Skip to main content

La farfalla impazzita. La forza e il coraggio di Giulia Spizzichino raccontati da Riccardi

Va in onda stasera su Rai1 il film tv “La farfalla impazzita”, liberamente tratto dal libro di Giulia Spizzichino scritto con Roberto Riccardi “La farfalla impazzita. Dalle Fosse Ardeatine al Processo Priebke” (Giuntina). “Il coraggio di Giulia ha fatto la differenza, sia nel processo, sia per ottenere l’estradizione, perché affrontare un viaggio transoceanico è significato per lei andare incontro ai fantasmi che si era portata dentro per tutta la vita”

Sarà Elena Sofia Ricci a interpretare la vita di Giulia Spizzichino, sfuggita alla deportazione degli ebrei il 16 ottobre 1943 a Roma, e costretta a nascondersi dai nazisti durante la sua adolescenza.  

La fiction, dal titolo La farfalla impazzita, andrà in onda su Rai 1 oggi 29 gennaio in occasione della settimana della memoria della Shoah. Ispirata al volume omonimo “La farfalla impazzita. Dalle fosse Ardeatine al Processo Priebke”, scritto da Giulia Spizzichino e Roberto Riccardi, edito da Giuntina, il film tv ripercorre non solo l’esperienza della persecuzione, ma anche la forza di riuscire a far condannare uno dei colpevoli dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke. 

COME NASCE IL VOLUME LA FARFALLA IMPAZZITA 

Prima di cofirmare la storia di Spizzichino, Roberto Riccardi si era già occupato del tema dell’Olocausto, scrivendo la testimonianza di un ex deportato, sopravvissuto ad Auschwitz, Alberto Sed. L’incontro con Giulia Spizzichino, racconta a Formiche.net, è stato molto illuminante. “Sarebbe stata una gioia rivedersi sullo schermo con il volto di Elena Sofia Ricci”, spiega l’autore del volume parlando di Giulia. Donna piacevole, elegante, forte, scomparsa nel 2016.  

Durante il loro primo incontro, “Giulia sul viso aveva tutte le espressioni del mondo. C’era il dolore, c’era la gioia dell’incontro e la speranza di poter arrivare alla scrittura del libro che per lei era la realizzazione di un sogno”, racconta Riccardi.  

“Sul suo viso la sofferenza di una vita, provocata dalle avversità, ma anche la volontà di trovare la serenità e di recuperare sé stessa. Da qui la definizione di ‘farfalla impazzita’, datale da un amico in riferimento a una canzone del ‘68 firmata da Mogol e Battisti. Una farfalla impazzita che cerca sempre il sole, una metafora per descrivere una persona che cercava la gioia, ma non riusciva a posarsi su nulla”, continua Riccardi.  

L’ADOLESCENZA E IL LEGAME TRANCIATO CON LA FAMIGLIA MATERNA  

“C’erano degli episodi fortissimi che bisognava tirar fuori, scrivere, e sviluppare – spiega Riccardi rispetto al lavoro di ricostruzione delle vicende personali e familiari di Giulia Spizzichino -. Come quando le hanno portato via 20 familiari che erano nascosti nell’appartamento di fronte al suo, a seguito di una soffiata. Giulia era alla finestra, testimone di tutto. Addirittura c’era anche sua sorella più piccola, che era andata a trovare il nonno perché quella era l’abitazione in cui era rifugiato il ramo materno della famiglia. La bimba era lì perché aveva portato del cibo che aveva preparato la mamma per tutti loro. Ma il padre di Giulia, bravissimo, riesce a sottrarla presentandosi con documenti falsi, spiegando che c’era stato uno sbaglio, che lui era il vicino di casa non ebreo e quella era sua figlia. Fasi drammatiche che avvengono sotto lo sguardo del resto della famiglia e di Giulia”. 

Il padre fu molto accorto in quel periodo, sottolinea Riccardi, in quanto capì che troppe persone potevano parlare e quindi decise di trasferire il resto della famiglia in campagna. 

La caccia all’ebreo in città era più pericolosa, durò dall’8 settembre del 1943 al 4 giugno 1944, quando gli americani arrivarono nella capitale. “In questi nove mesi chi riuscì a salvarsi ha evitato la tragedia della deportazione e chi invece non riuscì a farcela, rimane per sempre ‘sommerso’ come dice Primo Levi”, spiega Riccardi.  

IL PASSATO TORNA A BUSSARE DOPO 50 ANNI  

Ma la storia di Giulia e della sua famiglia è quella anche dell’Italia. Dopo cinquant’anni da quei tragici eventi, nel maggio 1994 Erich Priebke, uno dei pianificatori ed esecutori materiali dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, viene individuato, libero, in Argentina.    

È l’Associazione familiari delle Fosse Ardeatine che chiede a Giulia Spizzichino di partecipare alla missione per convincere il governo argentino, contrario, a concederne l’estradizione in Italia. Di un nazista che il 24 marzo del 1944, insieme ad altri componenti delle truppe di occupazione tedesche, portò a termine la feroce esecuzione nella quale 7 familiari di Giulia Spizzichino furono trucidati, tra cui il nonno, il più anziano fra le vittime: aveva 74 anni. 

“Giulia è, secondo l’associazione, la persona più adatta per fare leva sull’opinione pubblica argentina. Lei pensa a lungo se andare – racconta Riccardi – e alla fine decide di intraprendere questo viaggio. Grazie al fronte comune con le Madri di Plaza de Mayo, (le madri dei desaparecidos, i dissidenti politici scomparsi sotto la dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983), riescono alla fine a convincere il mondo e il governo argentino ad estradare Priebke”.  

Spizzichino seguirà il processo e testimonierà davanti al carnefice della sua famiglia. “Il suo coraggio ha fatto la differenza, sia nel processo, sia per ottenere l’estradizione, perché affrontare un viaggio transoceanico è significato per lei affrontare i fantasmi che si era portata dentro per tutta la vita”.  

LA MEMORIA, IL SENSO DEL DOVERE E IL CORAGGIO DI GIULIA SPIZZICHINO 

Roberto Riccardi e Giulia Spizzichino in una scuola di Rutigliano, Puglia

Una donna che ha avuto il coraggio di essere testimone soprattutto coi più giovani, nelle scuole, affinché sappiano e portino avanti la memoria di ciò che non deve più accadere. 

Oltre al coraggio, Riccardi sottolinea anche un senso del dovere fortissimo che pervadeva Giulia Spizzichino. Un senso del dovere nei confronti anche della collettività. Ed è questa forte consapevolezza che ha dato vita al libro.

“La sua testimonianza la sentiva proprio come un dovere personale, non affidabile a nessun altro. Lo doveva per i suoi nonni, i suoi cugini e per tutte le vittime. Il suo senso del dovere andava oltre la stessa Shoah, era qualcosa per lei di universale”. 

Giulia Spizzichino con Roberto Riccardi, La farfalla impazzita. Dalle Fosse Ardeatine al Processo Priebke, Giuntina


×

Iscriviti alla newsletter