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Cosa aspettarci dopo Cop29, in attesa del nucleare. Il diario di De Bettin (Dba) da Baku

Di Francesco De Bettin

In attesa del nucleare dobbiamo immaginare che cosa qui e oggi possa alimentare la civiltà industriale. Meloni si è attestata sull’unica linea possibile: non solo primato al nucleare quando sarà, ma oggi mettiamo assieme tutte le fonti che siano utilizzabili. Il commento di Francesco De Bettin, presidente di Dba Spa, l’unica azienda privata invitata dal ministero dell’Ambiente a svolgere un intervento nel padiglione italiano a Baku

Nel padiglione cinese di Baku in questi giorni c’è il mondo e la guest star di Cop29 ha gli occhi a mandorla, è dotato di una straordinaria cortesia e – questa è l’impressione tra i delegati che stavano già dando per persa la scommessa della lotta per la sostenibilità ambientale del pianeta – ha, forse, salvato il senso di Cop29. Quest’uomo gentile si chiama Ding Xuexiang e di mestiere fa il vicepremier dell’impero cinese. Con un certo coraggio ha detto che “dobbiamo, tutti assieme, rispettare i principi dell’Accordo di Parigi. Le responsabilità sono comuni ma i Paesi sviluppati dovranno mantenere le promesse di finanziamento climatico verso le nazioni in via di sviluppo. La Cina sarà in prima fila in questo lavoro immane e nel promuovere energie rinnovabili e tecnologie pulite, pur mantenendo una crescita economica sostenibile”.

Insomma, per un Trump che sente di avere ancora un bisogno matto di petrolio e carbone, ecco i leader della più importante economia dei Paesi Brics e forse del mondo annunciare la propria candidatura a salvatore del mondo. A noi che siamo qua il fatto che la Cina di fatto si candidi a cambiare il sistema gravitazionale del pianeta pare una specie di rivoluzione copernicana. Ma staremo a vedere.

Sul volo che, domenica scorsa, ci portava da Fiumicino all’Azerbaijan pensavamo un po’ tutti, cardinal Parolin in testa, che questa sarebbe dovuta essere la Cop della finanza a sostegno della decarbonizzazione e della neutralità climatica solidale: davvero improbabile, invece, la definitiva decisione di “phase out” dalle Fonti Primarie di Energia Fossile. Del resto, come molti che masticano di questi temi, sappiamo che oltre che su sole, vento ed acqua occorre incominciare a puntare su fonti più stabili e controllabili: quindi, in molti tifiamo per la geotermia a media entalpia, per le biomasse “buone”, per vettori energetici carbon free e, come sintesi del tutto, sugli e-fuel in grado di garantire uno scivolo temporale socialmente e ambientalmente accettabile verso l’inevitabile full-electric.

Il nucleare a portata di mano e sicuro come quello degli SMR e degli MMR e la chimera della “fusione” pulita sono ancora parecchio lontani. Sul nucleare era attesa anche la premier Meloni, che è molto piaciuta qui a Baku: un intervento il suo, a favore del dialogo fra tifoserie ancora troppo accese. In troppi confondono la riflessione sull’energia con una discussione da bar. La verità è che in attesa del nucleare dobbiamo immaginare che cosa qui e oggi possa alimentare la civiltà industriale. Meloni si è attestata sull’unica linea possibile: non solo primato al nucleare quando sarà, ma oggi mettiamo assieme tutte le fonti che siano utilizzabili. E su carbone e idrocarburi prudenza, perché ogni soluzione deve essere rispettosa di centinaia di migliaia di famiglie che col sistema industriale ancora mettono assieme il pranzo e la cena delle loro famiglie. Però la drammatica esperienza recente di Valencia dimostra che l’effetto serra non solo esiste ma ci sta dicendo che non intende affatto scherzare in attesa che si decida se il “drill, baby drill!” sia un obiettivo pensato per le trivellazioni in cerca di energia fossile o solo un velato ed inconsapevole invito alle perforazioni a media profondità in cerca del calore che il Pianeta mette a disposizione.

Ci sono noti e consolidati processi termodinamici in grado di restituirci energia verde e riscaldamento/raffrescamento “democratici” e a portata di mano e di portafoglio di tutti: anche questa, in definitiva, è “finanza”. Vale la pena di chiudere questo diario di bordo con la citazione dell’intervento, svolto da Maimunah Mohd Sharif, sindaco di Kuala Lumpur : “Lo sviluppo c’è solo se c’è la pace. E Sapiens deve fare pace anche con la Natura”. La scommessa, non del tutto perduta tra le nazioni, è di armonizzare lo sviluppo economico con la protezione ambientale. Saranno le città del mondo a dover sostenere il processo di transizione verso una società più sostenibile, perché giustizia climatica e inclusività delle politiche urbane non facciano più a sportellate. Bisogna mettere da parte il cattivo carattere di chi governa il mondo. Chi ha carattere deve tirarlo fuori non usando la clava ma la capacità di pensiero. È per questo, del resto, che sosteniamo di appartenere ai Sapiens.



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