Novanta missili Patriot trasferiti dai depositi israeliani all’Ucraina potrebbero essere la chiave per sbloccare lo stallo nel conflitto. L’operazione, orchestrata dagli Stati Uniti di Trump, sembra parte di una strategia più ampia che unisce pressione militare e minacce di nuove sanzioni economiche contro Mosca. Mentre Putin si dice pronto al dialogo, il trasferimento dei missili potrebbe creare un nuovo equilibrio di forze sul campo, spingendo tutte le parti al tavolo delle trattative. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi
Il trasferimento di 90 missili Patriot dai depositi israeliani all’Ucraina, attraverso la Polonia, potrebbe rivelarsi più di una semplice fornitura militare. L’operazione, completata a fine gennaio 2025 con l’utilizzo di aerei cargo C-17 dell’aeronautica Usa, si inserisce in una più ampia strategia del presidente Trump per costringere Putin a negoziare da una posizione di svantaggio.
L’ex uomo d’affari, noto per le sue tattiche negoziali aggressive, sembra aver orchestrato una serie di mosse coordinate: da un lato minaccia nuove sanzioni e dazi contro Mosca, dall’altro rafforza significativamente le capacità di difesa aerea ucraine. Un approccio da “bastone e carota” tipico del suo stile imprenditoriale, che questa volta viene applicato su scala geopolitica.
I missili Patriot, compatibili con le batterie già in dotazione all’Ucraina, potrebbero infatti creare una sorta di “ombrello protettivo” sul territorio ucraino, limitando drasticamente l’efficacia degli attacchi aerei russi. Si tratta di intercettori originariamente forniti a Israele durante la prima Guerra del Golfo e dismessi dall’aeronautica israeliana nell’aprile 2023, dopo oltre 30 anni di servizio. Non è un caso che questa consegna arrivi proprio mentre Trump ha lanciato un ultimatum a Putin, definendo il conflitto una “guerra ridicola” e promettendo di fare a Mosca un “grande favore” fermandola.
La tempistica del trasferimento appare strategicamente calcolata. Netanyahu, inizialmente riluttante per timore di ritorsioni russe sotto forma di forniture di armi avanzate all’Iran, ha dato il via libera all’operazione solo dopo intensi negoziati con Washington. Il primo ministro israeliano aveva addirittura rifiutato per settimane di rispondere alle chiamate ucraine su questo tema. Trump sembra aver convinto sia Israele che l’Ucraina a collaborare, dimostrando le sue tanto decantate capacità di “deal maker”.
Il messaggio a Putin è chiaro: o accetti di negoziare, o ti troverai a fronteggiare un’Ucraina sempre più impenetrabile dal cielo, sostenuta da sanzioni economiche ancora più severe. Una strategia che ricorda le tecniche negoziali descritte nel suo libro “L’arte dell’affare”: creare pressione sull’avversario aumentando contemporaneamente i costi del non-accordo ed i benefici di una potenziale intesa.
Putin, che si dice “pronto” al dialogo con Trump, sembra aver colto il messaggio. Il leader russo ha già indicato le sue condizioni: il riconoscimento dei territori annessi (oblast’ di Kerson, Zaporižžja, Donec’k e Luhans’k) e la rinuncia dell’Ucraina alla Nato. Zelensky, pur mantenendo una posizione ferma sui territori, ha lasciato uno spiraglio per “soluzioni temporanee”.
Israele, per parte sua, ha cercato di minimizzare l’impatto diplomatico dell’operazione, informando preventivamente Mosca e sottolineando che si trattava solo di una “restituzione” dei Patriot agli Usa. Un funzionario israeliano ha paragonato l’operazione al trasferimento di proiettili d’artiglieria dai depositi d’emergenza israeliani all’Ucraina effettuato due anni fa. Oltre agli intercettori, anche radar e altre attrezzature verranno inviate negli Usa per essere ricondizionate prima della consegna finale all’Ucraina.
La mossa dei Patriot potrebbe quindi rivelarsi la chiave per sbloccare lo stallo: fornendo all’Ucraina una robusta difesa aerea, Trump crea le condizioni per negoziare da una posizione di forza, ma senza escalation militari dirette. Un approccio che potrebbe permettere sia a Putin che a Zelensky di salvare la faccia, aprendo la strada a un compromesso. Non è da escludere che la creazione di una de facto no-fly zone su parti del territorio ucraino possa servire come base per future discussioni sulla demilitarizzazione di alcune aree contese.
Resta da vedere se questa strategia del “peace through strength” funzionerà. Ma una cosa è certa: Trump sta giocando le sue carte da veterano degli affari, cercando di trasformare una guerra che lui stesso definisce “ridicola” in quello che potrebbe essere il più importante accordo della sua presidenza. Il trasferimento dei Patriot potrebbe essere solo il primo passo di un piano più articolato per portare tutte le parti al tavolo delle trattative.