La Cina vuole avviare un’indagine antitrust che parte dall’acquisizione da parte di Nvidia della società Mellanox. Una mossa che arriva a pochi giorni dalla nuova stretta sui chip da parte degli Stati Uniti. Alessandro Aresu racconta da dove nasce la vicenda e che implicazioni ha
La recente indagine dell’antitrust cinese su Nvidia ha ricevuto giustamente grande attenzione, perché tocca alcuni dei nodi fondamentali del nostro tempo tra politica e mercato, nel capitalismo politico.
La vicenda inizia grazie alla fondamentale acquisizione della storia di Nvidia, per circa 7 miliardi di dollari: Mellanox, la società israeliana fondata da Eyal Waldman di cui parlo a lungo nel mio libro “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”. Grazie a quest’acquisizione, Israele è divenuto il secondo Paese per numero di dipendenti di Nvidia e le giornate della Cfo di Nvidia, Colette Kress, iniziano con le riunioni col management israeliano. Dal punto di vista commerciale, siccome Nvidia – come ormai dovrebbe essere chiaro a tutti – non vende un “chip” ma “sistemi” sempre più evoluti e costosi, Mellanox ha un ruolo essenziale per il miglioramento dell’offerta e il potere di mercato dell’azienda guidata da Jensen Huang.
L’annuncio dell’acquisizione di Mellanox è di inizio 2019, quando Nvidia – che ha già subito una forte correzione per la bolla crypto – comunica ricavi inferiori alle aspettative. L’azienda attraversa un momento di relativa difficoltà. Nell’acquisizione di Mellanox, Nvidia grazie al rapporto che si è già creato tra Jensen Huang e Eyal Wadlman batte Intel, campione statunitense radicato in Israele fin dagli anni ’70 – e prepara la sua irresistibile ascesa nel mercato dei data center, che porta ai nostri tempi a 100 miliardi di ricavi e a profitti record.
Quando avviene tutto questo? Nel bel mezzo della “guerra commerciale” tra Pechino e Washington durante la prima amministrazione Trump, non ancora riconosciuta come guerra tecnologica. Qui lavora la “doppia circolazione” cinese, anche dal punto di vista della riorganizzazione delle burocrazie cinesi sul mercato. Nel 2018, la Cina ha costituito la Samr (State Administration for Market Regulation).
È un passaggio importantissimo. Ritengo la Samr parte della “doppia circolazione” perché esprime la volontà cinese di utilizzare la crescita e l’impatto del proprio mercato interno per ragioni politiche, come leva per il conflitto politico con gli Stati Uniti. Questo è un tema ben più rilevante dei sussidi, perché curva di crescita e ampiezza del mercato interno sono una leva molto più ampia per la Cina, in quasi tutti i settori, al contrario di quanto tuttora erroneamente si creda.
Proprio in questo progetto rientra il consolidamento delle attività antitrust, con l’introduzione di un’autorità competente sulle transazioni rilevanti in Cina, che può intervenire – sulla base di soglie molto basse – per condizionare e interrompere le transazioni internazionali. Con questa mossa, al tempo sottovalutata, la Cina dice: non puoi colpirmi e allo stesso tempo usare il mio mercato, altrimenti pagherai le conseguenze.
Questo uso politico dell’antitrust è evidente sia nelle importanti transazioni che non vengono perfezionate (Qualcomm-NXP del 2018, nel 2023 Intel-Tower) che nei tempi e nelle condizioni imposte a varie transazioni. Ciò accade anche per il caso Mellanox.
Nel 2019 e 2020, cresce la preoccupazione per Nvidia che la Samr non autorizzi la transazione. Mellanox è fortemente coinvolta in Cina, come confermano varie testimonianze di Waldman, che sottolinea una crescita del mercato cinese fino a divenire quasi pari ai ricavi negli Stati Uniti. In particolare, Mellanox ha fornito tecnologie sia per i big del digitale in Cina, per aziende emergenti come ByteDance (TikTok) e per i supercomputer, anche con possibili usi duali. Tutto ciò si intreccia con una fase delicata della guerra commerciale/tecnologica, in cui Jensen Huang ha paura di restare “impigliato”.
Eppure, a metà aprile 2020, dopo poco meno di un anno (non moltissimo rispetto ad altri casi), Samr autorizza Nvidia. L’autorizzazione in parte è una sorpresa e mostra la grande capacità dell’azienda di muoversi nel contesto istituzionale cinese.
Tuttavia, il diavolo sta nei dettagli. L’autorizzazione di metà aprile 2020 contiene numerose condizioni e clausole di mitigazione e monitoraggio, che restano in vigore per ben 6 anni. Fa anche riferimento all’approvvigionamento di prodotti Nvidia per le entità cinesi e contiene anche due clausole che restano riservate.
In questo modo, Nvidia – anche per il caso Mellanox – non può veramente recidere i suoi rapporti con la Cina. Inoltre, anche se il successo della scommessa sui sistemi per l’intelligenza artificiale riduce nel tempo l’incidenza del mercato cinese, esso continua a essere rilevante per Nvidia, se guardiamo agli ultimi conti (e anche all’incidenza di alcune geografie di collegamento, come Singapore).
Nel mondo del capitalismo politico, dobbiamo vedere sempre il gioco continuo tra i mercati e i fattori politici, e ciò comporta una serie di paradossi: non puoi stare pienamente nel mercato cinese ma non te ne puoi nemmeno andare veramente, perché dipendi comunque da clienti e fornitori cinesi. Questo vale per aziende in difficoltà e gestite male, come Intel, ma vale anche per il leader di mercato, come Nvidia.
Se sei Nvidia, devi continuare a guadagnare dal punto di vista commerciale ma allo stesso tempo, sai che a una mossa politica del tuo governo (controlli sulle esportazioni) corrisponde sempre una contromossa (contro-controlli cinesi sui materiali). Ma il discorso è ancora più vasto. Lo stesso Jensen Huang si muove in ottica economica ma anche politica, quando per esempio poche settimane fa si reca all’università di Hong Kong a elogiare DJI e promuovere la “collaborazione globale”. Sono gesti che generano critiche negli Stati Uniti ma anche tentativi di “calmare le acque” in Cina. Solo che le acque non sono mai “calme”. Le autorizzazioni che costruiscono il successo del presente (come appunto il caso Mellanox) possono sempre tornare a bussare. La tecnologia accelera ma il fattore politico resta presente.