Due imprenditori di 34 e 60 anni sono indagati a Milano. L’accusa è corruzione del cittadino da parte dello straniero aggravata da finalità di terrorismo ed eversione. Si erano offerti a Mosca per fornire informazioni, tra cui la mappatura del capoluogo lombardo e della capitale
Poco più di un mese fa Ken McCallum, direttore generale di MI5, i servizi segreti britannici per la sicurezza interna, aveva avvertito circa i tentativi dell’intelligence russa di scatenare “il caos diffuso nelle strade del Regno Unto e dell’Europa”. L’indagine nei confronti di due imprenditori brianzoli di 34 e 60 anni, accusati dalla procura di Milano di “corruzione del cittadino da parte dello straniero” aggravata da finalità di terrorismo ed eversione, sembra inserirsi proprio in questo filone di campagne ibride – fatte di sabotaggi, incendi e disinformazione per spaventare, anche solo con la minaccia, e destabilizzare le società – contro i Paesi europei schierati al fianco dell’Ucraina.
Le indagini
Il pubblico ministero Alessandro Gobbis con l’aggiunto a capo dell’antiterrorismo, Eugenio Fusco, e il procuratore di Milano, Marcello Viola, hanno notificato l’avviso di conclusione indagini preliminari nei confronti dei due uomini della Brianza soci nella stessa azienda. Le indagini sono state condotte dal Ros di Milano, in collaborazione con la Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma. Ha collaborato anche l’Aise, l’agenzia di intelligence esterna. È partita ad aprile 2024 e dopo i primi pedinamenti ha subito un’improvvisa accelerata prima dell’estate. Ovvero quando i militari hanno eseguito perquisizioni nelle case degli indagati, hanno sequestrato dispositivi informatici e documentazione.
I “servizi offerti”
Ricerche su obiettivi e installazioni militari per conto dei servizi segreti russi. Mappature di Milano a Roma alla ricerca delle “zone grigie” scoperte dalle telecamere di sorveglianza. Anche proponendo, gratis, alle cooperative di taxi di installare a bordo delle vetture le “dash cam”, i dispositivi per registrare immagini a 360 gradi e trasmettere dati sugli hard disk dopo la conversione in digitale. Queste le “informazioni di natura sensibile” e la “documentazione classificata” offerta all’intelligence russa (sembra roba da GRU, l’intelligence militare). In alcuni casi sarebbe stata quest’ultima a commissionare ai due soci delle missioni quasi impossibili come l’avvicinamento obiettivi o “installazioni militari”, scrive il Ros, e siti sensibili per fotografarli. In altri casi si trattava di target banali, per esempio luoghi normalmente accessibili al pubblico o facilmente visibili con ricerche Google. Come si trattasse di test, ipotizzano i magistrati.
Il movente ideologico
A spingere i due verso l’intelligence russa sarebbe stata soprattutto una forte motivazione ideologica: infatti, si sarebbero messi a disposizione per simpatie politiche, sposando la causa russa in chiave anti-occidentale e anti-atlantista almeno a partire dallo scoppio delle guerra in Ucraina. Avrebbero, dunque, contattato direttamente i servizi russi via mail l’anno scorso per poi iniziare un rapporto con un sedicente agente. Le comunicazioni avvenivano rigorosamente via Telegram. I pagamenti – dai 2.000 ai 10.000 euro a pratica – correvano in rete, con versamenti in criptovalute (alcune transazioni di non grandissimo valore sono state monitorate e documentate).
I rapporti tra Roma e Mosca
La campagna russa di sabotaggi e incendi riguarda anche l’Italia? L’interrogativo rimane aperto. Ma Mosca sembra scommettere su Roma pensando a quando cesseranno i combattimenti in Ucraina. Basta leggere le dichiarazioni rilasciate dall’ambasciatore Alexey Paramonov al Corriere un mese fa: “Spero che l’Italia continui a trovare la forza di far ragionare gli spavaldi capi della Ue e della Nato”; “la stragrande maggioranza della vostra società, a differenza dell’élite di potere ermeticamente chiusa ai contatti, neanche ora sente la Russia come una minaccia”; “esistono varie sfumature nell’approccio di Roma alla crisi ucraina, e alla fornitura di armi a lungo raggio a Kiev”.
L’obiettivo di Mosca
Gli inquirenti ipotizzano che si tratti di azioni volte ad acquisire “controllo del territorio” per una successiva attività di spionaggio da parte dall’intelligence russa. Non ci sono elementi che siano riusciti ad entrare nei sistemi di videosorveglianza pubblica. Tanti i punti ancora oscuri dell’inchiesta mentre i pm di Milano – che non hanno chiesto l’arresto per i due uomini – si stanno coordinando in queste ore con la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, diretta da Giovanni Melillo.