Una “riserva specializzata”, che sia in grado di garantire alle Forze Armate uno sviluppo capacitivo ed operativo nel campo delle nuove tecnologie. La proposta del ministro Crosetto nella sua audizione sul Documento Programmatico Pluriennale ha messo in luce una questione complessa, cui le Forze Armate italiane devono far fronte anche per rispondere alle esigenze dottrinarie ed operative determinate dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente. L’analisi di Filippo Del Monte, Geopolitica.info
Nella sua audizione sul Documento Programmatico Pluriennale 2024-2026 della Difesa, il ministro Guido Crosetto ha parlato della necessità di costituire una “riserva specializzata”, che sia in grado di garantire alle Forze Armate uno sviluppo capacitivo ed operativo nel campo delle nuove tecnologie.
Si tratta di una questione complessa, cui le Forze Armate italiane devono far fronte anche per rispondere alle esigenze dottrinarie ed operative determinate dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Da questi conflitti è emersa quella che può essere definita, se non una “revolution in military affairs” in piena regola, quantomeno una serie di linee guida. Qualche tempo fa su Foreign Affairs, Stephen Biddle aveva identificato come “novecentesca” (in alcuni tratti anche ottocentesca si potrebbe aggiungere) la natura della guerra in Ucraina; dove, però, si utilizzano tecnologie del XXI secolo per combattere. Ma ciò non vuol dire che questo sia un conflitto “rivoluzionario”. Non è ancora l’epoca di “Star Wars”, a dominare sono ancora le jüngeriane “tempeste d’acciaio”.
L’inclusione delle nuove tecnologie – con uno sviluppo continuo ed accelerato proprio sui campi di battaglia – e l’espansione del loro impiego assieme a tattiche e strategie militari “classiche” sono fattori che dovrebbero imporre, comunque, una riforma dello strumento militare che includa anche il personale.
La strutturazione di una forza di riserva in grado di fornire alla Difesa quelle competenze innovative necessarie ad affrontare uno scenario multidominio non è più rimandabile. Importante è che si ritenga questo tipo di riserva “specializzata” come un qualcosa di diverso dall’attuale riserva selezionata, la quale costituisce un bacino di integrazione numerica di professionalità “tradizionali” e già consolidate in seno al corpo ufficiali di ogni singola Forza Armata.
La constatazione d’ordine strategico dalla quale partire è, infatti, che l’unico campo nel quale una potenza europea potrebbe eccellere sia nella fase di preparazione sia di guerra è quello della superiorità tecnologica. Il sostrato dottrinario alla base dell’idea di costruire una “riserva specializzata” in nuove tecnologie per le Forze Armate è frutto dell’analisi di almeno tre questioni fondamentali: il bagaglio d’esperienze della guerra russo-ucraina; le riflessioni sull’IA applicata ai sistemi d’arma; la costruzione di una difesa comune basata sul primato tecnologico.
In relazione al bacino di reclutamento cui attingere esiste un problema non da poco che è quello della formazione di base dei soldati che dovrebbero costituire questa forza di completamento. Sotto questo aspetto, le problematiche legate all’insegnamento delle materie Stem e alla “cultura scientifica di base” dei cittadini italiani sono questioni con le quali anche la Difesa dovrà fare i conti che già l’industria AD&S fa da anni.