Mentre i social media sono in declino, le app di amicizia e compagnia basate sull’intelligenza artificiale stanno crescendo. La terza puntata firmata da Vincenzo Ambriola, Università di Pisa, e Marco Bani, Senato della Repubblica Italiana, sulle riflessioni riguardo l’impatto sociale dell’intelligenza artificiale
I recenti sviluppi e risultati dell’intelligenza artificiale generativa hanno spalancato nuove prospettive, in larga misura imprevedibili. Un etico informatico, già professore universitario di informatica, e un analista di politiche tecnologiche, in passato suo studente, si ritrovano dopo vent’anni e, attraverso un dialogo asincrono, affrontano il tema dell’impatto sociale dell’intelligenza artificiale e della tecnologia in generale. Tra policrisi e incertezze, quale opportunità migliore per proiettarsi verso il futuro, sognare e immaginare nuovi orizzonti?
Dopo aver parlato di come potrebbe cambiare il mondo del lavoro e se servono ancora i professori di informatica, in questo terzo articolo il dialogo passa ai pericoli della tecnologia sui minori.
Vincenzo Ambriola – L’avvento dei social media è considerato da molti una sciagura che ha interessato principalmente i più giovani. Abituati a utilizzare il cellulare fino a tarda notte, guardando compulsivamente immagini e filmati di ogni tipo, i giovani sono indifesi rispetto alla manipolazione psicologica e culturale causata dall’intelligenza artificiale. Dal tuo osservatorio privilegiato, cosa vedi e cosa prevedi? Ritieni che la società sia consapevole degli eventuali pericoli?
Marco Bani – Con una battuta, direi che non solo i giovani sono diventati dipendenti dal cellulare, ma sicuramente loro sono i più vulnerabili. La capacità dei social media di catturare l’attenzione attraverso contenuti visivi, la gratificazione immediata dei “like” e l’uso continuo dell’intelligenza artificiale per personalizzare feed e suggerimenti genera una sorta di dipendenza psicologica, dannosa soprattutto per i minori, che si trovano in una fase cruciale dello sviluppo cognitivo ed emotivo. Gli adolescenti stanno ancora formando la loro identità e capacità di discernimento, e sono meno preparati a riconoscere le manipolazioni o le dinamiche nocive che possono derivare da un’esposizione continua a contenuti digitali.
Dal punto di vista della sicurezza, i minori sono esposti a pericoli legati alla privacy, come la raccolta e l’uso improprio dei loro dati, oltre a rischi più diretti come il cyberbullismo e l’esposizione a contenuti inappropriati. Inoltre, c’è il fenomeno della gratificazione immediata, in cui i “like” e le interazioni sociali rapide creano una dipendenza psicologica paragonabile a quella del gioco d’azzardo. Un altro aspetto critico da considerare quando si parla di minori e digitale è la questione dell’autostima. I social media creano un ambiente competitivo dove l’immagine corporea e lo status sociale sono spesso esaltati attraverso filtri e contenuti altamente curati da algoritmi. Molti giovani sono passati dal confrontarsi con i ragazzi e le ragazze più popolari del liceo al confrontare la propria vita con quella delle star pop adolescenti più famose al mondo. Tutto ciò può portare a problemi di insicurezza, depressione, ansia e disturbi alimentari nei minori, che spesso si misurano con ideali irraggiungibili.
Questo impatto negativo è stato confermato da una ricerca di Facebook: nel 2021, il Wall Street Journal ha pubblicato un documento interno, svelando che Instagram ha un impatto negativo significativo sulla salute mentale dei giovani utenti, in particolare delle ragazze adolescenti. I giovani utilizzavano la piattaforma per il confronto sociale, giudicando il proprio valore in base all’aspetto e al successo degli altri. Secondo la ricerca condotta da Facebook, questa attitudine avrebbe peggiorato i problemi di immagine corporea per una ragazza su tre con già preesistenti insicurezze. Nonostante queste scoperte, Facebook non ha condiviso pubblicamente i dettagli della sua ricerca, sostenendo che fossero informazioni proprietarie, poi rese pubbliche grazie ai “Facebook Papers” diffusi dalla whistleblower Frances Haugen.
Le famiglie, le scuole e la società nel complesso si stanno attrezzando per affrontare questi pericoli, ma la risposta è spesso frammentaria. Le normative sui minori e l’uso delle tecnologie sono in evoluzione, ma gli strumenti di controllo e tutela, come i parental control, sono spesso insufficienti o difficili da implementare efficacemente. Prevedo che nei prossimi anni ci sarà una maggiore attenzione legislativa e sociale sulla protezione dei minori nell’ambito digitale.
Sarà cruciale sviluppare regole più rigorose, che impongano alle piattaforme di social media di adottare misure più severe per tutelare i minori, accompagnate da un potenziamento dell’educazione digitale per genitori, insegnanti e studenti.
Ma c’è un’altra tendenza che mi preoccupa: mentre i social media sono in declino, le app di amicizia e compagnia basate sull’intelligenza artificiale stanno crescendo. Character AI è attualmente l’app più usata: permette di chattare con personaggi personalizzati generati dall’intelligenza artificiale e attira oltre 200 milioni di visite al mese, con l’utente medio che trascorre più di 12 minuti per ogni visita. Quasi il 60% dei suoi utenti rientra nella fascia di età 18-24, in netto contrasto con il 27% registrato da altri strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT. Replika è un altro esempio: l’app afferma di avere oltre 30 milioni di utenti e si descrive come un compagno “artificiale ma intelligente” desideroso di imparare e “che vorrebbe vedere il mondo attraverso i tuoi occhi”.
L’ascesa delle app di compagnia basate sull’intelligenza artificiale rappresenta un altro grande cambiamento, simile alla portata dei social media. Privata dell’attenzione da parte di esseri umani reali dall’altra parte delle nostre relazioni parasociali, una generazione di giovani (e meno giovani) si sta spostando verso app in cui riceve attenzione — e affetto — senza riserve da intelligenze artificiali.