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Una scuola smartphone free sul modello svedese. La proposta di Valditara e Fond. Einaudi

Di Marco Cruciani

“Se vogliamo bene ai nostri figli dobbiamo far sì che prendano una pausa, almeno a scuola, dallo smartphone per fare in modo che non maturino una dipendenza”. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara intervenendo al convegno “Leggere il presente per scrivere il futuro. Il valore imprescindibile della lettura su carta e della scrittura a mano in corsivo”, promosso dal direttore dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini

“Analisi internazionali hanno dimostrato i danni che un abuso dello smartphone provoca sui giovani, che attengono alla capacità di concentrazione, alla fantasia, alla capacità di memorizzare. Se vogliamo bene ai nostri figli dobbiamo far sì che prendano una pausa, almeno a scuola, dallo smartphone per fare in modo che non maturino una dipendenza. Facciamo che le scuole siano ambienti smartphone free”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara intervenendo al convegno “Leggere il presente per scrivere il futuro. Il valore imprescindibile della lettura su carta e della scrittura a mano in corsivo”, promosso dal direttore dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini. Proprio su richiesta di Valditara, il 25 novembre a Bruxelles si discuterà dell’utilizzo degli smartphone a scuola, “molti Paesi hanno già avviato un percorso di contenimento dell’utilizzo in particolare per i ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado, come abbiamo fatto noi”. Inoltre, ha tuonato, “è arrivato il momento di vietare l’accesso ai social ai minori di 15 anni. Esiste già una direttiva europea che interviene su questo settore, ora bisogna arrivare al riconoscimento dell’utente”. Il ministro ha poi specificato che questo “non vuol dire rifiutare la tecnologia”, ma che “dobbiamo insegnare ai nostri giovani a utilizzare gli strumenti digitali in modo corretto, come previsto dalle Linee guida sull’Educazione civica”.

Valditara durante l’incontro si è confrontato con la sua omologa svedese, Lotta Edholm, che ha parlato del modello da lei adottato in Svezia, Paese pioniere della digitalizzazione scolastica, per arginare il problema legato al calo di rendimento degli alunni, da molti esperti attribuito all’eccessivo utilizzo di dispositivi digitali nelle scuole. Riconoscendo l’importanza insostituibile della scrittura a mano e della lettura su carta, nei mesi scorsi il ministro dell’Istruzione svedese ha perciò preferito fare marcia indietro e tornare a un sistema di apprendimento tradizionale basato sulla rimozione dei tablet nelle scuole materne e sulla reintroduzione di libri stampati e quaderni. “Abbiamo trascurato gli aspetti negativi della digitalizzazione, soprattutto sui nostri figli e sulla loro educazione”, ha detto Edholm. “Tecnologia e digitale creano nuove opportunità, ma non bisogna farne un uso improprio. In Svezia pensiamo che i sussidi alla didattica digitale siano stati usati troppo spesso in modo acritico e indiscriminato in molte scuole e che ciò abbia avuto un impatto negativo sull’apprendimento degli alunni”.

Il campanello d’allarme è suonato a fronte dei risultati arrivati dal Programma per la valutazione internazionale dello studente (Pisa) 2022, da cui, ha sottolineato il ministro, “è emersa una forte correlazione tra l’uso degli smartphone da parte degli studenti e il calo del loro rendimento scolastico”. Da ciò ne deriva la convinzione che “le aule scolastiche dovrebbero essere ambienti ‘senza telefoni’ perché sono un elemento di distrazione per i ragazzi” e che “gli studenti hanno bisogno di più libri cartacei su cui studiare e tornare a scrivere con carta e penna, perché sono abitudini necessarie per acquisire pienamente le competenze di base”.

“Oggi dobbiamo adattarci a un mondo in cui la cultura digitale domina la vita dei nostri figli, ma dobbiamo anche essere in grado di mettere dei paletti”, ha detto invece la neuroscienziata statunitense Maryanne Wolf. “Le neuroscienze ci dimostrano che, con la lettura profonda, sviluppiamo e utilizziamo facoltà essenziali quali l’empatia, il pensiero critico, la capacità di riflessione e che la scrittura a mano aiuta le reti motorie del cervello a consolidare la memoria. Abbiamo oggi numerosi studi e articoli scientifici che dimostrano che maggiore è l’esposizione al digitale e peggiore è il rendimento scolastico degli studenti”.

Wolf nel suo intervento ha esposto i risultati di uno studio condotto nel 2019 dal neuroscienziato francese Michel Desmurget che ha quantificato il tempo medio trascorso dai bambini e dagli adolescenti sui dispositivi digitali. Secondo lo studio, pubblicato nel libro “Screen Damage: The Dangers of Digital Media for Children”, i bambini tra i 2 e gli 8 anni dedicano in media il 20% del loro tempo ai dispositivi digitali, circa 2 ore e 45 minuti al giorno. I bambini tra gli 8 e i 12 anni in media il 32%, circa 4 ore e 45 minuti, oltre dieci volte il tempo che dedicano ai compiti a casa. Mentre gli adolescenti, fascia 13-18 anni, passano il 45% del loro tempo sui device digitali, circa 7 ore e 15 al giorno.

“Dopo un momento di iniziale entusiasmo per l’arrivo dei computer, negli anni ’90, da scrittrice ho poi iniziato a provare un sentimento di stringente angoscia. Il computer faceva cose che io non gli chiedevo tipo cambiare le parole che non conosceva o mandare segnali luminosi sullo schermo in continuazione interrompendo la mia concentrazione. Liberarmi del computer è stata per me una cosa creativamente fantastica”, ha detto Susanna Tamaro. “Scrivere a mano è un piacere fisico e una conquista e per tornare a farlo ho ricominciato a comprare grandi quaderni di prima elementare. La scrittura a mano è il segno misterioso della nostra personalità perché ognuno di noi ha una scrittura che è solo sua. Ormai sono nove anni che scrivo i miei romanzi a mano dall’inizio alla fine”. Riguardo alla lettura, ha aggiunto, “mi sono resa conto che il vocabolario è crollato in maniera verticale. I libri che negli anni ’90 si legavano a otto anni oggi si leggono a tredici, vuol dire che non ci sono più le parole. Quando non ci sono più le parole si è molto poveri e dunque molto manipolabili. La persona deve aver le parole per poter pensare e per poter avere una sua identità”.

“È dovere delle classi dirigenti creare le condizioni affinché i giovani possano crescere, come sosteneva Luigi Einaudi, sviluppando al massimo le proprie potenzialità culturali e cognitive”, ha detto Andrea Cangini. “Limitare l’abuso di tecnologia digitale da parte di bambini e adolescenti ed incoraggiare la scrittura a mano in corsivo e la lettura su carta è un modo concreto per raggiungere lo scopo. È questa la missione dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale e con l’importante convegno di oggi abbiamo chiarito sia le ragioni scientifiche che ispirano la nostra battaglia sia i ragionevoli margini d’azione all’interno dei quali la politica si può e si deve muovere”.



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