“Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia” (Luiss University Press) è l’ultimo libro di Mario Caligiuri, professore ordinario dell’Università della Calabria e presidente della Società Italiana di Intelligence. Viene presentato oggi a Roma, presso l’Aula Toti del Campus Luiss, da Paolo Boccardelli (rettore dell’Università Luiss Guido Carli), Antonio Felice Uricchio (presidente Anvur), Roberto Ricci (presidente Invalsi) e Livia De Giovanni (prorettore per la didattica e la qualità dell’Università Luiss Guido Carli) con il coordinamento di Flavia Giacobbe (direttore della rivista Formiche). Ne pubblichiamo alcuni stralci
La situazione educativa che ci vede negli ultimi posti delle classifiche dei Paesi avanzati e la struttura del sistema mediatico, composto da giornali, televisioni e Rete, non devono fare sorprendere che il Paese dove maggiore è lo scarto tra realtà e percezione della realtà sia l’Italia.
In tale stato delle cose concorrono in modo determinante il sistema dell’istruzione e il sistema mediatico: il primo per l’incapacità di creare capacità alfabetiche e razionali che sostengano il senso critico, il secondo per la sistematica azione manipolatoria che accentua lo scarto tra realtà e percezione della realtà.
In conclusione, si potrebbe ipotizzare che la disinformazione stia progressivamente condizionando tutto il dibattito pubblico.
Pertanto, alle misure attive della propaganda, e quindi della disinformazione, occorrerebbe rispondere con uguali “misure attive di politiche educative”, che potremmo definire “contromisure educative” o “misure di controeducazione”.
Invece scuola e università si stanno configurando sempre di più come elementi di conformismo. Secondo Noam Chomsky, chi gestisce il potere non ha alcuna intenzione di far comprendere realmente ai cittadini quello che avviene ed è del parere “che non si arriva a certi ruoli istituzionali, se non si ha perfettamente interiorizzato questo punto di vista [in quanto] a meno che non abbiate superato un adeguato iter di socializzazione e siate addestrati in modo tale da rimuovere certi pensieri, è improbabile che arriviate fin lì”.
In tale quadro, il sistema educativo svolge una funzione di socializzazione e di omologazione, premiando chi apprende la ripetizione di argomenti standardizzati piuttosto che indurre a metterli in discussione.
Sembra quasi che il sistema educativo sia impostato per riflettere su argomenti che allontanano dalla comprensione di quanto effettivamente ci circonda, assecondando le dinamiche che sono alla base della società della disinformazione, il cui elemento più grave, e non attenzionato, è rappresentato dalla comunicazione istituzionale e politica, che invece viene resa credibile dalla rappresentazione mediatica.
Infatti, la realtà sembra essere davanti agli occhi di tutti ma si registra l’effetto scotoma, cioè le persone sono indotte a scegliere quello che vogliono vedere (o ascoltare o leggere) condizionate dalla narrazione della realtà in cui prendono forma.
In linea con quanto sta accadendo nelle democrazie occidentali, probabilmente siamo coinvolti in una guerra cognitiva che produce una opinione pubblica e un sistema politico sempre più funzionali agli interessi economici delle multinazionali che contribuiscono a orientare il dibattito pubblico.
Questa tendenza in Italia risulta accelerata dalla seconda Repubblica in poi, in coincidenza con l’ulteriore difficoltà del sistema dell’istruzione, che ha accentuato ulteriormente le differenze non solo tra l’Italia e il resto d’Europa ma anche all’interno del nostro stesso Paese tra aree territoriali e classi sociali.