L’agenzia americana ha lanciato una campagna social in cinese per reclutare dissidenti del regime di Xi, seguendo il modello usato contro Putin. “Siamo in competizione su tutta la linea”, dice il vicedirettore Cohen
Dopo la Russia, la Cina. Dopo i tanti messaggi diffusi in russo, oggi la Central Intelligence Agency ha pubblicato sui suoi social media un video in lingua cinese. L’obiettivo è lo stesso: far leva sulla disaffezione per reclutare fornendo strumenti sicuri di comunicazione. In quei casi verso Vladimir Putin, in particolare dopo l’invasione dell’Ucraina; in questi, verso Xi Jinping.
“Ci sono molte persone che hanno accesso alle informazioni e che sono scontente del regime di Xi in Cina”, ha detto il vicedirettore David Cohen in un’intervista a Bloomberg. “Ci sono persone all’interno che vedono ciò che sta accadendo e, per molte motivazioni diverse, fondamentalmente non amano la direzione in cui Xi sta portando il Paese e capiscono che c’è un modo per aiutare il loro Paese lavorando con noi”, ha aggiunto. Gli Stati Uniti sono “in competizione su tutta la linea” con la Cina, ha spiegato sempre Cohen. “Siamo in competizione in tutte le regioni, dall’Europa all’Africa, all’America Latina, all’Artico e all’Antartico”.
La campagna dell’agenzia di spionaggio americana fa leva sulla recente stretta del leader, giunto a un inedito quinto mandato abolendo ogni limite, riempiendo i vertici del Partito comunista cinese di fedelissimo, obbligando i banchieri a studiare il suo pensiero e mettendo a tacere il dissenso. Ma non solo. Il Paese ha vissuto anni di Zero Covid con ripercussioni sociali ed economiche che hanno alimentato le proteste.
Come evidenzia Bloomberg, la campagna sembra anche rispondere a una necessità: gli Stati Uniti faticano a comprendere il funzionamento del governo cinese. Una situazione aggravata dalla recente “chiusura” all’esterno del Partito comunista cinese. E con l’aumento dell’opacità della Cina, cresce la necessità di conoscere il processo decisionale di Xi, soprattutto quando guardando alle tensioni su Taiwan e tecnologia. Nel 2017 il New York Times aveva raccontato un’operazione durata anni con cui Pechino aveva interrotto – anche con omicidi – le reti informative della Cia nel Paese.
Oggi sono stati diffusi contenuti simili anche in coreano e persiano, a sottolineare come – oltre a Cina e Russia – gli Stati Uniti considerano Nord Corea e Iran tra le principali minacce alla sicurezza nazionale e all’ordine globale.
Funzionerà? Difficile saperlo, quantomeno nel breve termine. Evidentemente, però, questo tipo di attività pubbliche da parte di un’agenzia per cui la riservatezza è tutto rappresentano anche un’occasione di guerra psicologica.