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Rivoluzione cyber. Il Giappone e la nuova frontiera della difesa attiva

Tokyo discute l’Active Cyber Defense Bill, che consente interventi rapidi e decisivi contro gli attacchi informatici. La nuova legge, volta a potenziare la sicurezza nazionale, apre la strada a misure proattive che potrebbero presto influenzare anche le strategie degli alleati occidentali, inclusi gli Stati Uniti

In un contesto di crescenti minacce informatiche e di attacchi sempre più sofisticati, il Giappone ha deciso di fare un salto di qualità nella propria difesa cibernetica con l’Active Cyber Defense Bill. La proposta di legge segna una svolta nella strategia nazionale, consentendo al governo di adottare misure proattive per neutralizzare le minacce prima che possano causare danni diffusi.

La legge, arriva in parlamento nei giorni scorsi, prevede due filoni principali: da un lato, una serie di misure “passive” per rafforzare la raccolta e l’analisi delle informazioni di sicurezza, dall’altro, strumenti “attivi” che permetteranno al governo e alle forze armate di intervenire direttamente. Tra queste novità, spicca l’introduzione dei “cyber harm prevention officer”, figure con il compito di intervenire in tempo reale, per esempio chiudendo i server degli aggressori senza dover attendere lunghe procedure burocratiche.

Questa mossa nasce in risposta a una serie di avvertimenti, tra cui quello del ex direttore dell’intelligence nazionale degli Stati Uniti, Dennis C. Blair, che aveva evidenziato carenze nella prontezza cibernetica del Giappone rispetto ai suoi alleati. Il governo nipponico ha recepito tale messaggio e ha messo in campo riforme strutturali, non solo per proteggere le proprie infrastrutture critiche, ma anche per salvaguardare la presenza militare statunitense sul suo territorio.

Il contesto di riferimento è segnato da attacchi informatici di vario genere, tra cui quelli di gruppi sponsorizzati da Stati come la Cina, e dall’attività di attori come MirrorFace, coinvolti in operazioni di cyber espionage sin dal 2019. Secondo esperti del settore, l’approccio “attivo” adottato dal Giappone potrebbe presto servire da modello anche per altre nazioni, inclusi gli Stati Uniti, in un’epoca in cui la rapidità e la decisione rappresentano le chiavi per contrastare efficacemente le minacce cibernetiche.


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