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Cosa c’è dietro la non-risposta di Mattarella alla guerra ibrida russa

Il Presidente della Repubblica non ha risposto direttamente agli attacchi della diplomazia russa, ma ha esortato Mosca a rientrare nel ruolo internazionale nel rispetto del diritto e della sovranità degli Stati. Intanto, la campagna di destabilizzazione dell’Italia di Meloni continua con la seconda giornata di cyber-attacchi

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non si è fatto intimidire dagli attacchi della diplomazia russa pronunciati venerdì scorso e ieri dalla portavoce Maria Zakharova. Incontrando la stampa al termine dell’incontro con l’omologo montenegrino Jakov Milatovic, il capo dello Stato ha auspicato che la Russia “torni a svolgere il suo ruolo” nella comunità internazionale “nel rispetto dei principi del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite, della sovranità di ogni Stato”. Poi ha ricordato che, quando divenne indipendente, all’inizio degli anni Novanta, l’Ucraina consegnò migliaia di testate nucleari che l’avrebbero messa al sicuro da ogni invasione in cambio di un impegno dei Paesi a rispettare e garantire la sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale. Questo è il mondo che vorremmo: quello in cui si rispettano gli impegni assunti e il diritto internazionale”, ha detto ancora.

Il Capo dello Stato ha deciso, dunque, di non dare altra visibilità a Zakharova. Quest’ultima prima aveva definito “invenzioni blasfeme” le parole con cui Mattarella aveva paragonato l’aggressione della Russia contro l’Ucraina al “progetto del Terzo Reich in Europa”, ossia alla Germania nazista, e poi aveva annunciato “conseguenze” non precisate.

Stessa linea seguita dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha espresso la solidarietà del governo, e da Antonio Tajani. Oggi il ministro degli Esteri ha sottolineato che il presidente della Repubblica ha il sostegno di “tutti gli italiani” ma ha evitato di convocare alla Farnesina l’ambasciatore russo a Roma, Alexey Paramonov. La politica si è unita attorno al Presidente della Repubblica. Tutti, tranne gli ormai soliti noti e vecchi alleati: la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.

I toni sono stati mantenuti volutamente bassi anche oggi, davanti alla seconda giornata di attacchi contro siti italiani da parte del collettivo hacker russo Noname057(16) – che nei giorni scorsi aveva messo nel mirino perfino un nostro giornalista. È un altro pezzo della guerra ibrida mossa dalla Russia all’Occidente e che si compone di diversi pezzi, tra cui disinformazione, cyber-attacchi e attività di intelligence.

Tra i bersagli degli attacchi odierni, una ventina, alcuni ministeri (Esteri, Economia, Infrastrutture e trasporti, Sviluppo economico), Carabinieri, Guardia di finanza, aziende del trasporto pubblico ed altre realtà. Come avvenuto ieri, si tratta di attacchi Ddos (Distributed denial of service), che puntano a rendere irraggiungibili i siti inondandoli di richieste di accesso. Anche questa volta i sensori dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale hanno avvisato per tempo i target dell’offensiva, che ha avuto scarsi effetti. Sono più che altro azioni dimostrative e di propaganda, che puntano sui disagi creati per ottenere visibilità e, di conseguenza, alimentare la polarizzazione delle società nei Paesi colpiti.

Ciò è ancor più vero nel caso dell’Italia. È un Paese membro dell’Unione europea, della Nato e del G7. Da tre anni sostiene l’Ucraina davanti all’aggressione russa. Ma al suo interno non mancano simpatizzanti della Russia di Vladimir Putin, pronti a invocare la “pace”, anche quella non giusta, e premere sul governo affinché fermi l’invio di armi a Kyiv. A tutto vantaggio di Mosca, che sta cercando di destabilizzare e dividere il fronte occidentale pro Ucraina.


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