la fibra ottica nelle aree bianche. Se lo Stato o le Regioni ritengono necessario fornire un servizio in aree non abitate per ragioni di politiche pubbliche, come la sicurezza o l’attrattività turistica, devono mettere in campo le risorse per realizzare le infrastrutture. Si tratterebbe di investimenti pubblici capaci di dare respiro a un settore in crisi.

Questi vari “attacchi” sembrano voler colpire il settore delle TLC, che tra l’altro non sta passando un buon momento. Quali sono le principali difficoltà che il comparto sta affrontando?

Non credo che ci sia la volontà di danneggiare il settore. Piuttosto permane la sensazione che si tratti di un settore ricco. Vent’anni fa lo era, poi la iper-concorrenza ha distrutto valore. Telefonia e connettività sono l’unica utility in cui le tariffe non sono aumentate ma diminuite, e più del 33 percento. Bisogna trovare un equilibrio tra la convenienza tariffaria che nell’immediato costituisce un vantaggio per il consumatore e la capacità degli operatori di investire, che garantisce ai consumatori e alle imprese servizi di alta qualità nel futuro. Un disegno del mercato più razionale dipende da un’azione amministrativa che tenga conto della situazione corrente di eccesso di capacità produttiva e di offerta e delle politiche industriali del governo, per il quale lo sviluppo della connettività digitale è una priorità.

Il report Draghi parla molto di telecomunicazioni. Condivide i criteri tracciati da Draghi sul futuro prossimo dell’Europa? Quale può essere secondo lei il ruolo delle TLC in questo grande processo di cambiamento che stiamo vivendo, sull’onda di due grandi transizioni? 

Tutti parlano di telecomunicazioni ricordando quanto siano importanti le reti. Mancano però le azioni conseguenti. Il report Draghi affronta la questione di una politica industriale europea che rilanci il settore e lo fa con competenza e senza nascondere la complessità della sfida. In questo scorcio d’anno, tra Legge di Bilancio e il Ddl Concorrenza, il Governo ha l’opportunità di fare qualcosa di concreto, che non pesi sulle finanze pubbliche ma serva a un disegno più razionale del mercato e a farlo funzionare più fluidamente.



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