In vista delle elezioni tedesche della prossima settimana, Christian Hirte, deputato della Cdu al Bundestag, spiega l’importanza di rilanciare la collaborazione con Paesi chiave come Francia, Polonia e Italia, per rafforzare il ruolo tedesco a livello europeo
La Germania attraversa una crisi di governo, ma non una crisi dello Stato. Negli ultimi anni si è evidenziato un approccio economico, climatico ed energetico profondamente ideologico, soprattutto nelle politiche del partito dei Verdi. Questa visione ha condotto a decisioni controverse, come la chiusura delle ultime centrali nucleari nel 2023, nel mezzo della più grave crisi energetica da decenni.
Nonostante l’energia nucleare potesse essere prodotta negli impianti esistenti a un costo irrisorio (circa 4 centesimi per kWh). Un approccio che ha causato un forte disorientamento, sia tra i cittadini che tra le imprese. L’aumento dei costi dell’energia e l’incertezza sul futuro delle politiche in materia hanno reso difficili le prospettive di pianificazione economica. Una delle misure più criticate è stata la legge sul riscaldamento, che ha spinto molti a optare per sistemi a gas o petrolio, anziché per soluzioni come le pompe di calore, più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Si tratta di un esempio di politiche inefficaci, in cui gli obiettivi energetici e climatici non sono stati allineati alle esigenze pratiche della popolazione. Anche il settore automobilistico è stato messo in difficoltà. Il governo ha fatto troppo poco per supportare questa industria e il suo indotto, che oggi affrontano enormi problemi. La transizione forzata dai motori endotermici a quelli elettrici è stata condotta con ambizioni eccessive, anche in base ai valori limite che sono stati imposti dall’Unione europea.
Prima di abbandonare le fonti tradizionali di energia, è necessario sviluppare valide alternative. La dipendenza attuale crescente dal solare e dall’eolico, che coprono già il 60% della produzione energetica, pone seri rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento. Senza infrastrutture di supporto, il mix energetico tedesco non è sostenibile. La Cdu propone un’alternativa più equilibrata che includa solare, eolico, idrogeno, biocarburanti e tecnologie a base molecolare. Queste ultime offrono il vantaggio di poter essere stoccate, garantendo una maggiore affidabilità del sistema energetico.
Un altro grave problema è rappresentato dalla burocrazia. Oltre alle regole europee, in Germania vigono ulteriori norme nazionali che complicano ulteriormente il quadro normativo. Questo doppio livello di regolamentazione frena la competitività delle imprese, che già devono fare i conti con un sistema fiscale tra i più onerosi d’Europa. Le tasse elevate si sommano ai crescenti costi del welfare, come i contributi pensionistici, le spese sanitarie e quelle per l’assistenza alle persone non autosufficienti.
A ciò si aggiunge un sistema sociale troppo generoso, che incentiva molti a preferire i sussidi statali al lavoro. Dal punto di vista politico il panorama tedesco è sempre più frammentato. Negli ultimi anni nuovi partiti come l’AfD (Alternative für Deutschland) e, più recentemente, la Bsw, l’alleanza di Sahra Wagenknecht, hanno guadagnato terreno, ottenendo successi significativi nelle elezioni regionali.
La Cdu rimane l’ultimo grande partito popolare, risultando nei sondaggi più forte dei gruppi parlamentari della fallita coalizione semaforo. La sua offerta agli elettori si concentra su politiche economiche più solide, una gestione razionale della crisi climatica e una revisione della politica migratoria.
La migrazione è il tema principale che ha alimentato la crescita dell’AfD. Molti cittadini non hanno più fiducia nei partiti tradizionali per il modo in cui hanno gestito il fenomeno. Per questo la Cdu propone un nuovo approccio, che combina umanità e ordine. L’obiettivo è mantenere l’impegno verso chi fugge da guerra, terrorismo e persecuzioni, ma al contempo limitare l’immigrazione economica non qualificata, stabilendo criteri chiari per selezionare chi può entrare nel Paese.
Una leadership forte è necessaria per affrontare queste sfide, ma negli ultimi anni la Germania ha perso il suo ruolo-guida in Europa a causa dei contrasti interni alla coalizione di governo. Spesso, il Paese si è dovuto astenere nelle votazioni europee per mancanza di una posizione unitaria. In futuro sarà fondamentale rafforzare la collaborazione con Paesi-chiave come Francia, Polonia e Italia, per rilanciare la leadership tedesca a livello europeo. Un aspetto particolarmente importante alla luce delle sfide globali attuali, tra cui il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
La sua politica “America first” rappresenterà una sfida non solo per la Germania ma per tutta l’Europa, con possibili aumenti dei dazi e maggiori pressioni per accrescere le spese per la Difesa. La Germania dovrà lavorare per costruire una linea europea unitaria, capace di difendere gli interessi comuni nei confronti non solo degli Stati Uniti, ma anche di Cina e Russia. Solo attraverso una politica estera coesa e una visione strategica chiara sarà possibile affrontare le sfide del futuro, preservando la stabilità economica e politica del continente.
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