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Ma la “rete” dei cattolici è solo una corrente del Pd? Scrive Merlo

I cattolici, oggi, devono riscoprire sino in fondo la loro vocazione popolare e democratica accompagnando il tutto con una scelta responsabile, coerente e anche coraggiosa

A volte nella politica occorre anche essere il più possibile chiari e senza equivoci. È il caso, nello specifico, della presenza politica dei cattolici. Certo, si tratta di un tema antico ma che negli ultimi tempi ha assunto una nuova dimensione perché, è inutile negarlo, c’è una domanda crescente di partecipazione attiva di questo mondo. Seppur molto vario e articolato. Una domanda che però adesso esige e che, soprattutto, richiede un rinnovato protagonismo pubblico.

Ora, e alla luce dell’interessante confronto che si è tenuto alla Domus Mariae di Roma organizzato dalla cosiddetta “Rete” dei cattolici nata dopo la “Settimana sociale” di Trieste, credo che sia necessario anche un po’ di chiarezza accompagnato da una proposta. E questo dicendo parole chiare almeno su due versanti.

Innanzitutto, non si può ridurre la domanda di una genuina e ricca domanda politica da parte di un settore dei cattolici italiani a un fatto che riguarda un solo partito. Nello specifico, il Pd di Elly Schlein, cioè di un partito di sinistra che, oggi, ha una chiara e del tutto legittima cifra politica radicale, massimalista e libertaria. Perché se così fosse sarebbe ben misera cosa. E cioè, ridurre il tutto ad un fatto di organigrammi interni ad un partito – ovviamente smentendolo pubblicamente – finalizzato alle prossime candidature alle politiche nazionali. Perché di questo si tratta. È appena il caso di scorrere i vari commenti degli organi di informazione che dedicano spazio a questa iniziativa romana per arrivare alla conclusione che, forse, si tratta di una questione che interessa un solo campo politico – il cosiddetto campo largo – e, nello specifico, un partito.

In secondo luogo, forse, si tratta di dire con chiarezza che oggi i cattolici italiani sono chiamati ad una scelta. E cioè, o accettano di circoscrivere la loro presenza nel prepolitico. Cosa, questa, che non viene granché gettonata perché, giustamente, si vuole fare adesso un salto di qualità sul terreno politico ed organizzativo. Oppure, seconda strada, si decide di dar vita ad un partito o soggetto politico laico, riformista, plurale, di governo e democratico dove, però, la presenza del pensiero, della cultura e della tradizione del cattolicesimo politico italiano sia determinante se non addirittura decisivo. Oppure, terza ed ultima strada, si decide di rafforzare, attraverso l’apporto della propria cultura e del proprio patrimonio culturale, i partiti attualmente in campo. Certo, parliamo di partiti che non abbiano una cifra politica radicale, populista, massimalista, estremista e sovranista che sono distinti e distanti se non addirittura alternativi rispetto alla storia, alla cultura e al pensiero del cattolicesimo politico, democratico, popolare e sociale del nostro Paese. Anche perché, su questo versante, il progetto della “politica di centro” era, e resta, la vera sfida per i cattolici impegnati in politica. Un progetto che storicamente rappresenta il miglior distillato della esperienza dei cattolici impegnati in politica nel nostro Paese. E questo va detto, a maggior ragione, soprattutto in una fase storica caratterizzata da una persistente e strutturale radicalizzazione della lotta politica con il rischio di un ritorno della triste e decadente deriva degli “opposti estremismi”.

Ecco perché, per quei cattolici italiani più sensibili all’impegno pubblico e politico, è arrivato il momento della scelta tra le varie opzioni in campo. Al di là delle chiacchiere, delle furbizie e degli escamotage finalizzati alla ricerca di candidature personali. E senza prestare particolare attenzione a chi, come per esempio l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, interpretano la politica come la ricerca del puro potere personale. Ovvero, candidandosi direttamente e quasi automaticamente a federatori di un campo politico, a Premier di una coalizione o a guida di un’alleanza. Forse è opportuno che i cattolici, oggi, riscoprano sino in fondo la loro vocazione popolare e democratica accompagnando il tutto con una scelta responsabile, coerente e anche coraggiosa. Su questo versante – e non su quello del puro potere – si verificherà, o meno, il ruolo e l’apporto dei cattolici italiani al cambiamento e al rinnovamento della politica italiana.


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