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Operazione Fenice, così la Russia rinasce in Libia. Scrive il gen. Caruso

Di Ivan Caruso

L’Africa Corps russa sta utilizzando la Libia come hub per le operazioni nel continente africano, mentre il Cremlino negozia con il generale Haftar per assicurarsi una base navale alternativa a Tartus. Nonostante l’opposizione del governo libico e le preoccupazioni Nato, Mosca tenta di trasformare la sconfitta siriana in una nuova opportunità strategica nel Mediterraneo. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi)

La caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria ha innescato una rapida riconfigurazione della presenza militare russa nel Mediterraneo e in Nord Africa. Un’intensa attività aerea, con più di un volo al giorno di giganteschi Antonov AN-124 e Ilyushin IL-76 dalla base siriana di Hmeimim verso la base libica di al-Khadim, vicino Bengasi, rivela l’urgenza di Mosca nel riposizionare le sue forze strategiche.

L’obiettivo del Cremlino appare chiaro: trovare un’alternativa alle basi siriane di Hmeimim e Tartus, che per quasi un decennio hanno garantito alla Russia una presenza militare significativa nel Mediterraneo. Le prime mosse sono state immediate: un aereo della compagnia siriana Cham Wings è atterrato a Bengasi trasportando ufficiali fedeli al regime di Assad, mentre lo stesso Assad e la sua famiglia hanno trovato asilo a Mosca “per motivi umanitari”.

Il fulcro di questa strategia è il rafforzamento della presenza russa in Libia, con particolare attenzione alla base di al-Khadim e alla costruzione di una nuova installazione militare presso l’ex base aerea di Matan As Sarra. Quest’ultima – per i più curiosi ecco le coordinate: 21°41′20″N 021°49′50″E – che prima del suo abbandono nel 2011, disponeva di tre piste e infrastrutture per ospitare numerosi velivoli militari, rappresenta un punto strategico cruciale per la sua posizione nel triangolo tra Libia, Ciad e Sudan ideale per poter lanciare operazioni nell’Africa subsahariana.

L’Africa Corps russa, erede del gruppo Wagner nel continente africano, sta già utilizzando la Libia come hub per le operazioni in Mali, Repubblica Centrafricana, Sudan e Burkina Faso. Video geolocalizzati mostrano aerei russi che, dopo aver fatto scalo in Libia, proseguono verso Bamako in Mali, dove Mosca ha recentemente sostituito l’influenza francese di lungo termine.

Parallelamente, la Russia sta trasferendo in Libia orientale sistemi di difesa aerea avanzati, inclusi i missili S-400 e S-300, precedentemente dislocati in Siria. Il viceministro della Difesa russo, Yunus-Bek Yevkurov, ha effettuato diverse visite in Libia per consolidare i legami con il generale Khalifa Haftar, il leader autodichiarato della Libia orientale, suggerendo la possibilità di trasformare un porto sotto il suo controllo in un’alternativa alla base navale di Tartus.

La mossa russa ha provocato immediate reazioni internazionali. Il primo ministro libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh ha espresso un netto rifiuto all’ingresso di forze russe provenienti dalla Siria, sottolineando che qualsiasi presenza militare straniera deve essere autorizzata attraverso accordi ufficiali. L’Unione europea, attraverso il suo ambasciatore in Libia Nicola Orlando, ha enfatizzato l’importanza del ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal paese.

Le implicazioni strategiche di questo riposizionamento russo sono molteplici. Per la NATO, la presenza russa in Libia rappresenta una sfida significativa, portando le forze di Mosca ancora più vicine ai confini dell’Alleanza. Per i paesi del Nord Africa, questo sviluppo potrebbe alterare gli equilibri regionali, con la Libia che rischia di diventare un nuovo terreno di confronto tra potenze globali.

La situazione rimane fluida e le sue implicazioni per gli equilibri regionali sono ancora da definire. Ciò che appare chiaro è che la Russia, pur avendo subito un significativo rovescio in Siria, sta cercando di trasformare questa crisi in un’opportunità per ridefinire e potenzialmente espandere la sua presenza in Nord Africa. Il successo o il fallimento di questa strategia potrebbe ridisegnare significativamente gli equilibri di potere nel Mediterraneo meridionale e influenzare le dinamiche geopolitiche dell’intera regione nei prossimi anni.


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