Nel febbraio 2007, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il leader russo pronunciò un discorso che avrebbe delineato la futura strategia geopolitica di Mosca. A distanza di quasi due decenni, quelle parole si sono tradotte in azioni concrete che hanno ridisegnato gli equilibri internazionali. Quella visione si sta materializzando nel tempo, dalle guerre in Georgia e Ucraina fino alle recenti operazioni di destabilizzazione in Romania. Precedenti sufficienti per tracciare le possibili future mosse del Cremlino in un mondo sempre più multipolare. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi
Nel 2007, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il presidente russo Vladimir Putin delineò quella che sarebbe diventata la sua dottrina geopolitica per i successivi decenni. Quel discorso, considerato oggi una pietra miliare della strategia russa, conteneva già tutti gli elementi che avrebbero guidato le mosse del Cremlino: il rifiuto dell’unipolarismo americano, la critica all’espansione della Nato verso Est e l’aspirazione a un sistema multipolare in cui la Russia potesse riaffermarsi come grande potenza.
La strategia in azione: 2008-2022
La visione di Monaco non rimase sulla carta. Nel 2008, appena un anno dopo, la Russia intervenne militarmente in Georgia, creando le prime “zone cuscinetto” sotto influenza russa in Ossezia del Sud e Abkhazia. Questo conflitto rappresentò un primo test pratico della dottrina Putin: dimostrare che Mosca era pronta a usare la forza per difendere quello che considera il suo “estero vicino” dall’influenza occidentale.
L’escalation proseguì nel 2014 con l’annessione della Crimea e il supporto ai separatisti nel Donbass, in reazione alla “rivoluzione di Maidan” che minacciava di avvicinare l’Ucraina all’orbita occidentale. La risposta russa combinò elementi militari tradizionali con le nuove tecniche della guerra ibrida: operazioni militari mascherate, campagne di disinformazione e pressioni economiche.
Nello stesso anno, l’intervento in Siria segnò un’espansione oltre lo spazio post-sovietico. Sostenendo Bashar Al Assad, Putin non solo assicurava alla Russia una presenza strategica nel Mediterraneo, ma si presentava come attore globale indispensabile, capace di sfidare l’egemonia americana in Medio Oriente. Questa proiezione di potere si è poi estesa all’Africa, in particolare in Libia e nel Sahel, tramite il gruppo Wagner e altre forme di presenza.
L’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022 rappresenta l’applicazione più radicale della visione espressa a Monaco. Non si tratta semplicemente di un conflitto territoriale, ma di un tentativo di ridisegnare l’architettura di sicurezza europea che Putin aveva criticato quindici anni prima.
Le tattiche attuali: destabilizzare dall’interno
Oggi, la strategia russa si è evoluta adattandosi alle resistenze incontrate. In Romania, come emerso di recente, Mosca ha orchestrato una sofisticata operazione di interferenza elettorale per favorire Călin Georgescu, candidato presidenziale filorusso e antioccidentale. Nonostante i sondaggi lo dessero sotto il 6%, Georgescu ha ottenuto sorprendentemente il 22,3% dei voti nelle elezioni di novembre 2024, poi annullate dalla Corte costituzionale che ha citato esplicitamente “un’azione ibrida aggressiva da parte della Russia”.
Questa operazione ha seguito uno schema già applicato in Moldova e Georgia: campagne di disinformazione sui social media (specialmente TikTok), finanziamenti irregolari, e supporto a forze politiche anti Nato e anti Unione europea. Quando le elezioni sono state invalidate, la Russia ha sfruttato la situazione per alimentare proteste e caos politico, portando persino all’arresto di individui accusati di pianificare un colpo di stato con complicità russe.
La strategia per la Romania è particolarmente significativa perché dimostra come Putin sia disposto a sfidare indirettamente anche paesi membri della Nato, purché lo faccia attraverso metodi ibridi che mantengono una “plausibile negabilità”.
Il prossimo capitolo: predizioni sulla strategia futura
Guardando al futuro, la Russia probabilmente continuerà a implementare la visione delineata a Monaco attraverso diverse strategie complementari. Mosca cercherà di sfruttare qualsiasi discontinuità nella politica occidentale per legittimare e consolidare le conquiste territoriali in Ucraina, particolarmente in vista di possibili negoziati con l’amministrazione Trump. Parallelamente, intensificherà gli sforzi per indebolire la coesione transatlantica, facendo leva sulle tensioni tra Europa e Stati Uniti e sulle divisioni interne all’Unione europea, con i Paesi dell’Europa orientale come la Romania che diventeranno obiettivi privilegiati di queste operazioni di destabilizzazione.
Il Cremlino continuerà a rafforzare le alleanze con Cina, Iran e altre potenze non allineate con l’Occidente, nell’intento di costruire un blocco multipolare capace di controbilanciare l’influenza occidentale. Allo stesso tempo, Putin estenderà la presenza russa in Medio Oriente e Africa, non limitandosi a interventi militari diretti come in Siria, ma adottando forme più flessibili e meno visibili di influenza attraverso mercenari, consulenti militari e sofisticate campagne di disinformazione.
Il caso della Romania dimostra che anche i Paesi Nato non sono immuni a questi tentativi di destabilizzazione interna. La Moldova, non protetta dall’ombrello atlantico e con la regione separatista della Transnistria già sotto influenza russa, rimane particolarmente vulnerabile a pressioni dirette.
La strategia di Putin non è cambiata nei suoi obiettivi fondamentali dal discorso di Monaco: ciò che è mutato sono le tattiche, sempre più sofisticate e adattive. Il prossimo capitolo di questa strategia sarà probabilmente caratterizzato da un maggiore ricorso alla guerra ibrida, mirando a erodere dall’interno le istituzioni democratiche occidentali piuttosto che sfidarle apertamente sul piano militare convenzionale.