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Europa, un progetto politico alternativo rispetto a Piazza del Popolo?

Lo spazio più congeniale, e più coerente, che si può delineare d’ora in poi è quello della convergenza delle forze centriste, riformiste e seriamente europeiste. Al di là dei populismi, dei massimalismi e degli estremismi che proprio nella Piazza del Popolo abbondavano

Forse ha ragione Carlo Calenda quando sostiene che proprio la piazza per l’Europa organizzata da Repubblica e dove sono confluite quasi tutte le sinistre italiane può contribuire a ridisegnare nuovi equilibri politici. Perché, pur senza soffermarsi oltremodo sulla manifestazione romana che ha registrato posizioni politico e culturali del tutto alternative tra di loro e prive di qualsiasi collante se non un vago e generico richiamo all’Europa e gli attacchi personali a Giorgia Meloni, è pur vero che proprio la politica estera sarà sempre di più lo spartiacque decisivo per la costruzione delle future alleanze e coalizioni anche nel nostro Paese.

E, sempre per dirla con Calenda, lo spazio più congeniale, e più coerente, che si può delineare d’ora in poi è quello della convergenza delle forze centriste, riformiste e seriamente europeiste. Al di là dei populismi, dei massimalismi e degli estremismi che proprio nella Piazza del Popolo abbondavano. Insomma, e per dirla in breve, forse è arrivato il momento che anche in un sistema non ancora proporzionale si intravede la possibilità, all’orizzonte, di costruire coalizioni nazionali che hanno una comune visione europea ed internazionale. Cioè, la politica estera che ritorna ad essere centrale e decisiva per dare una valenza progettuale e coerente alla stessa cultura di governo. Del resto, per molti decenni – ovvero l’intera prima repubblica – le coalizioni sono state il frutto e la conseguenza di una comune visione europea e internazionale dei rispettivi partiti. A cominciare dal ruolo dell’Europa e del rapporto con le altre potenze internazionali. E gli orizzonti che si sono dischiusi dopo la guerra in Ucraina da un lato e, soprattutto, dopo le scelte concrete della nuova amministrazione americana dall’altra, confermano questo assunto.

Ma come è possibile, per fare un solo esempio, pensare di costruire coalizioni stabili con partiti populisti come i 5 Stelle e la Lega di Salvini o con partiti estremisti e massimalisti come le formazioni di Fratoianni e Bonelli? Su questo versante il salto di qualità non potrà che essere molto significativo perché non saranno più le pregiudiziali ideologiche i pregiudizi politici e culturali le ragioni fondanti le nuove alleanze. Ma, al contrario, i contenuti politici e le stesse priorità programmatiche. Solo così sarà possibile dispiegare una vera e credibile cultura di governo.

Insomma, l’esatto contrario di quello che avviene concretamente oggi dove, come tutti sanno, sono categorie che appartengono all’esperienza dello scorso millennio a cementare coalizioni e alleanze radicalmente disomogenee al loro interno. E, all’interno di questo contesto, è abbastanza evidente che le forze politiche centriste e riformiste avranno un forte interesse a convergere in una alleanza politica in grado di dar vita ad una vera cultura di governo. Dove non ci sia il terrore che ogni volta si deve affrontare una scelta di politica estera si corre il rischio di una crisi di governo. Anche perché senza un comune orizzonte e una sostanziale convergenza sulle scelte di politica estera è l’intero Paese ad essere perennemente in crisi e, soprattutto, a non potere incidere nel consesso europeo e men che meno nello scacchiere internazionale. Per queste ragioni, la manifestazione di quasi tutte le sinistre di Piazza del Popolo potrebbe innescare, in una sorta di eterogenesi dei fini, una soluzione non pensata dagli stessi organizzatori. E cioè, non più una coalizione basata sull’odio nei confronti del nemico politico giurato, ma, al contrario, un’alleanza che parte dai contenuti e che esclude, di conseguenza, tutti i radicalismi e i populismi privi di qualsiasi cultura di governo se non la tendenza di radicalizzare i conflitti politici. A volte, anche le manifestazioni nate con un preciso scopo politico, possono innescare meccanismi opposti se non addirittura alternativi rispetto alle finalità pensate dai promotori.


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