Ecco la storia dell’Imperial Trans-Antarctic Expedition, l’esplorazione al Polo sud organizzata da Sir Ernest Henry Shackleton, uno dei principali protagonisti della cosiddetta “epoca eroica dell’esplorazione antartica”. L’impresa rimane fra le più epiche di ogni tempo
Durante il XIX secolo le maggiori potenze europee intrapresero delle grandi esplorazioni nelle terre più lontane e inospitali, tra cui le regioni polari che erano ancora poco conosciute. Tra queste regioni l’Antartide, il continente circostante il polo sud, era in gran parte inesplorato e perciò divenne meta di diverse spedizioni.
L’EPOCA EROICA DELL’ESPLORAZIONE ANTARTICA
Iniziò così l’”Epoca eroica dell’esplorazione antartica” che vide tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento numerose spedizioni scientifiche organizzate da diverse nazioni per perlustrare il continente.
ESPLORAZIONI EROICHE
Queste esplorazioni furono delle imprese a dir poco “eroiche” perché compiute da uomini che, disponendo solo di slitte trainate da cani, esploravano terre lontanissime completamente sconosciute, sopportando immani sacrifici e a volte morendo lungo il cammino.
LA PRIMA ESPLORAZIONE
Il primo esploratore che arrivò al Polo Sud fu il norvegese Roald Amundsen che, dopo aver raggiunto il continente a bordo della nave Fram, “Avanti” in norvegese, il 14 dicembre 1911 insieme a cinque membri della spedizione e con 16 cani raggiunse il Polo e lasciò una piccola tenda ed una lettera per rivendicare l’impresa e per testimoniare l’avvenimento. Ma questa è un’altra storia.
LA SPEDIZIONE DI SCOTT
L’avversario di Amundsen nella corsa al Polo Sud, Robert Falcon Scott, a capo della Spedizione Terra Nova, raggiunse il polo un mese dopo, ma nella marcia di rientro Scott e i suoi compagni di spedizione persero la vita. Ma anche questa è un’altra storia.
I viaggi di Amundsen e Scott, però, non furono gli ultimi dell’epoca eroica; Ernest Shackleton, un esploratore britannico di origine irlandese, che già aveva partecipato a precedenti missioni, iniziò a progettare una nuova spedizione.
ERNEST HENRY SHACKLETON
Nato nel 1874 ad Athy, in Irlanda, Ernest Henry Shackleton a sedici anni, dimostrando già un carattere indomito e avventuriero, si arruolò come mozzo sulla nave mercantile britannica Houghton Tower, fuggendo così dalla facoltà di medicina dove era stato iscritto dal padre. Dopo dieci anni passati tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano Shackleton capì che la marina mercantile non era per lui e decise di intraprendere la carriera di esploratore partecipando ad alcune spedizioni antartiche dalla Royal Geographical Society, tra cui la Discovery, sotto la guida di Robert Falcon Scott, e la Nimrod, per la quale ricevette il Cavalierato diventando Sir Ernest Shackleton.
DA MARE A MARE ATTRAVERSO L’ANTARTIDE
Ma Sheckleton puntava in alto e ideò una spedizione. Come scrisse successivamente nelle sue memorie, “dopo la conquista del Polo sud da parte di Amundsen restava una sola grande impresa dell’esplorazione antartica: l’attraversamento del continente bianco da mare a mare”.
GLI OBIETTIVI SCIENTIFICI DELLA SPEDIZIONE
Ma questa missione, oltre a rappresentare la prima spedizione che avrebbe attraversato il continente antartico con la conseguente scoperta dei territori sconosciuti, aveva anche degli obiettivi scientifici come lo studio della fauna terrestre e marina, studi geologici, rilevazioni meteorologiche e studi idrografici, tra cui la misurazione della profondità dei fondali marini attraversati.
IL PIANO DELLA SPEDIZIONE
La Imperial Trans-Antarctic Expedition, così fu chiamata la spedizione da Shackleton, prevedeva di arrivare con una nave alla Vahsel Bay e, una volta sbarcato con l’equipaggio e i cani da slitta, Shackleton sarebbe partito da lì per la traversata di 2.900 chilometri fino alla Barriera di Ross. Nel frattempo, un’altra spedizione, a bordo di un’altra imbarcazione, partendo proprio dalla barriera di Ross, avrebbe dovuto organizzare degli avamposti con provviste e materiali per il gruppo di Shackleton per rendere la traversata possibile.
I FINANZIAMENTI
La spedizione fu in gran parte finanziata privatamente, con donazioni raccolte principalmente dallo stesso Shackleton. Il governo britannico investì 10.000 sterline, la Royal Geographical Society contribuì con 1.000 sterline, ma il più grande investitore privato fu un magnate scozzese della juta, Sir James Caird, di Dundee, che investì 24.000 sterline. Una delle tre scialuppe di salvataggio dell’Endurance fu chiamata in suo onore, James Caird; lunga 7 metri questa scialuppa avrà un ruolo fondamentale nella storia.
LA ENDURANCE
Per la spedizione Shackleton acquistò due navi. Una era la Endurance, un’imbarcazione costruita a Sandefjord, in Norvegia, da Christensen, un famoso costruttore di navi per la caccia alle foche. Attrezzata a goletta, l’Endurance, aveva tre alberi a vela ed era dotata di una macchina a vapore a tripla espansione che le consentivano di raggiungere una velocità di nove-dieci nodi. La nave aveva una stazza di circa trecentocinquanta tonnellate ed era costruita con legno scelto di pino, di quercia e di bereru, un albero della Guyana il cui legno duro ed elastico veniva impiegato nel rivestimento delle navi destinate alla navigazione tra i ghiacci.
L’AURORA
L’altra nave, l’Aurora, che avrebbe trasportato la squadra del mar di Ross, era un’imbarcazione a vapore da 600 tonnellate, costruita nei cantieri di Dundee, in Scozia e che subì numerose modifiche per renderla adatta alla spedizione.
L’EQUIPAGGIO
Secondo la leggenda, Shackleton pubblicò un annuncio su un giornale di Londra, scrivendo: “Cercasi uomini per viaggio rischioso. Paga bassa, freddo glaciale, lunghe ore di completa oscurità. Incolumità e ritorno incerti. Onori e riconoscimenti in caso di successo”. Vero o falso che sia sull’Endurance salirono 27 uomini, più un clandestino, che divenne un cambusiere della nave, 69 cani. Tra questi c’erano: Franck Wild, secondo in comando della spedizione, e Frank Worsley, comandante dell’Endurance.
LO STAFF SCIENTIFICO
Lo staff scientifico a bordo dell’Endurance comprendeva due chirurghi, Alexander Macklin e James Mcllroy; un geologo, James Wordie; un biologo, Robert Clark; un fisico, Reginald W. James e Leonard Hussey, un meteorologo che alla fine avrebbe curato il resoconto della spedizione di Shackleton a sud. La documentazione visiva della spedizione era invece compito del fotografo Frank Hurley.
LA PARTENZA
L’Endurance partì da Plymouth il 9 agosto 1914 e fece una breve sosta a Buenos Aires, dal 9 ottobre 1914 al 26 ottobre, per poi raggiungere il 5 novembre 1914, Grytviken nella Georgia del Sud.
COME UNA MANDORLA NEL MEZZO DELLA CIOCCOLATA
Due giorni dopo aver lasciato la Georgia del Sud, l’Endurance entrò nel pack, l’insieme di grandi lastre di ghiaccio staccatesi dalla banchisa polare e galleggianti sul mare, che circondano il continente antartico. Per diverse settimane, la nave si fece strada tra questi ghiacci, procedendo con cautela verso sud, ma il 19 gennaio l’Endurance rimase incastrata nel pack: “La nostra posizione al mattino del 19 era lat. 76°34’S, long. 31°30’O. Il tempo era buono, ma era impossibile avanzare. Durante la notte il ghiaccio aveva circondato la nave e dal ponte non era possibile vedere mare libero”, scrisse Shackleton nel suo diario di bordo. Così, l’Endurance rimase intrappolata o, meglio, nelle parole di uno dell’equipaggio, Thomas Orde-Lees, “congelata come una mandorla nel mezzo di una barretta di cioccolato“. Shackleton così accettò l’inevitabile e ordinò all’equipaggio di iniziare i preparativi per affrontare l’inverno.
L’ABBANDONO
Per tutto l’anno l’Endurance rimase intrappolata mentre l’equipaggio resisteva al meglio delle sue capacità all’inospitalità del luogo, fino a che il ghiaccio antartico iniziò a vincere la sua battaglia contro la nave. Il 4 ottobre 1915, lo scafo della nave iniziò a piegarsi e scheggiarsi e quando le travi si ruppero sotto la pressione, produssero un rumore che l’equipaggio avrebbe poi descritto come il suono di “fuochi d’artificio pesanti” e “lo scoppio di cannoni “. Tre giorni dopo Shackleton diede l’ordine di “abbandonare la nave” e prepararsi per una lunga traversata sul ghiaccio. Shackleton scrisse: “Siamo stati costretti ad abbandonare la nave, che è schiacciata oltre ogni speranza di essere mai raddrizzata, siamo vivi e vegeti e abbiamo provviste e attrezzature per il compito che ci attende. Il compito è raggiungere la terraferma con tutti i membri della spedizione. È difficile scrivere ciò che provo“.
OCEAN CAMP
Dopo aver abbandonato l’Endurance, Shackleton trasferì l’equipaggio sulla banchisa in un accampamento d’emergenza chiamato “Ocean Camp” dove gli uomini rimasero fino al 29 dicembre. I membri della spedizione riuscirono poi a recuperare molti equipaggiamenti nella nave, tra cui le fotografie, i film e le macchine fotografiche appartenenti al fotografo ufficiale della spedizione, Frank Hurley.
L’AFFONDAMENTO
Il canto del cigno dell’Endurance giunse il 21 novembre 1915, quando l’equipaggio la vide scivolare sotto il ghiaccio, nelle profondità del Mare di Weddell. La sua ultima posizione fu calcolata apprensivamente dal suo capitano, Frank Worsley, nel suo diario alle coordinate 68°39′30″ S, 52°26′30″ W.
PATIENCE CAMP
Successivamente l’equipaggio dell’Endurance, a causa delle continue crepe nel ghiaccio, si spostò su un altro lastrone di banchisa che fu chiamato “Patience Camp”, portandosi dietro le tre scialuppe di salvataggio e tutto il materiale rimasto che vi riuscirono a caricare.
DI NUOVO IN MARE
Dopo tre mesi passati a Patience Camp, nell’aprile 1916 gli uomini si accorsero che nuovamente il ghiaccio delle banchina si sta frantumando, perciò salirono a bordo delle tre scialuppe. Questa volta però Shackleton, date le precedenti esperienze sui lastroni di ghiaccio, decise di rischiare il tutto per tutto e provare a raggiungere l’Isola Desolation, a circa 160 miglia dalla loro posizione; le altre possibili destinazioni erano due isole più vicine, Elephant e Clarence.
L’ISOLA DI ELEPHANT
Ma una volta salpati, il viaggio divenne un incubo perché oltre ad ed essere costantemente bagnati, i membri dell’equipaggio erano impossibilitati ad accendere il fuoco per scaldarsi, cucinare e sciogliere il ghiaccio per dissetarsi. Shackleton capì quindi di non avere altra scelta e dovette raggiungere l’isola più vicina, Elephant, quasi completamente ricoperta di neve, ghiaccio e rocce. Era il 14 aprile del 1916. Appena approdato sull’isola Shackleton capì che, data l’inospitalità del luogo, non era il posto ideale per attendere i soccorsi e quindi decise che bisognava ripartire subito per la Georgia del Sud, un arcipelago distante circa 300 chilometri dalle isole Falkland, all’epoca base di una flotta di baleniere.
IL VIAGGIO DELLA JAMES CAIRD
Si trattava di una decisione folle: navigare per oltre 1500 chilometri in un tratto di oceano conosciuto per essere tra le zone più tempestose del mondo a bordo della James Caird, una delle scialuppe salvate dal naufragio dell’Endurance lunga sette metri, a cui furono alzati i bordi, rinforzata la chiglia e costruito un ponte improvvisato in legno e tessuto intriso d’olio e sangue di foca per renderlo impermeabile. Il 24 aprile 1916 Shackleton e altri 5 uomini presero il mare in un viaggio che a tutt’oggi resta uno dei più temerari viaggi marittimi mai effettuati considerato che le moderne stazioni meteorologiche installate nel Canale di Drake registrano venti, i cosiddetti “Cinquanta urlanti”, da 60 a 70 km/h e onde di oltre sette metri in media per 200 giorni all’anno.
TERRA IN VISTA
Dopo 15 estenuanti giorni di navigazione, il 9 maggio 1916, l’equipaggio avvistò alcune isole della Georgia del Sud ma una tempesta li costrinse a lottare nove ore per potersi avvicinare a terra, che toccarono alle prime luci del 10 maggio.
A PIEDI LUNGO LA GEORGIA DEL SUD
Ma l’epopea di Shackleton non finì qui. Per uno scherzo del destino erano approdati sul versante opposto dell’isola rispetto a dove erano le baleniere; riprendere il mare e circumnavigare l’isola era impossibile perché i venti dominanti avrebbero reso il viaggio ad alto rischio di naufragio. Shackleton decise così di attraversare l’isola, praticamente inesplorata e solcata da montagne perennemente innevate e da ghiacciai, a piedi.
VITI NEGLI SCARPONI
Il 19 maggio 1916, dopo aver lasciato i tre membri più stanchi, Shackleton e altri due membri dell’equipaggio si avviarono per raggiungere le baleniere. Privi di una tenda e di sacchi a pelo, utilizzando delle viti fissate alle suole degli scarponi, gli uomini percorsero in sole 36 ore gli oltre trenta chilometri che separano il loro punto di sbarco dalle baleniere. Il 20 maggio raggiunsero finalmente la stazione dove furono accolti dagli increduli balenieri.
IL SALVATAGGIO
Appena fu in salvo nella Georgia del Sud, Shackleton iniziò ad organizzare la spedizione di soccorso per recuperare gli uomini rimasti sull’isola Elephant, che fu difficile da organizzare dato che il Regno Unito era impegnato nella Prima Guerra Mondiale. Solamente il 30 agosto, quattro mesi dopo la partenza dall’Isola di Elephant, Shackleton riuscì a raggiungere tutti i ventidue naufraghi a bordo di una nave militare cilena, la Yelcho.
L’ALTRO SALVATAGGIO
Una volta recuperato l’equipaggio dell’Endurance, Shackleton si mise sulle tracce dell’altra nave della spedizione, l’Aurora. Anche questa, come l’altra, era rimasa intrappolata a lungo nel ghiaccio, salvo poi, dopo essere stata liberata nel marzo 1916, fare ritorno a Dunedin, in Nuova Zelanda, per essere riparata dei danni riportati. Dopo aver portato in salvo gli uomini rimasti sull’isola Elephant, Ernest Shackleton andò in Nuova Zelanda per avere notizie sulla spedizione. Informato che il gruppo del mare di Ross era ancora in Antartide, partì a bordo dell’Aurora, nel frattempo riparata, per salvare gli altri uomini. La nave arrivò il 10 gennaio 1917 a capo Evans dove i sette sopravvissuti dei 10 membri del gruppo furono recuperati e trasportati fino a Wellington.
LA SPEDIZIONE QUEST
Alla fine del 1920 Shackleton, dopo aver raggiunto la fama mondiale con la Imperial Trans-Antarctic Expedition nonostante il fallimento, tentò la fortuna con la nuova Spedizione Quest. Partì il 17 settembre 1921 da Londra, salutato da una folla esultante, con molti dei partecipanti alla precedente spedizione Endurance. Accadde però che a Grytviken, nella Georgia del Sud, mentre aspettavano favorevoli condizioni meteorologiche per la partenza, Shackleton ebbe un forte attacco cardiaco e morì la notte del 5 gennaio 1922. La moglie Emily dette disposizioni affinché venisse sepolto nella Georgia del Sud nel cimitero dei pescatori di Grytviken.
IL DOCUFILM
Nel 1919 Frank Hurley, il fotografo ufficiale della spedizione, con le fotografie scattate durante la spedizione realizzò il documentario South: Sir Ernest Shackleton’s Glorious Epic of the Antarctic, considerato uno dei migliori documentari del mondo.
LA JAMES CAIRD
La James Caird fu riportata dall’Antartide in Inghilterra nel 1919, a bordo della baleniera Woodville, e fu inizialmente esposta nei giardini del Middlesex Hospital e poi sul tetto del grande magazzino Selfridges. Nel 1922 fu donata al Dulwich College da John Quiller Rowett, un amico di scuola di Shackleton e sponsor della sua ultima spedizione Quest, dove è stata restaurata ed attualmente conservata.
IL RITROVAMENTO NEL 2022
Nel 2022, dopo ben 107 anni dall’affondamento, una squadra di archeologi subacquei della Falklands Maritime Heritage Trust , un’organizzazione benefica che si dedica a preservare la storia marittima delle isole Falkland, ha localizzato il relitto dell’Endurance. La spedizione di ricerca denominata Endurance22, a bordo della nave rompighiaccio S.A. Agulhas II, ha localizzato il vascello scomparso mediante l’uso di un minisottomarino a 3.008 metri di profondità in condizioni straordinariamente buone.
IL MODELLINO LEGO
Nel mese di novembre 2024 la Lego, storica azienda danese dei mattoncini assemblabili, per onorare l’impresa dell’Endurance ha ufficialmente presentato il nuovo set LEGO Icons Endurance, che riproduce nei minimi dettagli la famosa nave dell’esploratore Ernest Shackleton in 3.011 pezzi.
Per chi volesse approfondire la vicenda della Imperial Trans-Antarctic Expedition può leggere il libro scritto dallo stesso Ernest Shackleton sulla sua vicenda “Sud. La spedizione dell’Endurance”.