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Cecilia Sala, quando l’intelligence fa la differenza. Il commento di Teti

Di Antonio Teti

L’operazione di liberazione della nostra connazionale Cecilia Sala rappresenta senza alcun dubbio un indiscutibile successo dell’attuale governo in carica, ma nel contempo va evidenziato lo straordinario contributo fornito dall’Aise e dalla indiscutibile e rilevante competenza e capacità del generale Giovanni Caravelli, quale direttore dell’Agenzia. Il commento di Antonio Teti

La liberazione della giornalista Cecilia Sala rappresenta senza alcun dubbio un esempio di perfetto coordinamento tra diversi protagonisti autori di una rapidissima operazione di mediazione con il Governo di Teheran: il governo, il ministero degli Esteri e l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (Aise). E sull’esito positivo dell’operazione di liberazione della giornalista italiana non hanno prodotto alcuna conseguenza neppure le narrazioni di alcuni detrattori che accusavano le strutture di intelligence nazionali di “ritardi” e dei “troppi errori” commessi nel prevedere l’arresto della Sala.

La verità è un’altra. Le operazioni di intelligence, com’è noto nell’ambiente, si basano prioritariamente su un’attività incessante, condotta dagli “intelligence analyst”, di ricerca ed analisi delle informazioni, le quali necessitano di un processo di “lavorazione” finalizzato alla trasformazione in “prodotti di conoscenza” utile ai vertici decisionali per identificare le disposizioni migliori da assumere in un determinato scenario. Un ulteriore elemento di complicazione che incide su tale attività è dato dalla problematica dei tempi che stiamo vivendo, sempre più caratterizzati da sconvolgimenti e trasformazioni a livello geopolitico, spesso imprevedibili, che influiscono in maniera determinante sui rapporti tra i diversi Paesi.

In questo “mare magnum” di difficoltà di vario genere, le strutture di intelligence di ogni Paese devono garantire, spesso in tempi brevissimi, oltre alla fornitura di informazioni attendibili e aggiornate al Governo, anche la capacità di saper interagire e condurre trattative con i governi di altri Paesi, i quali possono finanche risultare poco disponibili alla gestione di rapporti istituzionali o non inseriti in schieramenti o alleanze particolari. A ciò si aggiunge quella che forse rappresenta la complicazione maggiore: garantire che le attività di intelligence siano costantemente condotte nella massima segretezza, evitando ogni possibile comportamento da parte degli operatori o evento in grado di compromettere il successo delle operazioni condotte.

L’operazione di liberazione della nostra connazionale rappresenta senza alcun dubbio un indiscutibile successo dell’attuale governo in carica, ma nel contempo va evidenziato lo straordinario contributo fornito dall’Aise e dalla indiscutibile e rilevante competenza e capacità del generale Giovanni Caravelli, quale direttore dell’Agenzia.

In un Paese come l’Italia, in cui la citazione “servizi segreti deviati” torna sistematicamente alla ribalta finanche per identificare un capro espiatorio per le mutazioni climatiche in atto, sarebbe auspicabile la diffusione di una cultura finalizzata alla reale comprensione del valore del lavoro svolto dalle agenzie di intelligence nazionali, non solo diretto alla tutela della sicurezza nazionale, ma anche rivolto a garantire una competitività sul piano economico, industriale e commerciale. Una regola nota al mondo dell’intelligence è rappresentata dal fatto che gli errori condotti dai servizi segreti di ogni Paese vengono quasi sempre pubblicizzati e diffusi oltremodo; al contrario, i successi non vengono mai resi noti. Agli operatori delle agenzie di intelligence è sufficiente sentirsi considerati solo dei “servitori dello Stato”. A loro basta questo…


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