Il libro di Salvatore Di Bartolo esplora il ruolo di Bettino Craxi durante Tangentopoli e la crisi della Prima Repubblica, offrendo una prospettiva critica sui miti e le narrazioni dominanti. Angelo Lucarella legge “Sigonella-Hammamet. L’affaire Craxi: tra menzogne, verità e falsi miti”, edito da La Bussola
Su Bettino Craxi la storia degli ultimi decenni non è mai stata univoca.
Tra chi lo ha criminalizzato e responsabilizzato per tutto il momento storico repubblicano di tangentopoli e chi lo ha visto solo come un agnello sacrificale, quel che è certo è che la sua mente non era e non può considerarsi un contorno di semplificazione.
Tutt’altro. Al netto delle vicende penali, Craxi era prima un fine pensatore politico e poi è stato anche un politico.
Nel libro di Salvatore Di Bartolo, appena uscito nelle librerie con La Bussola editrice di Gioacchino Onorati (dal titolo “Sigonella-Hammamet. L’affaire Craxi: tra menzogne, verità e falsi miti”), si coglie tutto lo sforzo di mettere in luce il dualismo tra il peso di una intelligenza politica non comune e il condizionamento politico del tempo in cui è vissuto partendo da un parallelismo simbolicamente inquadrabile in due città: Sigonella e Hammamet.
Di Bartolo cerca, in buona sostanza, di ricostruire le vicende pubbliche e private dell’ex segretario del Psi Bettino Craxi a un quarto di secolo dalla sua scomparsa; l’autore lo fa tentando di rimanere osservatore di un tutt’uno nel suo complesso.
Infatti, gli eventi che segnarono l’esperienza politica ed umana del leader socialista sono al centro del libro basato su un fil rouge molto particolare: smontare quella fuorviante narrazione fatta da quelli che l’autore stesso definisce «i sacerdoti della falsa rivoluzione».
Per Di Bartolo, insomma, l’epoca di tangentopoli (che comunque va contestualizzata sia politicamente che penalmente) avrebbe portato il Paese ad una sorta golpe giustizialista che pose fine alla c.d. Prima Repubblica.
Quest’ultima, peraltro, terminata nel modo più blando (benché molti direbbero il contrario) atteso che si innescò il fenomeno del “nemico da abbattere” regalando al cittadino l’illusione di aver debellato per sempre dal Paese l’immoralità e il malaffare.
Queste sono grossomodo le conclusioni a cui giunge Di Bartolo nel suo ultimo libro che, quindi, considerano l’importanza storica della figura di Bettino Craxi ben oltre l’isolato problema di Sigonella.
Infine, la sua inclinazione socialista liberale unita alla prospettiva pacifista lo portarono, poi, a promuovere una politica estera fondata sulla mediazione e sul dialogo continuo con il mondo arabo.