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Dove e come Londra e Bruxelles possono allearsi sulla Cina

La sottosegretaria Catherine West ha illustrato un approccio che combina cooperazione, competizione e fermezza nelle relazioni con la Cina. Molto simile al trittico dell’Unione europea. Trump permettendo

“Cooperare laddove è possibile farlo, competere dove è necessario e affrontare con forza dove è inevitabile”. Questo è l’approccio “strategico” del governo britannico guidato dal laburista Sir Keir Starmer e presentato ieri da Catherine West, sottosegretaria con al Foreign Office con delega all’Indo-Pacifico, all’International Institute for Strategic Studies. “Coopereremo dove possibile come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, perché non possiamo affrontare sfide globali condivise come il raggiungimento del net zero globale, la salute e la crescita del commercio senza la Cina”, ha dichiarato. E “affronteremo le sfide dove necessario, per proteggere la nostra sicurezza nazionale e i nostri valori”, ha aggiunto. Infine, ha sottolineato l’impegno del governo a migliorare “la capacità del Regno Unito di comprendere e rispondere alle sfide e alle opportunità poste dalla Cina, attraverso una revisione del nostro partenariato come attore bilaterale e globale”.

È un momento particolare per Londra, con il nuovo governo laburista che sta cercando di prendere le misure dopo 14 anni di leadership tory. Tanti i dossier caldi, a partire dalla politica estera e di difesa, con la Strategic Defence Review che sta prendendo forma e dovrebbe essere presentata l’anno prossimo. Il Regno Unito di Starmer vuole essere un “partner prevedibile e pragmatico” nella relazione con la Cina, ha dichiarato West ricordando l’incontro tra il premier e il leader cinese Xi Jinping a margine del G20 di Rio, in Brasile, la scorsa settimana.

West è da poco rientrata da Hong Kong, colonia britannica fino al 1997 e su cui la stretta cinese è diventata sempre più forte fino alla Legge sulla sicurezza nazionale che per Londra costituisce una Dichiarazione congiunta sino-britannica. Ieri ha ricordato la sua recente dichiarazione sulla condanna di 45 attivisti pro-democrazia ed ex politici per aver esercitato i loro diritti fondamentali e ribadito le preoccupazioni del governo per il cittadino britannico detenuto Jimmy Lai, imprenditore dei media di Hong Kong e attivista per la democrazia. David Lammy, segretario agli Esteri, è stato in Cina un mese fa: una visita che aveva suggerito di chiedere un rinvio di quella a Londra di Tsai Ing-wen, ex presidente di Taiwan, per evitare incidenti con Pechino.

L’approccio strategico del governo di Londra alla Cina ricordo molto quello dell’Unione europea. Dal marzo 2019, infatti, Bruxelles considera Pechino un partner con obiettivi condivisi su alcuni temi globali, ma anche un “concorrente economico” e un “rivale sistemico”. I diversi appelli ad allargare la definizione per definire la Cina anche una minaccia potrebbero avere come unico risultato un rafforzamento della consapevolezza europea della sfida. Anche perché sarebbe difficile rimettere mano al trittico senza creare incidenti con Pechino e dando per scontato che l’Ungheria di Viktor Orbán possa accettare un inasprimento della posizione europea. Molti negli Stati Uniti pensano che in questo momento il Regno Unito e l’Unione europea stiano cercando di accattivarsi il favore di Pechino mostrandosi meno ostili di Washington. Resta da vedere se questa politica sopravviverà al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. In ogni caso, però, Londra e Bruxelles sembrava su posizioni piuttosto vicine quando si parla di Cina.



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