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Aleppo, la mossa del cavallo. Così potrebbe crollare l’impero di Putin in Medio Oriente

Di Ivan Caruso

Mentre i ribelli conquistano Aleppo e circolano voci di un tentativo di golpe orchestrato dai vertici dell’intelligence siriana, emerge un inedito allineamento di interessi tra Turchia e Israele. Mentre la Russia rischia di perdere le sue basi strategiche nel Mediterraneo. Sullo sfondo, il disegno di Erdogan e la strategia israeliana. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

Un terremoto geopolitico sta scuotendo il Medio Oriente. La caduta di Aleppo nelle mani dei ribelli anti-Assad, sostenuti dalla Turchia, non è solo l’ultimo episodio della guerra civile siriana, ma segna un potenziale punto di svolta negli equilibri regionali. Le voci non confermate di un tentativo di golpe, che vedrebbe coinvolti alti vertici dell’intelligence siriana, aggiungono ulteriore instabilità a uno scenario già esplosivo, suggerendo possibili fratture all’interno dello stesso apparato di sicurezza del regime.

In questo complesso scacchiere, emerge una convergenza di interessi apparentemente improbabile. Da un lato la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, che persegue le sue ambizioni neo-ottomane di influenza regionale, dall’altro Israele, determinata a interrompere il corridoio di rifornimenti tra Iran e Hezbollah. Una convergenza tattica che sta producendo risultati significativi sul terreno, dove le forze ribelli hanno dimostrato una capacità operativa e un coordinamento senza precedenti.

La Russia, tradizionale protettrice del regime di Assad, si trova in una posizione di crescente debolezza. Impegnata nel pantano ucraino, Mosca ha già perso il controllo dell’aeroporto strategico vicino ad Aleppo e rischia ora la sua ultima base navale nel Mediterraneo a Tartus. Una prospettiva che, dopo il blocco di fatto di Sebastopoli e l’immobilizzazione della flotta del Mar Nero, segnerebbe il definitivo tramonto delle ambizioni russe come potenza navale globale. La perdita di queste basi strategiche non solo comprometterebbe la capacità russa di proiettare potenza nel Mediterraneo, ma metterebbe anche in discussione la sua influenza in tutto il Medio Oriente.

Il timing dell’offensiva ribelle, coinciso con la tregua tra Israele e Hezbollah in Libano, suggerisce un coordinamento strategico più sofisticato. Mentre Tel Aviv mantiene alta la pressione sulle rotte di rifornimento tra Siria e Libano con raid mirati, la Turchia fornisce supporto diretto ai ribelli, creando una tenaglia che minaccia di spezzare l’asse Iran-Siria-Hezbollah. Questa strategia coordinata ha già portato alla distruzione di infrastrutture critiche e all’interruzione di importanti vie di rifornimento utilizzate dall’Iran per sostenere i suoi alleati nella regione.

L’Iran, che considera la Siria il perno della sua “Mezzaluna sciita”, ha reagito inviando rinforzi, ma la perdita di Aleppo e dei principali snodi logistici potrebbe compromettere irreversibilmente la sua capacità di proiezione regionale. La morte del generale Pourhashemi, attribuita a forze legate a Israele, evidenzia la vulnerabilità della presenza iraniana e potrebbe segnalare un’escalation nel confronto diretto tra Teheran e i suoi avversari regionali.

La posta in gioco è enorme e va ben oltre i confini siriani. Per la Turchia, il controllo del nord della Siria rappresenterebbe un passo significativo verso la realizzazione delle ambizioni neo-ottomane di Erdogan, consolidando la sua influenza su un’area strategica e permettendole di gestire il flusso di rifugiati. Per Israele, l’interruzione della via terrestre Iran-Libano indebolirebbe significativamente Hezbollah, alterando gli equilibri di potere lungo il suo confine settentrionale. Per la Russia, la perdita delle basi siriane segnerebbe la fine del suo ruolo mediterraneo, con ripercussioni globali sulla sua proiezione di potenza e sul suo status di attore internazionale di primo piano.

In questo scenario, l’apparente caos nasconde una partita geopolitica di precisione, dove ogni mossa è calibrata per massimizzare i vantaggi strategici immediati, anche a costo di alleanze apparentemente contro natura. Il futuro del Medio Oriente, e forse degli equilibri globali, potrebbe decidersi proprio nelle strade di Aleppo, dove la “mossa del cavallo” turco-israeliana potrebbe rivelarsi decisiva nel ridisegnare la mappa del potere region


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