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Lotta al fentanyl. Le ultime mosse di Usa, Messico e Canada

Sheinbaum sottolinea l’importanza di indagare sull’intera filiera della potente droga. Un passo verso Trump, che aveva imposto dazi. Il dossier è stato al centro anche della telefonata tra il segretario al Tesoro americano e il vicepremier cinese

Messico, Stati Uniti e Canada devono indagare sull’intera filiera del fentanyl, dalla produzione alla vendita clandestina ai consumatori statunitensi. A proporlo è stata la presidente messicana Claudia Sheinbaum. Rispondendo a una domanda sulle pressioni del presidente statunitense Donald Trump in merito al traffico di questa potentissima droga, ha spiegato che è necessario avvalersi delle agenzie di intelligence per comprendere in dettaglio il processo di distribuzione. “Bisogna rivedere da dove entrano i precursori. Perché si dice che entrano solo attraverso il Messico e il Canada? Perché non indagare se entrano attraverso gli Stati Uniti?”, ha detto Sheinbaum ieri. “Dov’è la maggior parte del consumo? Negli Stati Uniti. Quali cartelli vendono il fentanyl negli Stati Uniti? Come vengono riciclate le risorse ottenute?”, ha chiesto la presidente.

Poco dopo il suo nuovo insediamento alla Casa Bianca, un mese fa, Trump ha deciso di imporre dazi su prodotti canadesi e messicani con l’obiettivo dichiarato di fare pressione affinché questi Paesi facciano di più per affrontare l’immigrazione illegale e il contrabbando di droghe illecite come il fentanyl. Il Messico ha spostato alcuni membri della sua Guardia Nazionale verso il confine con gli Stati Uniti, sempre integrando le misure esistenti.

E così, il dossier è stato anche al centro della telefonata di sabato tra Trump e il primo ministro canadese Justin Trudeau. Quest’ultimo ha anche informato il presidente americano che il Canada è riuscito a ridurre del 90% il fentanyl che attraversa il confine settentrionale degli Stati Uniti. Nelle scorse settimane, nonostante è relativamente poca la quantità di fentanyl proveniente dal Canada, il governo di Ottawa ha annunciato la nomina di uno zar per affrontare la questione e placare Trump. In questo modo, ha ottenuto una sospensione di 30 giorni dei dazi del 25% che sarebbero dovuti entrare in vigore il 4 febbraio.

Ma non si può parlare di fentanyl senza parlare di Cina, da cui proviene la quasi totalità dei precursori chimici necessari alla produzione di questa droga. Le due superpotenze ne hanno discusso anche durante il contatto più recente, quello tra Scott Bessent, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, e He Lifeng, vicepremier cinese. A Bloomberg, Bessent aveva anticipato che il suo primo messaggio sarebbe stato un invito a “lavorare insieme” e a collaborare per “porre davvero fine” all’afflusso negli Stati Uniti di precursori del fentanyl dalla Cina.

All’inizio di febbraio, Trump ha imposto dazi del 10 per cento su tutte le merci importate dalla Cina, motivando l’iniziativa con la scarsa collaborazione di Pechino nella lotta al traffico di fentanyl. In particolare, Washington ha esortato la Cina a reprimere le spedizioni di un precursore chimico di fabbricazione nazionale necessario alla sua produzione. Pechino, che ha liquidato l’uso di oppioidi come un problema interno agli Stati Uniti, ha risposto con dazi di contrasto e intentato una causa contro Washington all’Organizzazione mondiale del commercio.


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