Incontro a Pechino per rilanciare il partenariato strategico globale dopo la fine della Via della Seta. Il sinologo Sisci osserva: “È un momento particolarmente favorevole, subito dopo le elezioni americane”. Ma ci sono alcuni caveat
Quella di Sergio Mattarella a Pechino è una visita storica, la prima dopo la decisione italiana di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, la cosiddetta Via della Seta. Oggi il presidente della Repubblica è stato ricevuto nella Grande Sala del Popolo dal leader cinese Xi Jinping, che lo ha definito “un vecchio amico del popolo cinese e un mio buon amico”. Obiettivo: rilanciare al massimo livello il partenariato strategico globale come nuovo quadro per le relazioni bilaterali.
L’incontro odierno ha caratterizzato “una priorità strategica del governo italiano, che è il rilancio del partenariato strategico”, ha detto Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, sottolineando la volontà di “reciproco apprendimento”. Il presidente Mattarella ha evidenziato l’importanza del piano triennale di azione siglato in occasione della visita di luglio di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. “Spero che questo possa comportare la convocazione veloce degli organi previsti per approfondire sempre più la nostra collaborazione”, ha dichiarato. Ha invitato a evitare “tentazioni di ritorni anacronistici a un mondo di blocchi contrapposti”. Ma ha anche detto, pur senza citare la guerra in Ucraina che vede la Cina sostenere la Russia militarmente, che la Cina è “protagonista fondamentale della vita internazionale”, con tutto ciò che ne conseguenze e che serve “la convinta adesione a norme fondamentali di convivenza, ad esempio la norma che vieta l’uso, e anche la sola minaccia, della forza nel rapporto tra gli Stati”. Inoltre, ha tenuto a evidenziare che il mercato mondiale dovrebbe essere più libero e senza barriere, un chiaro messaggio alle pratiche commerciali della Cina.
La visita “arriva in un momento particolarmente favorevole, subito dopo le elezioni americane”, commenta il sinologo Francesco Sisci parlando con Formiche.net. “L’Italia ha l’opportunità di ascoltare per prima le impressioni cinesi sul nuovo scenario geopolitico. Come dice lo stesso Donald Trump nel suo The Art of the Deal, per negoziare efficacemente, bisogna essere nella stessa stanza, bisogna parlare. In questo senso, la visita del presidente Mattarella potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel rafforzare i legami con la Cina, sebbene non sia priva di sfide”, aggiunge. L’Italia ha sempre avuto difficoltà nel capire quando sia il momento giusto per intraprendere determinate azioni con la Cina. “Ha cercato di fare affari quando altri si ritiravano, invece di entrare nel mercato al momento giusto, quando tutti gli altri stavano facendo grandi affari”, osserva Sisci. “Un altro problema”, continua, “è che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia non ha mai sviluppato una vera e propria strategia di politica estera. Inizialmente, seguiva la politica americana, cercando di manovrare all’interno di quel contesto. Con la fine della Guerra Fredda, le altre nazioni europee hanno iniziato a definire le proprie politiche estere, mentre l’Italia ha continuato a concentrarsi sulla politica commerciale, senza la forza di una strategia globale come quella della Germania. Oggi, in un contesto di crescente ritorno alla politica, l’Italia fatica a gestire sia la politica commerciale che quella estera, venendo da tre decenni di assenza di una vera strategia diplomatica”, dice.
L’Italia, potrebbe comunque risultare utile nel contesto internazionale, anche grazie alla sua storicità nei rapporti con la Cina, come ricordato durante la visita (basti pensare a Marco Polo e Matteo Ricci). Tuttavia, manca ancora una solida base per una politica estera coerente e a lungo termine, avverte Sisci. “La Cina è un attore geopolitico complesso, e gestirla non è facile. Esiste il rischio che l’Italia possa commettere errori nel maneggiare un partner così sfaccettato e difficile da comprendere completamente”. Il sinologo si definisce “scettico” sulla capacità dell’Italia di bilanciare efficacemente il suo rapporto con la Cina e quello con gli Stati Uniti. “In teoria, l’Italia potrebbe proporsi come intermediario, grazie al suo rapporto privilegiato con Pechino, ma ci sono due caveat importanti. Il primo riguarda la capacità di gestire la Cina senza essere manipolati. Il secondo riguarda la volontà degli Stati Uniti, che per diversi motivi, preferiscono parlare direttamente con la Cina. Questo vale anche per la Francia e la Germania, che hanno un approccio simile”, conclude.
Oggi Cina e Italia hanno firmato dieci intese che spaziano dalla cultura alla concorrenza. Gli accordi sono stati annunciati al termine del colloquio tenuto oggi tra i presidenti. Oltre ad un programma esecutivo di collaborazione culturale per gli anni 2024-2028 tra il ministero degli Esteri italiano e il ministero della Cultura, è stato stipulato un protocollo d’intesa tra il ministero italiano dell’Università e della Ricerca e il ministero dell’Istruzione cinese per l’istituzione di un meccanismo di consultazione periodica tra i due Paesi. Èstato inoltre annunciato un protocollo d’intesa sulla traduzione e pubblicazioni di classici, oltre che una dichiarazione d’intenti sulla collaborazione cinematografica. Gli altri accordi sono un protocollo d’intesa in materia di concorrenza; un memorandum tra l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) e il Consiglio cinese per la promozione del commercio internazionale; un protocollo di collaborazione tra le città di Verona e Hangzhou; un accordo di gemellaggio tra Villa d’Este di Tivoli e il Palazzo d’Estate, volto alla promozione della conoscenza, valorizzazione e fruizione dei siti iscritti nelle Liste del patrimonio mondiale Unesco. Infine, è stato annunciato un accordo di cooperazione scientifica tra il ministero della Scienza e della Tecnologia cinese e il Consiglio nazionale delle ricerche, oltre che un memorandum d’intesa tra la China Development Research Foundation, la Peking University National School of Development, il Peking University China-Europe Philanthropy Innovation Research Center e l’Universita’ di Torino, il Torino World Affair Institute, la Escp (Ecole Supe’ieure de commerce de Paris) Business School.