Oggi è possibile evitare di ridurre il livello di ambizione, sfruttando l’intero portafoglio di opzioni tecnologiche che abbiamo a disposizione, in modo complementare, integrato, e pianificato. Questo consente di dare alle soluzioni più innovative il tempo di maturare e trasferirsi al mercato in tempi corretti e possibili. L’analisi di David Chiaramonti, docente al Politecnico di Torino
La tensione sale, quasi giornalmente, nel settore automotive. A seguito delle difficoltà palesate da alcune tra le principali case automobilistiche europee, la notizia di questi giorni è la probabile richiesta del Ppe a Bruxelles di rinviare la scadenza del 2035 sul divieto ai motori a combustione interna, per dare il tempo di “riflettere sulla neutralità tecnologica” delle misure . Questo segue l’iniziativa del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e del corrispondente ministro ceco, che propone di anticipare al primo semestre del 2025 la clausola di revisione del regolamento europeo sulle emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, allo stato attuale prevista per il 2026.
L’iniziativa italiana è appoggiata da Austria, Bulgaria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia. La questione è ovviamente centrale per l’economia europea, e per le conseguenze sociali da questa determinate, così come lo è in realtà anche per l’ambiente. Utile è quindi Ed a riavvolgere il nastro degli eventi e cercare di ricostruire come l’Europa si sia coscientemente infilata in una situazione piuttosto complessa.
Due punti in particolare:
1. La metodologia di calcolo della sostenibilità climatica utilizzata nelle politiche, da cui deriva la definizione delle soluzioni sostenibili. In sostanza, il ben noto tema della neutralità tecnologica.
2. Le politiche declinate per obiettivi e non attraverso roadmaps industriali. Sul primo punto, non si può certo affermare che non siano state lanciate più volte raccomandazioni ai tavoli europei sulla cautela con cui si sarebbe dovuto trattare la materia. La stessa Iea, oggi, che richiama l’attenzione sulla necessità di svolgere un corretto accounting del carbonio utilizzando un approccio Lca, come ha chiaramente scritto nei due report presentati al recente G20 in Brasile.
Vale inoltre la pena sottolineare come una giusta progettazione agroindustriale possa portare a realizzare filiere di biocombustibili sostenibili sempre più prossime a Net Zero, od addirittura Carbon Negative. Di questo l’Italia ha un validissimo esempio nel “Biogas fatto bene” del Cib. La questione della metodologia TtW è nota da tempo, era già ben chiara quando le politiche a Bruxelles si stavano sviluppando. Questo è l’elemento su cui maggiormente si fondano le critiche sulla non-neutralità tecnologica delle politiche europee in ambito decarbonizzazione dei trasporti. Peraltro, numerosi altri positivi impatti ambientali (oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra) e co-benefici sono stati ignorati, nonostante i richiami da più parti sollevati rispetto all’attenzione verso la salute del suolo, ad esempio.
Ed l’adozione dell’approccio TtW che ha prodotto lo stop ai motori a combustione interna dal 2035. Sul secondo punto, la criticità nasce dall’aver fissato obiettivi ambientali del tutto condivisibili (net zero e net negative), senza studiare i tempi e sviluppare piani in grado di distribuire le soluzioni tecnologiche nel tempo, sulla base del loro attuale e futuro livello di sviluppo (Technology Readiness Level/TRL, Fuel Readiness Level/FRL, Commercial Readiness Level (Crl) e senza ridurre l’ambizione ambientale, definendo coerentemente le misure necessarie alla loro attuazione e mantenendo, appunto, uno sguardo aperto a tutte le soluzioni possibili.
Questo avrebbe consentito di introdurre gradualmente le migliori opzioni lungo il percorso verso Net Zero dando il tempo all’industria ed ai mercati di adattarsi. Il tema è in fondo quello di procedere per politiche pull, dove si creano nuovi mercati regolati appunto dalle politiche, e si chiede all’industria di seguire lo stimolo investendo in nuova e diversa capacità produttiva, e nella produzione. Il sistema funziona, però, solo se gli obiettivi sono coerenti con i tempi industriali necessari alla transizione, con la necessità di governare la concorrenza Internazionale (ed interna all’Europa stessa), con i diversi sistemi regolatori europei e non europei, e con le risorse economiche necessarie alla transizione, che necessariamente devono essere distribuite nel tempo. Forzare il sistema economico fissando obiettivi industriali eccessivamente ambizioni risulta inefficace ed addirittura controproducente, in quanto crea aspettative ambientali che poi, scontrandosi con le mille problematiche di una transizione industriale e di una aggressiva concorrenza internazionale, risultano disattese e minano la credibilità della transizione ecologica stessa.
Agli occhi del mondo l’Unione Europea non deve rappresentare solo un importante mercato da aggredire: l’Ue stessa deve essere in grado di competere sul terreno della ricerca ed innovazione e del trasferimento tecnologico, come lo stesso report prodotto dal presidente Draghi raccomanda.
Per questo lo sviluppo di roadmap credibili ed efficaci è essenziale: queste devono essere ben progettate, validate con le parti interessate, e continuamente monitorate. Venendo al caso specifico dei biocombustibili, la loro forzata esclusione (in particolare nel trasporto passeggeri) nasce dalla supposta superiorità della soluzione elettrica (od anche dell’idrogeno) rispetto alla soluzione biofuel od eFuel. Nello specifico, poi, questa politica come detto si è basata sull’adozione dell’approccio Tank-to-Wheel (TtW) al posto di una metodologia Well-to-Wheel (WtW), od ancor più correttamente di una metodologia LCA.
In sostanza, si è deciso di escludere a priori le caratteristiche del combustibile in ingresso nelle valutazioni sulla sostenibilità dei motori a Combustione Interna (Ice), nell’assunto che il nemico fosse il Carbonio, e peraltro senza distinguere neppure tra Carbonio e CO2. In realtà di Carbonio “buono” biogenico abbiamo tutti grandemente bisogno, e quel che è realmente da combattere è l’immissione in atmosfera di CO2 di origine fossile. Ma i biocombustibili sostenibili sono oggi visti come una soluzione di ripiego rispetto ad elettrico ed idrogeno, quando in realtà con un corretto conteggio ambientale possono anche rimuovere CO2 dall’atmosfera.
Adesso ci troviamo con la stessa Agenzia Internazionale per l’Energia che raccomanda di applicare valutazioni di ciclo di vita alle filiere, e che affronta il tema delle possibili filiere di carburanti Carbon Negative. Questi concetti sono presenti persino nella stessa dichiarazione finale del G20 in Brasile.
Quali lezioni trarre, da questa vicenda? La prima raccomandazione è quella di tenere memoria di quanto accaduto, per evitare di ripetere gli stessi errori del passato, progettando il futuro Europeo in modo più equilibrato, in grado di rilanciare il ruolo del nostro continente nella protezione dell’ambiente, nella battaglia climatica, nell’innovazione, e quindi nell’economia. Collocando ciascuna soluzione nell’arco temporale più corretto, e tenendo conto anche degli adattamenti infrastrutturali necessari (e quindi dei relativi tempi e delle risorse necessarie, facendo sì che divengano anche occasione di sviluppo socioeconomico).
Inoltre è importante guardare l’allocazione delle risorse e dei programmi verso le transizioni che devono essere correttamente collocati attraverso l’identificazione di obiettivi realistici e compatibili con riferimento al piano temporale in cui devono essere conseguiti. Si deve anche tener conto del contesto internazionale e dei relativi sistemi di accounting ambientale che altre regioni del mondo adottano.
Come detto, è possibile fare tutto ciò senza ridurre il livello di ambizione, sfruttando l’intero portafoglio di opzioni tecnologiche che abbiamo a disposizione, in modo complementare, integrato, e pianificato. Questo consente di dare alle soluzioni più innovative il tempo di maturare e trasferirsi al mercato in tempi corretti e possibili. Contestualmente impiegare tutte le opzioni in grado di fornire risultati immediatamente spendibili. L’urgenza climatica non consente ulteriori ritardi.