Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca e il rischio di minore impegno americano verso la sicurezza europea, Stefan Lehne, oggi senior fellow al Carnegie Europe, propone un organismo con i cinque Paesi maggiori e alcuni a rotazione per rispondere più efficacemente agli sviluppi globali. Serve evitare l’irrilevanza geopolitica e questa è un’idea
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca che può portare instabilità e imprevedibilità nelle relazioni transatlantiche, l’Unione europea non sembra in grado di agire con velocità sulle questioni di politica estera e di sicurezza. Un Consiglio di sicurezza potrebbe essere lo strumento adatto a rispondere in modo più efficace? Secondo l’ex diplomatico austriaco Stefan Lehne, oggi senior fellow al Carnegie Europe, sì.
Non è un’idea nuova. I primi a proporre l’istituzione di un Consiglio di sicurezza europeo erano stati nel 2019 l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Anche in quel caso si cercava di arginare instabilità e imprevedibilità. In particolare, quelle causate dalla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea. Ma tutto è saltato dopo il no dell’allora primo ministro britannico tory Boris Johnson a impegnarsi nella politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Oggi, però, le cose sono diverse: a Londra il governo laburista di Keir Starmer potrebbe essere più aperto alla proposta; a Washington il ritorno di Trump potrebbe porre l’Europa davanti a un minor impegno americano verso la sicurezza del Vecchio continente, già allarmato dall’invasione russa dell’Ucraina.
“Se sulle questioni commerciali l’ Unione europea ha dimostrato di saper contrastare efficacemente i dazi di Trump e di persuaderlo a una distensione durante il suo primo mandato, la stessa capacità non esiste nel campo della politica estera e di sicurezza”, ha scritto Lehne. “Le istituzioni e le procedure dell’Unione europea in questo settore sono più deboli, lente, complesse e chiaramente inadatte ad affrontare le sfide dell’era Trump. Tuttavia, è altrettanto evidente che una loro riforma attraverso la modifica dei trattati è attualmente fuori portata”.
Secondo Lehne un Consiglio di sicurezza dell’Unione europea permetterebbe di rispondere più rapidamente agli sviluppi globali rispetto alle deliberazioni tra i 27 Stati membri. Questo nuovo organismo, composto dai cinque Paesi più popolosi dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna) e altri tre o cinque Stati membri a rotazione, migliorerebbe il coordinamento e rafforzerebbe l’unità europea contro le influenze esterne. Inoltre, fornirebbe un forum per allineare le politiche estere dell’Unione europea e del Regno Unito. Presieduto dall’Alto rappresentante, il consiglio potrebbe discutere strategie e risposte alle crisi internazionali, senza violare le competenze delle istituzioni esistenti rendendo così l’Unione europea un attore internazionale più efficace e prevenire la sua irrilevanza geopolitica.
Lehne avverte: l’idea “non deve essere vista come una bacchetta magica che risolverebbe improvvisamente le numerose debolezze della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. È solo una delle diverse opzioni per migliorare l’efficacia dell’Unione europea come attore internazionale”. Ne esistono altre, osserva. Tra queste, l’estensione dell’uso del voto a maggioranza o la richiesta ai singoli ministri degli Esteri degli Stati membri di assumere la guida di particolari questioni di politica estera a nome dell’Unione europea. Tutte, però, passano da un passaggio a decisioni non all’unanimità, che è da tempo il principale scoglio per l’Unione europea in questo campo (ma non solo). “Senza sforzi significativi per rafforzare le istituzioni e i processi della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, le deboli strutture attualmente esistenti non resisteranno alle tempeste geopolitiche dei prossimi anni”, avverte in conclusione Lehne.