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I cattolici di serie A e di serie B non esistono. Il commento di Merlo

I cattolici di serie A e di serie B non esistevano ieri nella Democrazia Cristiana e, tantomeno, esistono oggi in uno scenario politico dove ci sono partiti che con il tradizionale patrimonio del cattolicesimo democratico, popolare e sociale c’entrano come i cavoli a merenda. Il commento di Giorgio Merlo

Nell’area cattolica italiana, seppur composita e variegata, è sempre esistita la vulgata di chi è più cattolico e più coerente rispetto ad altri cattolici. Gli esempi sono innumerevoli e molteplici e li troviamo addirittura già nella lunga e feconda esperienza della Democrazia Cristiana.

Era abbastanza naturale, in quei tempi, che alcuni leader e statisti come, ad esempio, Oscar Luigi Scalfaro, si sentissero più cattolici e più coerenti – su questo versante – rispetto ad altri leader e statisti dello stesso partito.

Ma questa singolare classifica si è manifestata con maggior forza e determinazione dopo la fine della prima repubblica e, quindi della Dc, e l’avvento di una stagione dove i cattolici hanno praticato e declinato in modo quasi istituzionale il pluralismo politico ed elettorale.

Era quasi diventata una prassi normale e fisiologica registrare che la maggioranza dei cattolici praticanti  non votavano i partiti del centro destra mentre, al contempo, si pensava che i cattolici “doc” militavano solo nei partiti del centro sinistra. Una prassi che, col tempo, si è un po’ attenuata ma che sostanzialmente ha continuato a caratterizzare il giudizio e il commento dei vari opinionisti. Dopodiché il voto cattolico, come ci dicono anche tutti gli analisti del settore, si è spalmato in modo omogeneo e lineare in tutti i partiti come votano, del resto, tutti gli altri cittadini/elettori italiani. Ma, per restare all’oggi, quella strana e singolare lettura di chi è più titolato a rappresentare ciò che resta del voto cattolico organizzato continua a circolare sotto traccia.

Certo, la cultura storica del cattolicesimo politico italiano, sia nella versione democratica che popolare o sociale, difficilmente può avere cittadinanza nei partiti sovranisti, populisti o radical/massimalisti/estremisti. Questi sono e restano partiti e movimenti antropologicamente alternativi rispetto alla cultura, al pensiero, alla tradizione e alla stessa prassi del cattolicesimo democratico, popolare e sociale. Ora, però, preso atto che nessuno, ma proprio nessuno, può intestarsi una rappresentanza esclusiva del voto cattolico, organizzato o meno che sia non fa alcuna differenza, forse è anche giunto il momento per gettare alle ortiche quella simpatica e goliardica vulgata secondo la quale esistono ancora i cattolici di serie A e quelli di serie B.

Cioè si è più credibili, e quindi più cattolici e più coerenti con la propria cultura, solo se si milita in certi partiti rispetto ad altri. Nello specifico, i partiti della sinistra sarebbero più credibili per ospitare la cultura storica dei cattolici e, di conseguenza, i cattolici in quei partiti sarebbero più coerenti e più lungimiranti rispetto a quelli che si riconoscono in altri partiti. Appunto, e di nuovo, i cattolici di sere A e i cattolici di serie B. Ecco perché, al di là di questa ridicola e grottesca carnevalata che, comunque sia, continua ad essere gettonata nel circuito giornalistico, intellettuale, culturale e televisivo della sinistra italiana – che, come tutti sappiamo, continua ad essere sostanzialmente egemone nel circuito mediatico del nostro Paese – forse tocca anche a chi proviene dal quel mondo culturale e politico dimostrare concretamente che questa caricatura non è solo del tutto priva di fondamento ma è, appunto, ridicola e persino comica.

Perché i cattolici di serie A e di serie B non esistevano ieri nella Democrazia Cristiana e, tantomeno, esistono oggi in uno scenario politico dove ci sono partiti che con il tradizionale patrimonio del cattolicesimo democratico, popolare e sociale c’entrano come i cavoli a merenda, per dirla con un vecchio adagio popolare.

Quello che oggi conta, ed esclusivamente, è la coerenza con i valori di riferimento che storicamente hanno caratterizzato la cultura politica dei cattolici italiani. Altroché i giudizi e le pagelle che vengono sfornati a getto continuo dai soliti e noti “progressisti”.



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