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È difficile che la tregua tra Israele e Hamas duri. Cadelo spiega perché

Di Elio Cadelo

La tregua tra Hamas e Israele è solo una tregua ed è difficile immaginare al momento che si possa giungere ad una pace e una convivenza duratura tra Ebrei e Musulmani così come è difficile immaginare a breve in una pacificazione dell’intera regione. le scelte di Hamas, come degli altri gruppi terroristici musulmani, non sono dettate dalla politica o dall’economia ma dalla religione e cioè dal Corano. Il commento di Cadelo

La tregua tra Hamas e Israele è solo una tregua ed è difficile immaginare al momento che si possa giungere ad una pace e una convivenza duratura tra Ebrei e Musulmani così come è difficile immaginare a breve in una pacificazione dell’intera regione.

La gran parte degli attori che si sono prodigati negli ultimi anni per la pace hanno messo in campo convincimenti politici ed economici.

Tutto ciò ha prodotto solo brevi periodi di pace apparente poiché le scelte di Hamas, come degli altri gruppi terroristici musulmani, non sono dettate dalla politica o dall’economia ma dalla religione e cioè dal Corano.

Chi ha ritenuto che benefici economici o vantaggi politici potessero fermare gli scontri ha avuto come effetto, purtroppo, soltanto quello ritardare il prossimo conflitto.

La gran parte dei commentatori ha interpretato fino ad oggi lo scontro israeliano-palestinese come una lotta tra ricchezza e povertà (in particolare i reportage televisivi), tra capitalismo e anticapitalismo, tra ricchi e proletari o come una lotta di liberazione nazionale contro il colonialismo ma ciò non ha aiutato né a comprendere il problema né ad affrontarlo ma ha travisato la realtà diventando parte della propaganda islamista.

L’odio di Hamas verso gli Ebrei ha radici profonde che affondano nel Corano da dove si sono dipanate nei mille rivoli della storia e dei conflitti che hanno segnato profondamente le relazioni tra l’Occidente ed il mondo islamico e lasciato tracce indelebili nella storia di gran lunga precedenti la fondazione dello Stato di Israele.

La catena di odio, i cui fondamenti religiosi risalgono a Maometto nel VII secolo, giunge fino ai nostri giorni attraverso percorsi che poco hanno a che fare con l’interpretazione razionale della storia così come la intende la cultura occidentale.

Se non si pone al centro della questione la religione, cioè il Corano, difficilmente si può inquadrare correttamente il problema. Mattias Kűntzel, nel suo volume (non tradotto in italiano) Nazis, Islamic Antisemitism and Middle East (Londra 2024), documenta in maniera chiara e fin troppo documentata la genesi dell’odio dei musulmani contro gli Ebrei e come questo abbia radici chiare e storicamente rintracciabili tutte di gran lunga precedenti allo fondazione dello Stato di Israele.

Hamas, contrariamente a quanto sostiene certo giornalismo, è un’organizzazione terroristica che nasce da una costola dei Fratelli Musulmani e la sua fondazione è su basi rigidamente antisemite finalizzata allo stermino degli Ebrei.

Nell’introduzione del suo statuto del 1988 si legge “…La nostra battaglia contro gli Ebrei è lunga e pericolosa e richiede la dedizione di noi tutti”. L’artico 7 è ancora più esplicito”…Il Profeta ha dichiarato che l’ultimo giorno non si verificherà finché i musulmani non uccideranno tutti gli Ebrei…e se c’è un Ebreo nascosto, Allah ordina di ucciderlo”.

All’articolo 20 si dice, “Il nazismo degli Ebrei se la prende anche con donne e bambini…Questi Ebrei rovinano la vita delle persone, rubano il loro denaro e il loro onore” e l’artico 22, “poiché questo schema sionista non ha limiti, e dopo la Palestina cercherà di espandersi dal Nilo all’Eufrate … Questo è il piano delineato nei Protocolli dei saggi di Sion e il comportamento presente del sionismo costituisce la migliore prova di quanto era stato affermato nel documento … Quello che rimane da fare è un’azione continua da parte  dei popoli Arabi e islamici e delle organizzazioni islamiche nel mondo arabo musulmano, perché sono queste ad essere meglio preparate nella lotta contro gli Ebrei…”. E così via…

Il fatto che Hamas concluda i suoi discorsi con la nota affermazione “dal fiume (il Giordano) al mare (il Mediterraneo)”, cioè la scomparsa dello Stato di Israele e lo sterminio di tutti gli Ebrei, è indice di una posizione ideologica difficilmente conciliabile con la politica e la diplomazia.

Queste premesse rendono quanto meno arduo il cammino per costruire una pace duratura in Medio Oriente. Ne è prova il tentativo fatto ad Oslo nel 1993, per il quale Rabin e Arafat ricevettero il Premio Nobel per la Pace, che prevedeva la restituzione da parte di Israele del  97% delle terre conquistate durante la Guerra dei sei giorni e la creazione di uno Stato palestinese.

Ma al-Fatàh, come si ricorderà, si oppose alla nascita di una nazione palestinese e rifiutò di riconoscere lo Stato di Israele. Il parlamento israeliano, al contrario, approvò il progetto della nascita di uno Stato palestinese.

Le radici di questa presa di posizione, che può apparire irrazionale, non sono né nella politica né nelle vicende che hanno segnato la storia recente del Medio Oriente ma sono scritte nel Corano, il libro sacro dei musulmani,  che è molto esplicito sull’argomento e non ha bisogno di alcuna interpretazione.

Dice la Sura 3, ver. 112: Saranno avviliti ovunque si trovino (gli Ebrei) grazie ad una corda di Allah o ad una corda di uomini. Hanno meritato (gli Ebrei) la collera di Allah ed eccoli colpiti dalla povertà, per aver smentito i segni di Allah per aver ingiustamente ucciso i Profeti, e per aver disobbedito e trasgredito.

Sura 5, ver. 60: Coloro che Allah ha maledetto, che hanno destato la Sua collera e che ha trasformato in scimmie e porci (gli Ebrei).

Sura 5, ver.82: Troverai che i più acerrimi nemici dei credenti sono i giudei e i politeisti.

Sura 7, ver. 167: E il tuo Signore annunciò che avrebbe inviato contro di loro (gli Ebrei) qualcuno che li avrebbe duramente castigati fino al Giorno della Resurrezione.

Non si riportano tutti i versetti contro gli Ebrei che hanno diffuso nei secoli odio e morte perché non è questa la sede per fare l’esegesi di un testo sacro.

Qui si vuole richiamare l’attenzione sul fatto che l’antisemitismo non nasce con la fondazione dello Stato ebraico ma con l’avvento dell’islam e prosegue fino a diffondersi in Europa alla fine del 1800 quando la crisi finanziaria del 1873 fu addebitata agli Ebrei che, per oscuri motivi, volevano distruggere l’Occidente.

Quella crisi improvvisa, dopo decenni di crescita economica, fece riapparire in Europa lo spettro della povertà e la paura di una guerra spinse l’opinione pubblica, ma anche gli intellettuali, alla ricerca di capro espiatorio.

Inoltre, la massiccia immigrazione degli Ebrei russi in Germania e in Austria incrementarono il sorgere di una spirale antisemita che portò alla pubblicazione ed alla diffusione nel 1903 dei Protocolli dei Savi di Sion che, malgrado l’acclarata falsità (fu realizzato dalla polizia segreta zarista (Ochrana) e pubblicato in forma di documento segreto in cui si parla di una cospirazione ebraica tendente a impadronirsi del mondo) è ancor oggi il testo più letto e diffuso in tutto il mondo islamico.

La natura di falso fu appurata fin dalla pubblicazione da una serie di articoli del Times di Londra che dimostrò che gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica non correlate agli Ebrei.  Malgrado ciò i musulmani continuano a ritenerlo autentico e a diffonderlo perché dimostrerebbe la veridicità del Corano.

Ma furono il nazismo e il fascismo, nella loro strutturata alleanza con il mondo arabo, a dare corpo alla persecuzione degli Ebrei in Medio Oriente. Si ricorda che il gran Muftì di Gerusalemme al-Hussaini aveva il suo ufficio a Berlino a fianco la cancelleria di Hitler e arruolò 300mila musulmani nelle fila delle SS. La sua propaganda infettò il mondo islamico con le sue idee e quelle del nazismo.

Negli anni ’20 (ben prima della nascita di Israele) sobillò i musulmani contro gli Ebrei affermando che questi avevano l’intenzione di distruggere i luoghi sacri all’islam a Gerusalemme.

Nel 1929 produsse una serie di foto false che rappresentavano l’incendio di alcune moschee e la reazione fu il massacro di Hebron nel quale furono uccisi 133 Ebrei e 339 feriti.

Nel gennaio 1937 il New York Times riportò una dichiarazione del Mufti nella quale spiegava la sua propensione ad allearsi con Hitler, al fine di combattere il nemico comune che l’islam e la Germania nazista condividevano: “Combattiamo il sionismo in Palestina, che è appoggiato dagli inglesi”, furono le sue parole. “Che cosa conta chi ci spalleggia o con chi ci alleiamo se questo ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi. […] Non ci importa con chi dobbiamo schierarci”. Noi, Arabi e Tedeschi, “abbiamo un nemico comune, gli inglesi e gli ebrei”.

Nel 1938, dopo la capitolazione a Monaco del premier britannico Neville Chamberlain davanti a Hitler, le aperture di al-Husayni alla Germania furono ricambiate ufficialmente e vennero poste le basi di un’alleanza islamico-nazista.

D’altro canto, è noto che Adolf Hitler nutrisse forti simpatie verso l’islam, tanto che scrisse: “Se a Poitiers Carlo Martello fosse stato sconfitto, il mondo avrebbe cambiato faccia. Poiché il mondo era già condannato all’influenza giudaica (e il suo prodotto, il cristianesimo, è una cosa così insipida!), meglio sarebbe stato che avesse trionfato l’islam. Questa religione ricompensa l’eroismo, promette ai guerrieri le gioie del settimo cielo… Animati da un simile spirito, i Germani avrebbero conquistato il mondo. Ne sono stati impediti dal cristianesimo”.

Al-Husayni fu uno tra i più accesi sostenitori della “soluzione finale”, tanto da adoperarsi per sabotare i negoziati tra i nazisti e gli Alleati per la liberazione di prigionieri tedeschi in cambio della fuga verso la Palestina di 4.000 bambini ebrei destinati alle camere a gas.

Terminata la guerra, fortunosamente scampato al tribunale di Norimberga (visse per lungo tempo a Berlino dove aveva i suoi uffici non lontano da quelli di Hitler), Al-Husayni si divise tra l’Egitto, dove rinsaldò i rapporti con Hasan al-Bannah (1906-1949) e Sayyid Qutb (1906–1966), rispettivamente il fondatore e il teorico dei Fratelli Musulmani, e Beirut, dove pose sotto la sua ala protettiva il giovane nipote che negli anni successivi sarebbe diventato un protagonista della politica mediorientale, Yasser Arafat (1929-2004), esponente dei Fratelli Musulmani.

Fu grazie all’alleanza con il Mufti di Gerusalemme che i nazifascisti riuscirono ad approvvigionarsi di petrolio e altre materie prime necessarie alla guerra.

È ampiamente documentato che al termine della Seconda guerra mondiale al-Husayni aiutò la fuga di numerosi ufficiali nazisti che trovarono asilo in diversi Paesi musulmani come Siria, Egitto, Iraq, ecc. dove furono occupati nei servizi segreti o nell’esercito.

Terminata la Seconda guerra mondiale e sconfitto il Terzo Reich, l’ideologia nazista sopravvisse in numerosi circoli nazionalisti in Siria e in Iraq, soprattutto tra i fondatori del partito Ba’th (letteralmente: Resurrezione) creato nel 1947 con l’idea di organizzare una serie di colpi di Stato di stampo filonazista nei Paesi dell’area.

Programma che non ebbe mai luogo perché gli eserciti di Gran Bretagna e Francia, che allora occupavano la Siria e il Libano, misero in atto una dura repressione che, se da un lato pose fine a questi piani, dall’altro produsse forti malumori nella popolazione.

Malumori che sfociarono in scontri di piazza e in una lunga serie di attentati a sfondo nazionalista contro “i nuovi invasori”.

Infine, è bene ricordare che l’anno scorso i militari israeliani che cercavano i rapiti del 7 ottobre nei tunnel scavati da Hamas a Gaza hanno trovato copie del Mein Kanpf tradotte in arabo a dimostrazione che se i Palestinesi ed il mondo arabo non faranno i conti con il passato sarà molto difficile giungere ad una pace giusta e duratura per tutti.


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