Il nuovo premier francese è Francois Bayrou, 73 anni, presidente del MoDem, principale partito di centro. Nel 2007 la rivista Formiche, in occasione della sua candidatura alle presidenziali, ospitò l’intervento di Giovanna Pancheri che ne delineava le sfumature. Ecco il ritratto di allora
“Seguite François Bayrou, sarà Presidente”. Questo il pronostico fatto da François Mitterand nel 1995. Allora Bayrou era ministro dell’Educazione con un governo di destra ed aveva da poco superato le contestazioni per alcune misure da lui adottate a favore delle scuole private. Oggi a più di 10 anni di distanza, il politico abituato ad essere sempre ai margini delle grandi sfide elettorali è diventato Mensieur terzo incomodo. Nella Francia divisa tra la “Marianne” Segolène Royal e il “Napoleone” Nicolas Sarkozy, spunta a sorpresa il centrista leader dell’Unione per la Democrazia Francese: l’uomo che vuole porre fine al bipolarismo esasperato per creare un governo di unità nazionale, capace, a suo dire, di dare risposta alle vere esigenze dei francesi senza derive ideologiche. Bayrou nasce 55 anni fa a Bordères, nei Pirenei dove aiuta la madre nell’azienda agricola di famiglia e studia per diventare professore di lettere. Sposato con Elisabeth da quando aveva vent’anni e padre di sei figli, si avvicina alla politica dopo l’Università e a trentaquattro anni diventa deputato nazionale con l’UDF.
Esperto storico è anche allevatore di cavalli, fervente cattolico, ma difensore della laicità, un candidato quindi sempre nel mezzo che attira consensi nella Francia rurale così come tra i borghesi parigini. Dopo l’indigestione mediatica di Ségo e Sarko, i francesi stanno riscoprendo la figura rassicurante di Bayrou che viaggia in treno e guida il trattore e che denuncia l’eccessiva militanza dei mezzi di comunicazione francese. Fu proprio il suo J’accuse contro la faziosità di tv e giornali in campagna elettorale, pronunciato alla fine della scorsa estate a svelare il nuovo piglio del terzo uomo in corsa per l’Eliseo.
Il candidato centrista, che alle elezioni presidenziali del 2002 aveva portato a casa solo il 7% dei consensi, questa volta si propone con forza come guida dei senza bandiera, gli elettori che allo scontro preferiscono la conciliazione. A suo modello, Bayrou eleva la figura di Enrico IV su cui ha scritto anche un libro. Il re alla fine del ‘500 pose fine alla guerra di religione in Francia. “Parigi val bene una messa!”, era solito esclamare il sovrano che per governare si convertì al cattolicesimo.
Così Bayrou, che nasce come uomo di centrodestra, durante gli anni di Chirac all’Eliseo, nonostante le lusinghe del partito del Presidente, non si è mai unito allo schieramento dell’UMP, votando spesso contro il governo insieme ai socialisti.
Per la Francia lui ha un Projet d’Espoir (dal titolo del libro che racchiude il suo programma), un progetto di speranza, che guarda verso l’Europa e le grandi riforme strutturali dello stato sociale e del mercato del lavoro, possibili solo se si scardina la dicotomia ormai superata tra destra e sinistra.
Nel libro scrive: “I partiti dividono, ma i valori uniscono” e su questa base Bayrou ha costruito il suo programma. Europeista convinto, vuole rilanciare il Trattato costituzionale dell’Ue e farlo approvare dagli elettori con un nuovo referendum. Amico personale di Jean Claude Trichet, ha sempre mostrato rispetto per l’operato della Banca centrale europea. Secondo lui i disagi economici del paese si fondano sulla cattiva gestione delle finanze pubbliche. Parigi spende troppo e per risanare le casse dello stato saranno necessari tagli alle spese ed una rigorosa politica di bilancio. Costo totale del progetto: 21 miliardi di euro, 10 in meno di quelli previsti nei programmi di Sarkozy e della Royal per rilanciare il paese. Un risparmio allettante che ha contribuito a farlo lievitare nei sondaggi fino a raggiungere la Royal.
A sinistra in molti hanno iniziato a temere questo rivoluzionario tranquillo e per arginare il fenomeno la candidata socialista ha chiamato a sé i vecchi leoni del partito. Da Lionel Jospin a Laurent Fabius, da Dominique Strass-Khan a Jacques Delors, tutte le anime del PS insieme per sostenere Madame la candidate. Con Bayrou però non si è cercato lo scontro frontale. I socialisti hanno soprattutto insistito sull’incapacità del Presidente dell’UDF di avere una maggioranza indipendente in Parlamento per governare. Da qui spiegati i tentativi di Segolène Royal di sedurre gli elettori conservatori nelle ultime settimane di campagna elettorale, tramite, ad esempio, un inedito orgoglio nazionalista che ha portato la candidata socialista a riscoprirsi devota del tricolore e della Marsigliese. Sempre sul filo dell’identità nazionale si è giocata anche la partita di Nicolas Sarkozy.
Il leader dell’Ump si è visto sfilare dalla campagna dell’UDF l’elettorato moderato e inevitabilmente ha puntato a destra verso i sostenitori del Front Nazionale, il partito di Jean Marie Le Pen. Mentre Bayrou predicava l’integrazione e l’apertura delle frontiere mitigata da politiche di sostegno verso i paesi d’origine degli immigrati, Sarkozy ha proposto la creazione di un Ministero per l’immigrazione e l’identità nazionale. Una misura che ha imbarazzato anche Simone Veil, neoacquisto della scuderia di Sarkozy. La Veil, ex Presidente del Parlamento europeo, già ministro della sanità e artefice della depenalizzazione dell’aborto, scampata da ragazza ai campi di sterminio nazista ha, infatti, lasciato circa un mese prima del voto il partito di Bayrou per sostenere il candidato dell’Ump.
Nonostante i tentativi di entrambe gli schieramenti per arginare l’avanzata del Presidente dell’Udf, il fenomeno Bayrou resta comunque un’inaspettata novità che mette in discussione il bipolarismo francese. Di certo il consenso attorno al leader centrista apre una riflessione all’interno del partito socialista che già nel 2002 aveva perso il treno delle presidenziali non riuscendo ad affermare il proprio candidato, Lionel Jospin per il secondo turno. Inoltre, viene da domandarsi quale sia il futuro nel paese per la logica degli schieramenti contrapposti.
Dopo la Germania, anche la Francia si riscopre affascinata dalla possibilità di un governo trasversale. Il modello della Grosse Koalition tedesca, infatti, sembra allettare Bayrou che, consapevole della debolezza del suo partito propone un esecutivo con esponenti di entrambi i poli. Anche dal punto di vista della comunicazione politica, il terzo uomo Bayrou ha sconvolto schemi che sembravano ormai acquisiti. La sua campagna l’ha portata avanti alla vecchia maniera: con i comizi nei villaggi della provincia francese, le partecipazioni alle fiere rurali e investimenti mediatici notevolmente ridotti rispetto ai suoi due rivali. Eppure, questo signore poco charmant, che non riesce a far palpitare i cuori, è uscito dall’ombra. In Italia sono molti i suoi ammiratori. Tra questi, il leader della Margherita Francesco Rutelli, che con Bayrou ha fondato nel 2004 il partito democratico europeo in cui vorrebbe far confluire il futuro partito democratico italiano. Ma anche il Presidente del Consiglio Romano Prodi non ha mai nascosto la sua stima verso il politico francese con cui è amico da molti anni.
E nel centrodestra? Visto che l’elettorato dell’UDF è tradizionalmente conservatore nessuno considera il candidato centrista un pericolo.
Né di qua, né di là: la terza via di Bayrou passa al centro.