L’esito delle elezioni in Groenlandia apre la partita geopolitica per il destino dell’isola e delle future rotte artiche. Mentre le urne incoronano le forze di centrodestra, pro-secessioniste, ci si interroga sul futuro dei preziosi giacimenti di terre rare della Groenlandia. Su questi temi, e sulla loro importanza per gli interessi nazionali italiani, si discuterà domani in occasione dell’Arctic Forum – Dolomites 2025. Il punto del sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti
Le elezioni legislative dell’11 marzo per il rinnovo del Parlamento monocamerale della Groenlandia hanno posto l’isola più grande del mondo — oltre due milioni di chilometri quadrati per 56 mila abitanti — e il suo futuro politico al centro dell’attenzione geopolitica globale.
La Groenlandia, infatti, è un tassello cruciale nello scacchiere geopolitico dell’Artico, che vede la polarizzazione degli interessi dei maggiori attori internazionali: Stati Uniti, Russia, Cina ed Europa. Interessi esplicitati dalla nuova amministrazione statunitense sin dall’insediamento e giustificati per motivi di sicurezza nazionale.
I cambiamenti climatici e lo scioglimento dei ghiacci hanno prodotto l’apertura di nuove rotte artiche marittime e commerciali, ambite sia dalla Cina sia dalla Russia — la cui dottrina marittima, nata nel 2022, mira allo sviluppo di una rotta nordica sicura e navigabile tutto l’anno e quindi alternativa e competitiva rispetto a quelle tradizionali.
Gli interessi economici sulla regione artica sono legati all’enorme disponibilità di materie prime strategiche e terre rare, risorse fondamentali nell’industria hi-tech. È la presenza di tali giacimenti a rendere la regione artica una nuova frontiera politica ed economica.
Tutte sfide ed argomenti che saranno al centro dell’Arctic Forum – Dolomites 2025, evento internazionale che si terrà il 13 marzo a Dobbiaco, nell’ambito dell’esercitazione Volpe Bianca dell’Esercito, al quale parteciperò nell’ambito della delega ricevuta dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, su “Artico, Subartico e Antartide”. L’esito del voto groenlandese esprime una volontà di cambiamento nella direzione dell’indipendenza dalla Danimarca e pone interrogativi sul futuro. I groenlandesi potranno indire infatti un referendum per l’indipendenza grazie a un accordo del 2009 con la Danimarca. Nelle prossime settimane potremo valutare le decisioni prese dalla nuova Coalizione di Governo sullo svolgimento del referendum e sulle sue tempistiche, graduali o veloci. Il partito liberale di centrodestra Demokraatit, che sostiene un approccio graduale verso l’indipendenza, ha ottenuto una netta vittoria con circa il 30% dei voti, conquistando 10 seggi su 31 nel parlamento insulare.
Il partito nazionalista Naleraq, che promuove una secessione più rapida dalla Danimarca, si è posizionato invece al secondo posto, con un rilevante 24,5% dei voti, pari ad 8 seggi. I partiti tradizionali di governo, Inuit Ataqatigiit (IA) e Siumut, hanno subito un calo significativo, ottenendo rispettivamente il 21,4% (7 seggi) e il 14,7% (4 seggi).
L’indipendenza dalla Danimarca avrebbe importanti ricadute economiche sull’isola, che necessita di aiuti finanziari e sostegni politici. Sullo sfondo, le dichiarate intenzioni della presidenza Trump di acquistare l’isola e annetterla agli Usa. Il cammino per l’indipendenza della Groenlandia dalla Danimarca ora è una partita davvero aperta.