Negli ultimi dieci anni gli Stati membri dell’Ue hanno compreso chiaramente che la guerra ibrida del Cremlino rappresenta una sfida significativa alla sicurezza. Dal 2016 l’Ue ha sviluppato proposte ambiziose attraverso il Joint framework on countering hybrid threats, successivamente rafforzate con l’istituzione di un Eu hybrid toolbox, una raccolta completa di metodi per contrastare le minacce multidominio. L’analisi di Eitvydas Bajarūnas, visiting fellow presso il Center for european policy analysis, Cepa
Le minacce ibride del regime di Vladimir Putin combinano tattiche covert, come disinformazione, attacchi informatici e manipolazioni economiche, per sfruttare vulnerabilità legali e politiche. Attribuire responsabilità e rispondere in modo efficace senza innescare conflitti è estremamente difficile, e il Cremlino ne è consapevole. Negli ultimi dieci anni gli Stati membri dell’Ue hanno compreso chiaramente che la guerra ibrida del Cremlino rappresenta una sfida significativa alla sicurezza, che richiede contromisure coordinate e una vigilanza costante.
Se ci fossero dubbi, basti pensare alle accuse dello scorso 17 e 18 novembre di un attacco a un’infrastruttura critica della Nato da parte di una nave mercantile cinese nel mar Baltico. Questa problematica è stata una delle otto priorità politiche individuate per la nuova Commissione europea in un rapporto pubblicato da Cepa a ottobre, in un contesto in cui la Russia utilizza sempre più tali tecniche per influenzare il processo decisionale e l’opinione pubblica occidentale, anche riguardo all’Ucraina.
Le tattiche del Cremlino combinano minacce ibride “classiche” (o di grey zone) con azioni cinetiche o atti di sabotaggio. Anche le operazioni di influenza stanno aumentando nei Paesi vicini all’Unione europea. Dal 2016 l’Ue ha sviluppato proposte ambiziose attraverso il Joint framework on countering hybrid threats e ha concordato una posizione comune per aumentare la propria resilienza e rafforzare le sue capacità, entrambi documenti fondamentali per coordinare una risposta europea.
Questi sono stati successivamente rafforzati con l’istituzione di un Eu hybrid toolbox, una raccolta completa di metodi per contrastare le minacce multidominio. In risposta all’aumento della disinformazione, l’Ue ha proposto un ampio concetto per intensificare l’impegno e la capacità di risposta alla manipolazione delle informazioni e alle ingerenze da parte di attori stranieri, mentre le minacce ibride sono state affrontate ampiamente anche nella Strategia di sicurezza dell’Unione europea.
Nonostante tali misure, perché l’occidente non è stato in grado di prevenire le tattiche russe di grey zone? E come può l’Ue migliorare la propria capacità di risposta alle minacce del Cremlino? È incoraggiante che quattro nuovi commissari europei siano stati incaricati di affrontare le minacce ibride, la disinformazione e la resilienza. La vicepresidente Henna Virkkunen si concentrerà sulla sicurezza digitale e sulla disinformazione, mentre l’Alto rappresentante Kaja Kallas sovrintenderà alle risposte alle minacce ibride in politica estera, compresa la collaborazione Ue-Nato.
Michael McGrath lavorerà sulla resilienza interna e sui processi democratici, mentre Hadja Lahbib si occuperà di resilienza e gestione delle crisi. Un rapporto di ottobre dell’ex presidente finlandese Sauli Niinistö, richiesto dalla nuova Commissione, raccomanda di migliorare le capacità congiunte dell’Unione, rafforzare il coordinamento transfrontaliero e allineare la prontezza militare e civile per garantire una risposta europea robusta e integrata. Ma affidarsi ai commissari e produrre rapporti, per quanto intelligenti siano, non scoraggerà Putin.
Solo la volontà politica ai massimi livelli alla quale seguano azioni decisive può fare davvero la differenza. Le strategie sono state concordate e sono stati istituiti meccanismi accurati, ma la strategia dell’Ue per contrastare le minacce ibride non è ancora entrata in azione. La Russia è stata lasciata libera di agire. Un’efficace politica europea sulle minacce ibride deve essere una priorità assoluta nell’agenda dell’Ue. Inoltre, il Vecchio continente deve introdurre la deterrenza punitiva come elemento-chiave della sua strategia, includendo misure come sanzioni contro individui e gruppi, confische di beni e azioni legali.
È necessario stilare un elenco delle vulnerabilità della Russia e degli attori coinvolti in attività dannose, identificando al contempo le debolezze strategiche e i bersagli più probabili degli attacchi ibridi russi. Bisogna sostenere i media indipendenti in lingua russa per contrastare la disinformazione perché, utilizzando piattaforme fidate, l’Ue può fornire informazioni credibili per opporsi alla propaganda del Cremlino. Infine, è essenziale accelerare l’attuazione delle proposte del rapporto Niinistö.
In definitiva, si devono continuare a rafforzare i sistemi tecnici e intellettuali per monitorare le minacce ibride, inclusi l’Eu Hybrid fusion cell e le unità Stratcom attraverso vari mezzi. Innanzitutto stabilendo una dottrina europea completa per la deterrenza nella grey zone, definendo protocolli di risposta alle minacce ibride e rafforzando le normative Ue per proteggere i settori strategici da interferenze esterne e proprietà occulte.
È inoltre fondamentale condurre esercitazioni e addestramenti congiunti a livello europeo, con un focus sui Paesi frequentemente presi di mira da aggressioni ostili, oltre a definire misure chiare e robuste per proteggere le elezioni dalla propaganda ostile e dalle interferenze straniere, usando i meccanismi normativi dell’Ue per incentivare le piattaforme online a contrastare le fake news nell’ambito del Codice di condotta sulla disinformazione. Infine, bisogna rafforzare la resilienza della società coinvolgendo la società civile, i media e il settore IT negli sforzi nazionali per contrastare le minacce ibride. Risposte creative a livello nazionale, come il progetto Debunk.eu in Lituania, possono fornire esempi preziosi.
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