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La storia di Mohammad Abedini, il giovane iraniano-svizzero arrestato a Milano

Mohammad Abedini è accusato dagli Usa di aver fornito attrezzature per la produzione di droni utilizzati in Giordania per colpire un avamposto americano causando la morte di tre soldati. La sua sembra una delle tante storie di giovani mandati dal regime a “studiare” in Svizzera

Mohammad Abedini, il trentottenne iraniano-svizzero arrestato lunedì a Milano su richiesta delle autorità americane, potrebbe essere uno dei tanti giovani iraniani mandati in Svizzera a studiare. Alcuni vengono poi “attivati” da Teheran nel momento del bisogno. Altri, e sembrerebbe il caso di Abedini, partono già con una missione chiara.

L’uomo, a bordo di un volo di linea proveniente da Istanbul (città della Turchia, Paese particolarmente avanzato nella dronistica e ponte tra Europa e Medio Oriente) giunto lunedì alle ore 17:45 all’aeroporto di Milano-Malpensa, è stato fermato da personale della sezione antiterrorismo della Digos di Milano. La Polizia ha eseguito la perquisizione dei bagagli, sequestrando componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla giustizia statunitense, materiale documentale cartaceo, bancario/commerciale e tre device telefonici e informatici. L’uomo è stato poi condotto in stato di arresto presso il carcere di Busto Arsizio a disposizione della Corte d’appello di Milano, che oggi ha convalidato l’arresto disponendo la custodia cautelare in carcere.

È accusato di associazione per delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act, una legge federale statunitense che conferisce al presidente americano il potere di identificare qualunque minaccia abbia origine al di fuori del Paese. Inoltre, è accusato anche di aver fornito supporto materiale al Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Ircg/Pasdaran), un’organizzazione terroristica straniera, tramite la fornitura di componenti elettroniche per la costruzione di armi letali (droni). In particolare, l’individuo, il cui vero nome è Mohammad Abedininajafabadi, avrebbe fornito attrezzature utilizzate per produrre almeno uno dei droni impiegati nell’attacco contro l’avamposto americano Tower 22, in Giordania, compiuto da milizie sostenute dai Pasdaran, nel quale tre soldati statunitensi sono morti e oltre 40 sono rimasti feriti. Come anticipato ieri su Formiche.net, l’attività, svolta in collaborazione con le autorità americane, non ha, allo stato, rilevato aspetti di interesse per la sicurezza del territorio nazionale, si legge nella nota della Polizia di Stato.

Abedini si è laureato all’Università Sharif, il più prestigioso ateneo di Teheran per le materie Stem, tanto da essere soprannominato “il Mit dell’Iran”. Si tratta di un istituto sanzionato dall’Unione europea per i legami con il governo iraniano, in particolare con i Pasdaran (e con la loro aeronautica, anch’essa sotto sanzioni), per lo sviluppo di missili balistici. Nonostante le sanzioni, l’Ateneo ha ancora in essere – a proposito di sicurezza della ricerca! – due accordi con università italiane: uno di cinque anni con l’Università di Pisa (che scadrà a settembre dell’anno prossimo) e uno di sei anni con l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” (che scadrà a metà 2028).

Dopo la laurea, nel 2019, Abedini si è trasferito a Losanna, in Svizzera, per lavorare come postdoctoral researcher all’École polytechnique fédérale de Lausanne.

Nel frattempo, la società che ha fondato attorno al 2011 in Iran e che continua a guidare (San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co. – SDRA o SADRA) è cresciuta, sempre al fianco dei Pasdaran. Basti pensare che tra il 2021 e il 2022 circa il 99% delle vendite del sistema di navigazione Sepehr, utilizzato dai droni, è stato destinato all’aeronautica dei Pasdaran. Tuttavia, negli anni, le sanzioni americane sono diventate sempre più stringenti attorno ai Pasdaran.

Così, nel 2019, Abedini ha fondato in Svizzera la Illumove SA, una start-up registrata presso l’Innovation Park dell’École polytechnique fédérale de Lausanne. Nei documenti dell’FBI si legge che “un professore” suo amico avrebbe suggerito questa scelta. Alla luce delle sanzioni americane, gli avrebbe detto: “Devi spostare i tuoi affari. La Svizzera è una buona opzione”. La nuova società, infatti, sarebbe stata una copertura di quella iraniana, per continuare ad acquistare componentistica dagli Stati Uniti, in particolare da una società attiva nel settore dei semiconduttori con sede in Massachusetts (è stato arrestato anche Mohammad Sadeghi, 42 anni, un cittadino iraniano-statunitense residente in Massachusetts e dipendente di questa società). Inclusa quella necessaria per produrre almeno uno dei droni impiegati nell’attacco in Giordania. Inoltre, tramite la società svizzera, Abedini sarebbe stato in grado di fornire un supporto per ottenere i permessi di lavoro di altri membri della rete in Svizzera.

Come evidenziato ieri su queste pagine, l’arresto di Abedini in Italia e la richiesta di estradizione delle autorità americane hanno fatto alzare la guardia sulla situazione degli italiani e degli italo-iraniani in Iran e di quelli intenzionati a viaggiare nel Paese. Il timore è legato alla possibilità che il regime di Teheran reagisce prendendoli in ostaggio per mettere pressione all’Italia chiamata a decidere sull’estradizione negli Stati Uniti. Il trattato bilaterale prevede che la domanda di estradizione venga presentata entro 45 giorni dall’arresto, ovvero entro fine gennaio.

Contattato da Formiche.net, il dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ha spiegato che la policy nei casi di estradizione è generalmente quella del “no comment”.


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