Una “politica di centro“ si può declinare solo nei partiti e nei movimenti che siano dichiaratamente ed esplicitamente centristi. Un progetto politico centrista è semplicemente incompatibile con partiti di ispirazione populista, sovranista, radicale e massimalista. L’opinione di Giorgio Merlo
Adesso va di moda parlare e discutere del centro, di un ipotetico ritorno all’impegno pubblico dei cattolici e, soprattutto, della necessità di ridurre un po’ la deriva del cosiddetto bipolarismo selvaggio. Peccato che all’interno di questo dibattito non si parli affatto della “politica di centro”, cioè dell’unica possibilità di qualificare e rafforzare un’offerta politica che non sia solo e soltanto una banale rendita di posizione nei partiti e nei rispettivi schieramenti.
Ora, però, al di là di là delle infinite chiacchiere e ipocrisie su come è possibile oggi rideclinare un progetto e una “politica di centro” nella vita pubblica italiana, è forse bene ricordare un aspetto che non è affatto secondario ai fini del raggiungimento di quell’obiettivo.
E cioè, una “politica di centro“ si può declinare solo nei partiti e nei movimenti che siano dichiaratamente ed esplicitamente centristi.
Cioè, detto con altre parole, che non siano politicamente e culturalmente esterni ed estranei a tutto ciò che è seppur lontanamente riconducibile alla cultura politica centrista, riformista, democratica e di governo. E questo per almeno tre ragioni di fondo.
Innanzitutto un progetto politico centrista è semplicemente incompatibile con partiti di ispirazione populista, sovranista, radicale e massimalista. Per tradurre in termini concreti, partiti come la Lega, i 5 stelle, l’attuale Pd e Avs sono politicamente e culturalmente incompatibili con la cultura e la politica di centro.
Una sorta di incompatibilità quasi statutaria. In secondo luogo una cultura politica di centro può dispiegare sino in fondo la sua potenzialità, e anche la sua originalità, solo all’interno di partiti che coltivano apertamente quel progetto.
Se Forza Italia, per fare un solo esempio concreto, è realmente un partito di centro perché la sua mission politica, culturale e programmatica rientra in quell’obiettivo, non si può dire altrettanto di partiti che hanno un’altra vocazione e che, di conseguenza, riducono il centro ad una banale appendice del tutto insignificante e irrilevante ai fini della concreta prospettiva politica che perseguono.
Così vale, e del tutto legittimamente, per l’attuale Pd, la Lega o altri partiti populisti e radicali. In ultimo, ma non per ordine di importanza, il centro e la “politica di centro” non possono essere declinati da una classe politica che, semplicemente, è esterna a quel sistema di valori e che non possiede quell’indole perché ne è culturalmente estranea.
Non è un caso, del resto, se ancora oggi – soprattutto oggi – si ricorda la straordinaria esperienza politica e di governo della classe dirigente della Democrazia Cristiana.
Un ceto dirigente che affondava le sue radici nella cultura del cattolicesimo politico italiano e che, soprattutto, aveva uno stile che non era mai ispirato ai criteri della radicalizzazione della lotta politica o della contrapposizione frontale tra i partiti.
Perché il centro, come rilevano molti osservatori non di parte, non è soltanto merito politico ma anche metodo di comportamento.
E, non a caso, molti rimpiangono oggi – anche e soprattutto gli storici detrattori della Dc e dei suoi leader e statisti – la cultura di governo e il comportamento concreto della classe dirigente democratico cristiana.
Un’indole che, come ovvio, è proseguita anche nella seconda repubblica ma sempre con esponenti che avevano una radice culturale riconducibile ad una matrice centrista.
Di provenienza cattolica o laica non ha una grande importanza ma che resta comunque sempre estranea rispetto ad un approccio radicale, massimalista, populista e sovranista.
E, su questo versante e senza alcuna tentazione nostalgica, se si vuole recuperare e riattualizzare questa necessaria e sempre più indispensabile cultura di governo non si può definitivamente e qualunquisticamente archiviare il passato. Quel passato che conserva, mutatis mutandis, una straordinaria attualità e modernità.
Per questi motivi, semplici ma essenziali, una “politica di centro” oggi nel nostro paese resta un obiettivo importante e decisivo ma tutto ciò non può avvenire in contenitori o in partiti che ne sono semplicemente estranei ed esterni.