Il cavo elettrico EstLink 2 e tre cavi di comunicazione tra Finlandia ed Estonia sono stati danneggiati il giorno di Natale, in quella che appare come un’azione coordinata e pianificata. I sospetti si concentrano sulla petroliera Eagle S, parte della “flotta ombra” russa. L’episodio evidenzia la vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine europee e l’evoluzione di una guerra ibrida russa che potrebbe estendersi ad altri mari strategici. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale, Sioi
Un nuovo possibile atto di sabotaggio nel Mar Baltico ha riacceso i riflettori sulla vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine critiche.
Il 25 dicembre 2024, alle 12:26 ora locale, il cavo elettrico sottomarino EstLink 2, che collega Finlandia ed Estonia, è stato misteriosamente danneggiato insieme a tre cavi di comunicazione nella stessa area, suggerendo un’azione coordinata.
Al centro dell’indagine c’è la petroliera Eagle S, battente bandiera delle Isole Cook e considerata parte della “flotta ombra” russa. I dati di tracciamento marittimo hanno rivelato che la nave ha significativamente rallentato proprio in corrispondenza del punto del danneggiamento. La Eagle S, in viaggio da San Pietroburgo verso l’Egitto, è stata successivamente scortata dalla Guardia Costiera finlandese al largo di Porkkala, dove le autorità stanno conducendo accertamenti.
Secondo Lloyd’s List, autorevole pubblicazione britannica sul traffico marittimo, la Eagle S appartiene alla cosiddetta “flotta ombra”: navi con più di 15 anni di servizio, dal proprietario effettivo sconosciuto, utilizzate per trasportare petrolio da paesi sotto sanzioni. Di proprietà della compagnia Caravella degli Emirati Arabi Uniti, era stata già segnalata a luglio come potenziale rischio per la sicurezza e l’ambiente a causa delle sue condizioni precarie.
Il danno ha interrotto una connessione elettrica con capacità di 1.000 megawatt, lasciando operativo solo EstLink 1 con i suoi 350 megawatt. Le autorità finlandesi hanno confermato che la sezione danneggiata si trova sul lato finlandese del cavo sottomarino. Sebbene il primo ministro finlandese Petteri Orpo abbia assicurato che l’incidente non influisce sulle forniture di elettricità per i cittadini, le riparazioni potrebbero richiedere fino a sette mesi.
Inizialmente, i sospetti si erano concentrati anche sulla nave Xin Xin Tian 2, battente bandiera di Hong Kong, gemella della Newnew Polar Bear che l’anno scorso aveva causato la perdita del gasdotto Balticconnector e il danneggiamento del cavo dati tra Finlandia e Svezia. La Xin Xin Tian 2 appartiene alla compagnia di navigazione Hainan Yangpu, parte del gruppo Torgmoll, una società di logistica cinese con stretti legami con la Russia.
Per quanto riguarda i cavi di comunicazione, due appartengono al gruppo Elisa e uno a CITIC Telecom. Le aziende hanno assicurato che le interruzioni non avranno un impatto evidente sugli utenti finali grazie ai sistemi di ridondanza: se i cavi sottomarini si rompono, è possibile utilizzare collegamenti alternativi o cavi terrestri diretti in Lettonia per garantire la connettività transfrontaliera.
Questo episodio, che si aggiunge ad altri simili incidenti nella regione baltica, rappresenta un esempio perfetto di guerra ibrida moderna: azioni condotte con mezzi apparentemente civili, difficilmente attribuibili a specifici attori statali, ma capaci di provocare significativi danni alle infrastrutture critiche. La tecnica evidenzia la vulnerabilità delle società moderne, sempre più dipendenti da reti di comunicazione e approvvigionamento energetico interconnesse.
La sfida per l’Occidente è ora duplice: proteggere le infrastrutture critiche da attacchi sempre più sofisticati e sviluppare strategie di deterrenza efficaci. La risposta richiede un rafforzamento della collaborazione tra alleati, lo sviluppo di nuove tecnologie di monitoraggio e la creazione di un quadro normativo internazionale più robusto per prevenire e rispondere a questi incidenti.
L’episodio del Mar Baltico dimostra come la guerra moderna si combatta sempre più spesso nell’ombra, mirando a obiettivi strategici senza ricorrere al confronto militare diretto. La protezione delle infrastrutture sottomarine diventa quindi una priorità che richiede un approccio multidimensionale: sistemi di sorveglianza avanzati, cooperazione internazionale e capacità di risposta rapida per garantire la sicurezza delle reti che sostengono la nostra vita quotidiana.
Le parole dell’ex ministro degli Esteri lituano, Linas Linkevicius, riassumono efficacemente la situazione: “La Russia ha investito 10 miliardi di dollari per costruire la sua ‘flotta ombra’ apparentemente non solo per eludere le sanzioni. Troppe coincidenze con le comunicazioni interrotte e i cavi elettrici danneggiati. Non dobbiamo ‘cercare cooperazione’ nel controllare certe navi, ma semplicemente vietare le loro attività nel Mar Baltico”.