La grande frenata dell’economia verde. Si rende necessario toccare con mano come nella vita quotidiana la sostenibilità incide sulla crescita delle comunità di cittadini. Gradualità, misure eque e solidali senza lasciare nessuno indietro. Il banco di prova per una soluzione è sempre quello con la realtà. L’opinione di Maurizio Guandalini
Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini. Una road map che tiene conto soprattutto delle ricadute sociali. L’inflazione, gli alti tassi, i timori per la dipendenza dalla Cina hanno portato in primo piano i rischi e i costi della transizione ecologica che deve essere sostenibile dal punto di vista economico, sociale e geopolitico.
La discussione sull’auto elettrica ha dimostrato i limiti del cammino dell’economia verde e dei rigori ideologici dell’Unione europea che stanno per essere riconsiderati. Ci vuole un nuovo modello di sviluppo e di crescita attraverso una economia partecipativa. I piccoli correttivi non servono. Occorre una rinascita valoriale. Il bene comune, il benessere condiviso. Quella che Carlo Petrini chiama la saggezza contadina dei saperi secolari che insieme alla scienza potranno fronteggiare scenari di geoeconomia e geopolitica popolati da squali, i decisori finali della rivoluzione energetica, impegnati a duellare per il controllo delle materie prime e delle risorse del sottosuolo. Il 12 dicembre si è svolto l’European Colloquium, organizzato da Istud Business School, la più antica business school privata italiana, insieme e Cottino Social Impact Campus di Torino. L’occasione si è rivelata propizia per parlarne con alcuni relatori che hanno partecipato al workshop.
L’economia verde gode buona salute?
“La transizione ecologica”, spiega Marella Caramazza, direttore generale Istud Business School e Board Member Cottino Social Impact Campus, direttore strategie del Cevis, Centro di competenze per la valutazione e la misurazione dell’impatto, “non è solo una questione ambientale ma è intrinsecamente legata a come viviamo, lavoriamo e connettiamo come comunità. Ed è essenziale gestire attentamente questa transizione per evitare che le comunità più vulnerabili ne subiscano le conseguenze negative. Possiamo iniziare a monitorare alcuni dati.
1) Salute delle comunità;
2) Accesso a innovazioni green e fonti di energia rinnovabile;
3) Economia circolare;
4) Diversità e inclusione;
Quindi è del tutto lecito in una fase congiunturale caratterizzata da una preoccupazione diffusa dell’opinione pubblica, alimentata dalla progressiva perdita di competitività dell’industria europea e dagli effetti delle interminabili crisi internazionali e dalla fine della pandemia, chiedersi se la transizione ecologica sta rallentando. “Sottovalutare la crisi climatica non farebbe che limitare le possibilità di sviluppo economico futuro”. Ne è convinto il professore Valentino Piana, direttore economics Web Institute e Senior Climate Strategist dell’European Network of Living Labs. Ed “è atteso il recepimento negli Stati Membri, entro il 2026”.
Né catastrofisti, né negazionisti
La parola crisi è ricorrente. “Il termine”, lo insegna il professor Andrea Farinet docente di Economia e Gestione delle imprese della Liuc-Università Cattaneo, “viene etimologicamente dal verbo greco krinomai e significa decidere. Dobbiamo decidere, scegliere un nuovo tipo di progresso economico e sociale, pensare e sperimentare architetture dove esseri umani e ambiente convivono in equilibrio. In uno scenario come quello attuale l’approccio socialing è probabilmente l’unico che va veramente incontro alle reali necessità degli individui che vogliono sentirsi compresi, che sono alla ricerca di un confronto autentico e che sempre di più sentono il bisogno di condividere esigenze e difficoltà oggettive. Una terza via né catastrofista né negazionista. Consumatori e lavoratori sono prima di tutto persone, non devono essere viste come fattori produttivi per una qualsivoglia performance economica delle imprese”.
Un progetto sostenibile non è altro che un co-creato hub di persone, economia e scienza. Lo pensa Massimiliano Braghin, presidente e co-founder di Infinityhub Benefit, che ha scritto anche per il libro La Transizione Ecologica (raccontata da chi la fa). “Tutto è collegato. Azioni nativamente sostenibili nelle tre accezioni di sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Quando tutti sono integrati fin dall’inizio, tutti partecipano al capitale. La partecipazione di tutti ai valori e alla distribuzione del valore garantisce una risposta positiva diffusa. Chi si muove prima avrà sicuramente dei vantaggi. Si apre una dimensione collaborativa che va oltre il classico rapporto di chi vende e di chi compra, superando quella metaforica barriera che divide il tavolo delle trattative”.
Per questo un dettaglio non trascurabile è la formazione e la conoscenza. Education prima del business. Dalle scuole medie. Dai giovani studenti. “Nel 2023”, commenta Eliana Baruffi country communications manager di Abb, abbiamo coinvolto ventimila ragazzi e ragazze, Spieghiamo loro come la tecnologia possa aiutare la sostenibilità e di come ciascun professionista può portare il suo contributo. Per noi progresso sociale significa, oltre che salute e sicurezza per i nostri lavoratori, impegno per una società più inclusiva e motivata”.
Riciclare, riscaldare, risparmiare e non inquinare
È quel sentiment che ritroviamo anche quando si parla di economia circolare costituita da atti concreti delle comunità dove la valutazione dell’impatto sociale è quotidianità. Un esempio arriva da Roberto Sancinelli, presidente di Montello, il più grande centro di riciclo di plastica e umido a livello europeo. La plastica si trasforma in minuscoli granuli che possono essere riutilizzati per tutto. L’organico invece è trasformato in energia elettrica e termica, in biometano e fertilizzante organico, mentre l’anidride carbonica viene reimmessa nel ciclo industriale anche per trasformare in gassata l’acqua minerale.
“Se vogliamo limitare il consumo di materie prime fossili c’è solo una opzione”, precisa Sancinelli, “ovvero riciclare. Entro il 2050 la plastica vergine aumenterà del 3-3,5% e questo significa che in trent’anni raddoppieremo la quantità di plastica che circolerà nel pianeta”. Il riciclo ha similitudini anche nel giro “riscaldare, risparmiare e non inquinare”. Purtroppo “la penetrazione delle rinnovabili non emissive va fatta adottando soluzioni meditate affrancate da inutili contrapposizioni”, spiega Riccardo Bani, presidente di Teon, “nel settore termico che pesa per il 65% dei consumi finali in energia, in Italia è solo del 6%”. E se prima di pensare alle auto elettriche si metteva mano al cambio delle vecchie caldaie con le pompe di calore? I risparmi di spesa sarebbero dal 40 al 70% con emissioni azzerate. “Consentirebbe”, conclude Bani, “di perseguire importanti benefici a livello di famiglie e imprese (minore spesa energetica e incremento di valore degli immobili), di ambiente (migliore qualità dell’aria, minori costi sanitari) e di sistema (rafforzamento dell’indipendenza energetica)”.