L’inchiesta sul danneggiamento dei cavi tra Estonia e Finlandia punta il dito contro una nave russa accusata di sabotaggio. Il caso sottolinea la necessità di proteggere le infrastrutture critiche da minacce ibride
La polizia finlandese ha aperto un’indagine per grave sabotaggio. Sta lavorando per capire se e come la Eagle S, una nave costruita nel 2006 battente bandiera delle Isole Cook, abbia causato la rottura del cavo elettrico Estlink 2 e il danneggiamento di tre cavi di comunicazione tra Estonia e Finlandia nel giorno di Natale. La nave è sotto sequestro nel Golfo di Finlandia. Le autorità finlandesi sono salite a bordo e hanno introdotto una no-fly zone in un raggio di tre chilometri intorno alla posizione attuale dell’imbarcazione.
La Eagle S era partita da San Pietroburgo in Russia con destinazione Port Said in Egitto con un carico di 35.000 tonnellate di benzina. Si sospetta faccia parte di una rete di commercio abusivo di idrocarburi in violazione alle sanzioni a cui è sottoposta la Russia. La cosiddetta flotta ombra. Il presidente finlandese Alexander Stubb ha scritto su X che “i rischi posti dalla flotta ombra russa devono essere contrastati”.
“L’incidente è l’ultimo di una serie di sospetti attacchi alle infrastrutture critiche”, hanno dichiarato in una dichiarazione congiunta la Commissione europea e l’Alta rappresentante dell’Unione europea per la politica estera. “La presunta nave fa parte della flotta ombra della Russia, che minaccia la sicurezza e l’ambiente, mentre finanzia il bilancio di guerra della Russia. Proporremo ulteriori misure, comprese le sanzioni, per colpire questa flotta”, si legge ancora.
Oggi il presidente Stubb ha spiegato che la situazione è tornata “sotto controllo”. La Nato ha annunciato che rafforzerà la sua presenza militare nel Mar Baltico. L’Estonia ha avviato oggi pattugliamenti marittimi per proteggere la sua connessione elettrica con la Finlandia.
La prima ipotesi al vaglio degli investigatori è quella dell’ancora che avrebbe rotto il cavo elettrico e danneggiato i tre di comunicazione.
Non sarebbe la prima volta di un’ancora che “scivola” sui fondali del Baltico e trancia dei cavi (considerati, vale la pena ricordarlo, infrastrutture critiche), sempre più al centro delle campagne ibride russe contro l’Unione europea e la Nato. Sarebbe capitato lo stesso a novembre, quando la Yi Peng 3, battente bandiera cinese, avrebbe tracciato due cavi di telecomunicazione tra Finlandia e Germania e tra Lituania e Svezia. Nei giorni scorsi la nave, rimasta ferma per un mese nello stretto di Kattegat, ha ripreso la navigazione. Oggi si trova nell’Atlantico costeggiando la penisola iberica. Stoccolma ha accusato Pechino di aver respinto la richiesta dei procuratori svedesi di salire a bordo della nave, per ispezionarla, nonostante l’iniziale promessa di voler “cooperare” per far luce sulla vicenda. In particolare, si cerca di chiarire se il trascinamento dell’ancora sia stato intenzionale o meno.
Questo e gli altri recenti avvenimenti nel Baltico ci hanno ricordato le caratteristiche di queste infrastrutture critiche: la rete internet non è astratta ma è fisica; questa dipende da un’infrastruttura poggiata su fondali marini spesso in acque internazionali; la flotta di navi per la riparazione dei cavi è limitata (meno di una ventina); di conseguenza, è necessaria la ridondanza, ribadita anche nel Comunicato congiunto di New York sulla sicurezza e la resilienza dei cavi sottomarini in un mondo globalmente digitalizzato, lanciato a settembre dagli Stati Uniti.
(Foto: Wikimedia Maps)