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IA, neurotecnologie, quantum e valute digitali. Ecco il controllo cinese

Il Partito comunista cinese sta cercando di rafforzare il controllo sulla popolazione e potenzialmente esportare un modello di “autoritarismo centrato sui dati” a livello globale. Come reagire? Cosa dice l’ultimo report del National Endowment for Democracy

Applicazioni di sorveglianza basate sull’intelligenza artificiale, neurotecnologie e tecnologie immersive, tecnologie quantistiche, valute digitali. Sono le quattro categorie di tecnologie dirompenti che il Partito comunista cinese potrebbe rafforzare per controllare la propria popolazione e – attraverso la loro esportazione e il loro utilizzo al di fuori dei confini cinesi – aggravare la sfida globale alla libertà attraverso un nuovo modello di “autoritarismo centrato sui dati”. È quanto sostiene Valentin Weber in un nuovo rapporto intitolato “Data-Centric Authoritarianism: How China’s Development of Frontier Technologies Could Globalize Repression” pubblicato dal National Endowment for Democracy, nonprofit americana finanziata dal governo e recentemente nel mirino del Dipartimento per l’efficienza del governo guidato da Elon Musk.

La Cina sta sfruttando sistemi di sorveglianza con intelligenza artificiale sempre più potenti, che includono non solo telecamere con riconoscimento facciale, ma anche sofisticati “cervelli urbani” che combinano flussi di dati per tracciare e monitorare le tendenze urbane, scrive Weber. Questi strumenti, spiega ancora creano una rete di sorveglianza pervasiva e possono essere utilizzati dalle autorità statali per reprimere le proteste prima ancora che inizino.

Parlando invece di neurotecnologie e tecnologie immersive, l’esperto evidenzia i livelli raggiunti dalla Cina in interfacce cervello-computer e realtà virtuale. Insieme, queste tecnologie ampliano i confini della sorveglianza, consentendo ai detentori di dati di dedurre gli stati mentali delle persone, con un impatto sui diritti alla privacy e all’autodeterminazione su cui si basa la cittadinanza democratica, scrive. Anche perché, prosegue, le leggi cinesi garantiscono di fatto che i dati raccolti da queste tecnologie commerciali siano accessibili alle autorità statali.

Pechino è anche leader nel settore del calcolo quantistico e delle comunicazioni quantistiche. Ovvero è in una posizione vantaggiosa per beneficiare in futuro di progressi che potrebbero rendere obsolete le attuali tecniche di crittografia. Queste capacità mettono a rischio giornalisti indipendenti, difensori dei diritti umani e politici dell’opposizione, compromettendo le tutele di cui godono in altre società, avverte Weber.

Infine, le valute digitali, con la Cina che ha introdotto la propria, gestita dalla sua banca centrale, e ha così aperto la strada a un monitoraggio statale degli utenti e a un controllo sugli acquisti. La sua diffusione ostacolerebbe anche la capacità delle democrazie di applicare sanzioni contro i regimi autoritari, scrive l’esperto.

Un modello basato su questi quattro pilastri “minaccia le libertà fondamentali essenziali per la democrazia, tra cui il diritto di espressione e di parola, la privacy e la libertà di associazione”, avverte. Che fare, dunque? La società civile e i governi democratici devono individuare strategie efficaci e lungimiranti per contrastare la diffusione dell’autoritarismo centrato sui dati e mitigarne gli effetti negativi. Tre i suggerimenti: le organizzazioni della società civile devono monitorare la diffusione di queste tecnologie e adottare strumenti resistenti alla crittografia quantistica per proteggersi; per contrastare la diffusione delle soluzioni cinesi, le società democratiche dovrebbero sviluppare ecosistemi tecnologici alternativi, basati su valori democratici; le democrazie devono lavorare per sistemi di intelligenza artificiale aperti e trasparenti, sviluppare strategie per regolamentare le nuove tipologie di dati personali sempre più accessibili e impegnarsi in modo strategico negli organismi internazionali di standardizzazione.


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