Un romanzo noir ambientato in Brasile, nella foresta amazzonica, in un mondo dove i confini sono sfumati, anche quelli fra bene e male. Finalista al premio Scerbanenco, “Meccanica di un addio” (Marsilio), è l’esordio alla scrittura del bioingegnere Carlo Calabrò
Finalista al premio Scerbanenco, “Meccanica di un addio” (Marsilio), è l’esordio alla scrittura del bioingegnere Carlo Calabrò.
Un romanzo noir ambientato in Brasile, nella foresta amazzonica, in un mondo dove i confini sono sfumati, anche quelli fra bene e male.
In una periferia dimenticata, dove coesistono corruzione, indifferenza, strafottenza, prevaricazione, ma anche il senso di una vita più semplice, più leggera e quasi più umana, si trasferisce l’ingegnere Florian Kaufmann dalla Svizzera e da un sicuro lavoro in banca per occuparsi di legno pregiato appunto in Brasile. Un obiettivo utopico quello di fare impresa mettendo al centro l’ecologia e scelte etiche?
Fin dall’inizio del romanzo il lettore comprende che le premesse stanno per essere ribaltate, in un mix di sviluppi imprevedibili, indagini, piccoli e grandi inganni e dubbi morali.
Un romanzo, questo di Calabrò, che mescola reportage e fiction, avendo lui stesso lavorato a San Paolo di Brasile e conoscendo bene la realtà imprenditoriale del luogo. Con toni ironici e dialoghi distaccati che rendono bene il pragmatismo, quasi cinico a volte, che pervade i protagonisti, abituati a schivare le insidie della vita, come anche a cavalcarle.
Un thriller che varca il confine del lecito e dell’illecito, facendoci entrare nella psicologia dei personaggi. E permettendoci anche di giocare agli stessi giochi scorretti con le stesse armi. Anche se impensabile in altre circostanze.
Ma in fondo se si è disposti ad abbandonare tutto il passato per una nuova vita, forse si hanno anche gli strumenti per gestire e affrontare ciò che non avremmo mai pensato di dover vivere.