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Auto cinesi e spionaggio. Il nuovo fronte della guerra tecnologica in Australia

Il direttore dell’intelligence australiana, Mike Burgess, ha sollevato preoccupazioni sui rischi legati ai veicoli elettrici cinesi, che potrebbero essere usati per spionaggio digitale. Anche il Regno Unito e gli Stati Uniti intensificano le indagini sulla sicurezza delle infrastrutture critiche, tra cui energia e mobilità connessa

Mike Burgess, direttore dell’Australian Security Intelligence Organisation, l’agenzia d’intelligence australiana che si occupa di sicurezza interna, ha confermato di aver discusso con Tony Burke, ministro degli Interni, riguardo ai rischi connessi all’uso di veicoli elettrici cinesi. La questione riguarda direttamente Burke, con la Coalizione, ovvero l’alleanza di centrodestra all’opposizione, che ha chiesto chiarimenti sulla sua automobile.

The Nightly spiega che le preoccupazioni principali riguardano la possibilità che questi veicoli, grazie alle loro connessioni digitali e alle applicazioni integrate, possano essere usati per intercettare conversazioni, tracciare dati Gps e raccogliere informazioni personali e sensibili. Durante le interrogazioni parlamentari, è emerso che sono state fornite misure di mitigazione – come il divieto di collegare dispositivi di lavoro ai veicoli – ma i dettagli specifici rimangono riservati. Gli esperti di sicurezza hanno sottolineato che, sebbene il rischio vari in base alla tecnologia e al Paese di origine, è fondamentale adottare un approccio prudente per evitare potenziali spionaggi.

Qui Londra

Nei giorni scorsi il Financial Times ha rivelato che anche le autorità di sicurezza del Regno Unito, con il contributo cruciale di MI5, l’agenzia d’intelligence interna, stanno indagando sulle relazioni con la Cina cercando di bilanciare gli interessi economici e la necessità di proteggere la sicurezza nazionale. In particolare, ha scritto il giornale, c’è grande attenzione all’influenza crescente della Cina nel sistema energetico britannico. L’attenzione è rivolta all’impiego di tecnologie critiche, come pannelli solari, batterie industriali e turbine eoliche, che potrebbero esporre dati sensibili o permettere un controllo indiretto delle infrastrutture energetiche strategiche. Nel contesto del progetto Green Volt per un parco eolico offshore in Scozia, è stata sollevata la preoccupazione che l’uso di tecnologie cinesi possa facilitare interferenze o spionaggio.

Qui Washignton

L’attenzione agli impatti della transizione green-tech nell’ambito dell’alleanza d’intelligence Five Eyes (che riunisce Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda) è stata portata a livello pubblico dagli Stati Uniti, con l’Fbi in prima linea. A settembre, la Casa Bianca, con presidente Joe Biden, aveva annunciato un piano per vietare la vendita o l’importazione di veicoli connessi contenenti “specifici componenti hardware e software” che potrebbero essere prodotti in Cina o in Russia, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Un approccio che l’amministrazione di Donald Trump non pare intenzionata a cambiare. Piuttosto, a rafforzare.


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