L’emergere di difese aeree integrate e passive impone una revisione delle strategie operative e dello sviluppo di nuovi velivoli da combattimento
Il concetto di superiorità aerea emerso in Occidente a ridosso delle operazioni militari nella Prima guerra del Golfo e nei Balcani si basava sull’assunto, insieme tattico e strategico, che l’avversario non avrebbe mai avuto a disposizione tecnologie in grado di minare il potenziale offensivo aereo delle forze statunitensi e delle varie “coalitions of the willing”. Le guerre in Iraq e Afghanistan hanno confermato questa idea, data l’assenza di sistemi di difesa aerea sofisticati in mano a Esercito iracheno e milizie talebane.
Tuttavia, è doveroso evidenziare come la comparsa sul campo di battaglia di sistemi di difesa aerea integrata e, nello specifico, di quelli passivi, abbia determinato una necessità di ripensare al concetto stesso di “potere aereo” all’inizio del XXI secolo. La presenza radicata sul campo dei cosiddetti Integrated Aerial Defense Systems (Iads) è efficace per la negazione e l’interdizione dello spazio aereo, tale che una operazione offensiva dal cielo potrebbe avere costi superiori ai risultati presunti. Quella che il professor Ash Rossiter ha definito “dialettica tecnico-adattiva” sul potere aereo, grazie all’evoluzione dei sistemi di difesa passiva, propende oggi a favore della difensiva.
La discussione è legata principalmente all’elevato costo delle piattaforme aeree stealth – che costituiscono uno dei perni della teoria, della dottrina e dell’impiego operativo in Occidente – e all’efficacia con cui i sistemi passivi riescono a contrastarle. I radar passivi hanno la potenziale capacità di annullare gran parte dei vantaggi offerti dalla tecnologia stealth, come mostrato, ad esempio, dal radar TwInvis (realizzato dalla tedesca Hensoldt) in un test con l’impiego di caccia F-35, oppure dai sistemi impiegati dagli Houthi nel corso dell’attuale campagna aerea condotta da statunitensi e britannici in Yemen.
I sistemi passivi sfruttano sensori a infrarossi, acustici ed elettromagnetici, nonché altre tecniche avanzate. Questi sensori rilevano calore, rumore e segnali elettronici emessi dagli aerei. Alcuni radar passivi avanzati possono anche rilevare disturbi nei segnali civili ambientali, come trasmissioni radiofoniche e televisive, causati dagli aerei che viaggiano nei cieli. La facilità di rilevamento dei dispositivi offensivi e, contemporaneamente, la difficoltà di rilevare questo tipo di sistemi, ha reso complesso per i piloti individuare e colpire le stazioni di sorveglianza integrata. La ridotta visibilità dei sistemi passivi consente anche di far avvicinare l’aereo individuato ad una distanza tale da ridurre il suo tempo di reazione prima di essere colpito.
Nel saggio “Passive Radars and their use in the Modern Battlefield”, pubblicato nel 2019 sul Journal of Computations & Modelling, un gruppo di ufficiali dell’Accademia dell’Aeronautica Greca hanno scritto che l’evoluzione dei sistemi di difesa aerea Passive Coherent Location (Pcl) impone una discussione aperta che porti all’evoluzione delle tecnologie offensive. Passaggio fondamentale, specie in ambito aeronautico, dove parte della teoria è sempre più convinta del fatto che la “visione distorta” della superiorità aerea occidentale sia stata messa in discussione proprio dai radar passivi. Questa sarà, senza dubbio, una delle grandi sfide che coinvolgeranno gli studi sullo sviluppo degli aerei da combattimento (e di riverso su elicotteri e droni) di sesta generazione.