Andrius Kubilius, candidato Commissario europeo per la Difesa e Spazio, ha esposto le sue priorità durante l’audizione al Parlamento europeo. Ha sottolineato l’importanza di un Libro bianco sulla difesa, l’efficienza della spesa comune e la strategia congiunta per affrontare le minacce da est. Particolare attenzione per il ruolo che può ricoprire l’Italia nel bilanciare l’attenzione sul fronte sud. L’analisi di Michele Nones, vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai)
Il candidato Commissario europeo a Difesa e Spazio, Andrius Kubilius, è stato sentito dalle Commissioni per gli affari esteri e per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo in vista delle votazioni sulla nuova Commissione previste per fine mese. Ha presentato le sue linee di azione, seguendo inevitabilmente quelle già indicate nel mandato ricevuto il 17 settembre dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a cui sono seguiti gli interventi di alcuni parlamentari.
Dalla sua audizione, tre punti appaiono particolarmente significativi. Innanzitutto la preparazione di un Libro bianco sul futuro della difesa europea entro i primi cento giorni. Una scelta condivisibile dal momento che sarà il primo Commissario europeo con questo mandato e potrà, quindi, per la prima volta indicare le specifiche proposte della Commissione su questo tema. La sua stessa nomina rappresenta un evento epocale per l’Unione europea, vista l’impostazione dei Trattati. Basti pensare che, quindici anni orsono, le due Direttive europee del 2009, che per la prima volta hanno cercato di favorire il processo di integrazione del mercato europeo della difesa, sono state inizialmente osteggiate da non pochi Stati membri (grandi e piccoli), che sostenevano la non competenza della Commissione in materia di difesa. Solo nel 2020 è stata istituita una specifica Direzione generale per l’industria della difesa e dello spazio (affidata, per altro, al Commissario per il Mercato interno Thierry Breton, uno dei commissari più autorevoli, ma anche caricato di molte altre competenze e responsabilità).
In secondo luogo c’è l’obiettivo che Kubilius, come fissato da von der Leyen, ha indicato per la sua azione: spendere “di più, meglio ed europeo”. Il candidato ne ha aggiunto un quarto: prima di “europeo”, “insieme”. Questo principio è ovviamente in linea col mandato ricevuto, ma in un certo senso lo completa. Perché mai come ora gli Stati membri devono accettare la necessità di utilizzare anche questo strumento per rendere più efficiente la domanda e vincere le resistenze politiche, industriali e militari che rendono sempre difficile realizzare equipaggiamenti comuni europei e non solo “simili” o interoperabili. Il vero asso nella manica della Commissione è quello di non doversi limitare a costruire un quadro regolamentare europeo, ma di poter utilizzare le risorse del bilancio europeo per promuovere l’innovazione tecnologica e, ora, anche gli acquisti comuni. In quest’ottica si potrebbe, per altro, pensare all’acquisto europeo di determinati equipaggiamenti destinati a difendere il territorio e i cittadini europei da affidare poi alla gestione delle Forze armate nazionali con una specifica regolamentazione che tuteli la priorità “europea” in caso di necessità (come avviene già in alcune esperienze nel mondo della protezione civile e sanitaria).
Vengono infine le due motivazioni addotte per giustificare un aumento e un miglioramento della capacità europea di difesa e sicurezza che suonano particolarmente convincenti. Da un lato la preparazione europea alle nuove minacce, sebbene costosa, è comunque meno costosa del dover affrontare una crisi. Vale, quindi, il motto latino “Si vis pacem, para bellum”. Questo richiede un rafforzamento della cultura della sicurezza nel Vecchio continente per consentire un aumento della spesa per la difesa a livello comunitario e nazionale. Dall’altro lato, parlando ad elezioni americane avvenute, ha ricordato che bisogna spendere di più “non a causa di Trump, ma a causa di Putin”. Un’affermazione politicamente corretta, anche se in realtà gli europei lo dovranno fare a causa di tutti e due perché il nuovo presidente Trump sarà sicuramente molto meno tollerante nei confronti dei Paesi europei che non hanno rispettato l’impegno a portare la spesa militare per lo meno al 2%.
Nell’intervento e nel dibattito risulta confermata una significativa attenzione per la minaccia da est (segnatamente russa), inevitabile dopo quasi tre anni di aggressione russa all’Ucraina. La provenienza lituana del candidato Commissario pesa e peserà sicuramente nello svolgimento del suo mandato. La provenienza estone della vicepresidente e Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, favorirà sicuramente la sintonia per i due esponenti europei che dovranno costruire un’effettiva Europa della difesa, ma potrebbe perpetuare l’insufficiente attenzione per il fronte sud. Da questo punto di vista l’Italia che, per storia e collocazione geografica, è il Paese europeo più esposto, dovrà lavorare con grande impegno affinchè il rischio più immediato ad est non offuschi quello strategico a sud, dove il Mediterraneo può diventare potenzialmente un’area di crisi che va disinnescata prima che diventi endemica. In quest’ottica il nostro Paese dovrebbe favorire l’inserimento di esperti italiani negli staff e negli organismi che dipendono dai due nuovi responsabili della difesa e della politica estera. Ma sarà ovviamente il nostro governo a dover svolgere lo sforzo maggiore.