Chen Jinping, 60 anni, ha ammesso di aver agito come agente non registrato del governo cinese, gestendo una “stazione di polizia” clandestina a New York. Questa struttura, apparentemente una Ong, sarebbe stata utilizzata per intimidire dissidenti cinesi e sopprimere critiche al regime di Pechino
Ieri, davanti a un tribunale federale di Brooklyn, Chen Jinping, 60 anni, si è dichiarato colpevole di aver agito come agente non registrato del governo cinese. L’uomo è accusato di aver gestito, insieme al coimputato Lu Jianwang, una “stazione di polizia” clandestina nel cuore di Chinatown, a Manhattan. Questa struttura sarebbe stata utilizzata per esercitare pressioni sui dissidenti cinesi e reprimere le critiche al regime di Pechino.
Cambiare posizione
Chen, arrestato nell’aprile 2023, inizialmente si era dichiarato non colpevole, ma ha cambiato posizione in tribunale, ammettendo di aver collaborato con altri per agire come agente del governo cinese senza essere registrato, come richiesto dalla legge statunitense. La sentenza è prevista per il 30 maggio 2025. L’uomo rischia fino a cinque anni di carcere.
Il ruolo della stazione clandestina
Secondo i documenti giudiziari, la “stazione di polizia” era ufficialmente presentata come una sede di una Ong destinata a fornire servizi sociali per i membri della comunità cinese. Tuttavia, le indagini hanno rivelato che l’organizzazione agiva sotto la direzione del ministero della Pubblica sicurezza cinese, con compiti che includevano il monitoraggio e le intimidazioni verso dissidenti e attivisti pro-democrazia. Un esempio eclatante delle attività della stazione riguarda l’ordine ricevuto da Chen di rimuovere un articolo critico pubblicato online nel 2022. L’articolo denunciava l’esistenza della stazione clandestina, e Chen è riuscito a farlo eliminare contattando l’operatore del sito web. Inoltre, gli investigatori hanno scoperto comunicazioni tra Chen, Lu e funzionari cinesi che confermano il coinvolgimento diretto delle autorità di Pechino.
Il rapporto di Safeguard Defenders
Le attività della stazione sono state rivelate da un rapporto dell’organizzazione spagnola Safeguard Defenders, che ha documentato l’esistenza di oltre 100 stazioni in tutto il mondo (Italia compresa). Queste strutture, secondo il rapporto, operano al di fuori della legalità locale e sono utilizzate per monitorare e intimidire cittadini cinesi all’estero, spesso costringendoli a tornare in patria. Il caso di Chen e Lu rappresenta la prima incriminazione penale negli Stati Uniti legata a queste stazioni. Le autorità statunitensi hanno intensificato gli sforzi per contrastare quella che definiscono “repressione transnazionale” da parte di paesi come Cina e Iran, con l’obiettivo di proteggere i diritti dei residenti e dei cittadini statunitensi.
Le reazioni internazionali
Le rivelazioni sulle stazioni clandestine hanno suscitato preoccupazioni a livello globale. Paesi come Irlanda, Canada e Paesi Bassi hanno chiesto alla Cina di chiudere strutture simili nei loro territori. Tuttavia, Pechino continua a negare qualsiasi attività illecita, sostenendo che tali centri siano gestiti da volontari locali e offrano semplicemente servizi amministrativi, come il rinnovo di documenti.