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Ecco il soft power italiano nelle infrastrutture idriche del Mediterraneo

Di Pietro Stilo e Gaetano Mauro Potenza

L’innovazione nelle infrastrutture idriche rappresenta una risposta strategica alla scarsità d’acqua e alla gestione inefficiente delle risorse. L’Italia punta a creare un modello replicabile per affrontare crisi idriche come quelle della Sicilia e del Mediterraneo meridionale. L’intervento di Pietro Stilo (RTT Dipartimento Management ed Economia, Università Telematica Pegaso) e Gaetano Mauro Potenza (Security Advisor)

L’innovazione nelle infrastrutture idriche rappresenta oggi uno strumento strategico per affrontare le crescenti sfide legate alla scarsità d’acqua ed alla gestione inefficiente delle risorse. Lo aveva sottolineato negli anni Sessanta John F. Kennedy che dichiarò: “Chiunque fosse in grado di risolvere il problema dell’acqua sarà degno di due premi Nobel, uno per la pace e uno per la scienza”. Il valore strategico di questa risorsa è oggi più che mai al centro di dibattiti globali, per le crisi climatiche che stanno colpendo Asia, Africa e la sponda sud dell’Europa. Si inseriscono in quest’ottica gli accordi tra l’italiana De Nora e le aziende saudite ACWA Power e Saudi Water Authority che mirano a raggiungere gli obiettivi di transizione energetica sauditi 2030.

Nei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo come Italia, Algeria, Tunisia e Libia, le reti idriche, spesso datate e soggette a perdite ingenti, si trovano a fare i conti con variabili che influenzano direttamente la stabilità politica e alimentano i flussi migratori.

L’emergenza idrica che ha investito alcune aree della Sicilia nell’estate del 2024, caratterizzate da problematiche analoghe, dimostra come una gestione integrata a livello nazionale possa rappresentare una risposta a crisi complesse. La strategia italiana sta facendo leva sull’esperienza di un player industriale specializzato nella gestione delle reti digitalizzate, che sta implementando un modello di intervento che integri tecnologie di monitoraggio intelligente, basato sulla installazione di una diffusa sensoristica e su programmi di manutenzione predittiva, con nuove opere, come i dissalatori, per ridare funzionalità e affidabilità all’infrastruttura dell’isola.

Situazione di crisi analoghe si possono osservare anche nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. La Tunisia nel 2024 ha fronteggiato una scarsità d’acqua estrema, aggravata da perdite nella rete, dalla diffusione di pozzi abusivi e allacci illegali per scopi agricoli che non solo compromettono la sicurezza dell’approvvigionamento, ma incidono negativamente sull’agricoltura del Paese. L’Algeria vive una situazione assimilabile, dove si riscontrano elevate perdite d’acqua dovute a reti vetuste, congiuntamente alla dipendenza di risorse non rinnovabili. In Libia (che dipende da falde fossili attraverso il Great Man-Made River), la situazione è ulteriormente complicata dall’instabilità politica e dai danni subiti dalle infrastrutture durante i conflitti.

Dal punto di vista geopolitico, il trasferimento da parte dell’Italia di modelli operativi di successo potrebbe avere un impatto significativo sullo scenario del Mediterraneo meridionale. Il rafforzamento delle infrastrutture idriche, oltre a favorire lo sviluppo economico e sociale, diventa uno strumento di soft power italiano capace di consolidare relazioni strategiche, di ridurre le tensioni sociali e intervenire sui grandi temi di interesse nazionale come i flussi migratori. Il modello italiano, attraverso la digitalizzazione delle reti e la costruzione di nuovi impianti green, si configura come una soluzione replicabile e scalabile, capace di rispondere alle esigenze specifiche dei Paesi del Mediterraneo meridionale. Un tale approccio, con la copertura finanziaria adeguata come il Global Gateway dell’Unione europea, garantirebbe la sicurezza dei sistemi idrici e creerebbe le condizioni per prevenire future crisi offrendo un contributo concreto alla sicurezza regionale.

Diventa, dunque, evidente l’importanza di un impegno coordinato che preveda la condivisione di tecnologie e know-how a livello internazionale, unitamente a un sostegno finanziario adeguato.

Il futuro delle risorse idriche nella sponda sud del Mediterraneo dipende, dunque, dalla capacità di integrare innovazione e gestione strategica in un quadro di cooperazione multilaterale. Il modello italiano, frutto di un percorso di rinnovamento e digitalizzazione, offre spunti preziosi che, se applicati su scala più ampia, potrebbero trasformare le sfide idriche in opportunità di sviluppo e stabilità politica dell’intera regione.


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