Più che sulla disputa sui federatori – che crescono come funghi nella coalizione di sinistra e progressista – la riflessione va concentrata sul profilo culturale e sulla progettualità politica che il centro riesce a dispregiare nelle due coalizioni. L’intervento di Giorgio Merlo
Abbiamo francamente perso il conto dei federatori nell’area di centro della coalizione di sinistra. Di norma, ne spunta uno ogni mese per poi tramontare altrettanto frettolosamente causa indisponibilità dei federatori precedenti di farsi federare dagli ultimi arrivati. Può sembrare un gioco di parole ma lo spettacolo fornito è proprio questo. È appena sufficiente fare due soli esempi per confermare platealmente questo assunto.
Il primo è quello dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. Dal nulla si è candidato a federatore di una potenziale area di centro, poi a federatore addirittura del campo largo per poi ridiventare, nell’arco di pochi giorni, nuovo federatore dell’area centrista nel campo largo. Un saliscendi continuo di incarichi dove non si sa bene quali siano i criteri di fondo di questa autoinvestitura se non quella pianificata a tavolino in qualche circolo aristocratico, elitario ed autoreferenziale. Il secondo caso, ancora più plateale, è quello del sempre verde sindaco di Milano Beppe Sala. Qui ci troviamo di fronte all’ennesimo atto di generosità a federare i precedenti federatori e tutti i partiti, gruppi, movimenti e sigle centriste che non riescono a trovare un punto di sintesi perché tutti si ritengono, e forse a ragione, depositari esclusivi della rappresentanza centrista all’interno della coalizione di sinistra a guida Schlein, Conte e del trio Fratoianni/Bonelli /Salis.
Ora se la situazione del centro nella coalizione di sinistra e progressista è quella che periodicamente viene fornita dagli organi di informazione – anche dalla stampa e dai talk televisivi funzionali al campo largo -, nell’alleanza di governo sotto questo versante le cose sono molto più semplici. Per la semplice ragione che esiste un solo partito dichiaratamente centrista, moderato, riformista ed europeista che si chiama Forza Italia. E quindi il quadro è molto più chiaro e semplificato perchè non è ingarbugliato e confuso come quello che campeggia a sinistra. Se questo è il concreto scenario che si prospetta attualmente, e da ormai molto tempo, credo che l’unica riflessione che si può fare oggi è abbastanza semplice anche se difficile da tradurre in un comportamento altrettanto trasparente e chiaro.
E cioè, più che sulla disputa sui federatori – che crescono come funghi nella coalizione di sinistra e progressista – la riflessione va concentrata sul profilo culturale e sulla progettualità politica che il centro riesce a dispregiare nelle due coalizioni. Detto con parole ancora più semplici e comprensibili, si tratta di capire come la cultura e la politica di centro riescono a trovare cittadinanza e, soprattutto, a condizionare il progetto complessivo della coalizione di cui fanno parte. Tutto il resto è drasticamente secondario e politicamente irrilevante. Certo, la molteplicità dei federatori e delle sigle non aiuta granchè questa azione politica e anche culturale. E questo è il motivo principale per cui la politica di centro e un progetto centrista non sono legati alle virtù salvifiche e miracolistiche dei singoli capi o federatori ma solo e soltanto all’iniziativa che concretamente si riesce a mettere in campo. Tutto il resto è solo folklore e ricerca del potere personale e per i “propri cari”, per dirla con una felice e sempre efficace espressione andreottiana.